Il prossimo 7 giugno 2022 inizieranno gli eventi per ricordare i 600 anni dalla nascita di un uomo importante, di cultura, ma anche un grande politico, mecenate e condottiero: Federico da Montefeltro, nato a Gubbio nel 1422 e morto a Ferrara nel 1482. Le iniziative si concluderanno dopo un anno, nel 2023.
Federico fu Duca d’Urbino e conte di Montefeltro e di Castel Durante; ebbe altre ed importanti signorie. Nel 1437 sposò Gentile Brancaleoni (1416-1457), figlia del signore di Mercatello e Sant’Angelo in Vado Bartolomeo Brancaleoni; in seconde nozze, nel 1460, Battista Sforza (1446-1472), figlia di Alessandro Sforza, signore di Pesaro.
La vita degli uomini è spesso legata ad eventi drammatici, non sempre lontani dalla volontà di chi esercita il potere, ed anche lo stesso corso della storia è costellato di eventi che si dimostrano favorevoli specie se frutto di gravi situazioni luttuose.
Federico da Montefeltro era figlio illegittimo, poi legittimato con una bolla papale emessa dal papa Martino V, di Guidantonio, conte di Montefeltro e di Urbino. Secondo alcuni storici sarebbe stato in realtà figlio di Elisabetta degli Accomanducci di Monte Falcone dei conti del castello di Petroia. Ad ogni modo, si considerò sempre figlio di Guidantonio.
Tra il 22 e il 23 luglio 1444 a Urbino viene barbaramente assassinato il fratellastro di Federico, Oddantonio, che alla morte del padre Guidantonio aveva ereditato uno Stato fiorente ed importante. Oddantonio aveva un talento negli studi, ma era poco avvezzo alle cose della politica: era divenuto troppo presto signore e non riusciva certo a gestire il potere, compiendo azioni poco apprezzate, come l’aumento delle tasse, l’avallo di crimini e dissolutezze, praticando orge, dedicandosi con violenza ai piaceri della carne.
Il suo errore più clamoroso è di essersi fidato del Signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo Malatesta, nemico giurato dei Montefeltro, che congiurava per indebolirne il potere. La versione ufficiale della sua morte è che il suo più fidato ministro e consigliere, Manfredi Pio da Carpi, avrebbe perpetrato uno stupro nei confronti della moglie di Serafino de’ Serafini, medico importante in città. Ed allora, nella notte tra il 22 e il 23 luglio 1444, un manipolo di congiurati irrompono nella residenza ducale e uccidono tutti coloro che incontrano. Oddantonio muore con due pugnalate e un colpo d’ascia che gli apre il cranio. Il Malatesta spera nella sollevazione del popolo per impossessarsi del potere, ma l’odio della gente è circoscritto alla sola figura del duca Oddantonio, mentre il legame del popolo con la casata è saldissimo. E così, è fatto chiamare l’unico Montefeltro con le carte in regola per poter governare: Federico, che proveniente da Pesaro si fa trovare sotto le mura della città.
Non sono pochi gli studiosi che dubitano di questi fatti. All’epoca era pressoché impossibile percorrere il tratto di strada che collegava le due città in così poco tempo. E poi, è innegabile che proprio Federico avrebbe guadagnato tutto in seguito alla scomparsa del predecessore. Infine, ben difficilmente i congiurati avrebbero osato agire senza il benestare di colui che aveva un esercito formidabile.
Lo stesso giorno, il 23 luglio, il ventiduenne figlio illegittimo del Conte Guidantonio ha in mano un documento che lo dichiara nuovo Signore d’Urbino. Il patto, però, è che rinunci a ogni tipo di vendetta e si faccia garante delle libertà comunali, rendendo nulli i provvedimenti presi dal fratellastro. Qui inizia la fortuna di Federico da Montefeltro. Con analoghe forme politico-diplomatiche e minacce militari, riuscirà in seguito a prendere possesso di tutti gli altri domini.
Brevemente i fatti. Nel 1444 diventò Signore di Urbino; alleato di Francesco Sforza, nel 1445 acquistò la signoria di Fossombrone da Galeazzo Malatesta senza autorizzazione papale. Seguirono anni di grandi turbolenze. Entrarono in gioco: Napoli, perché il re Alfonso V d’Aragona non era particolarmente lieto di vedere il potente Sforza sempre più vicino ai suoi domini; il papato, che aveva assistito al passaggio di mano di Pesaro e Fossombrone (città dipendenti dalla Santa Sede) senza il suo consenso. Federico venne scomunicato per la sua condotta, tolta solo due anni dopo dal papa Niccolò V. Nel 1446 sventò la cosiddetta congiura di carnevale, nella quale risultarono coinvolti importanti esponenti della famiglia comitale e della corte di Oddantonio: furono tutti decapitati. Nel 1447 soppresse nel sangue la rivolta di Fossombrone, sobillata dal signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo Malatesta. Nello stesso anno ottenne per la prima volta la piena legittimazione del potere con la concessione del vicariato apostolico in temporalibus. In seguito il Signore di Urbino finì invischiato a fianco degli Sforza in una guerra contro mezza Italia, con l’appoggio delle sole Firenze e Venezia. Chiaramente Sigismondo appoggiò l’esercito pontificio. Il periodo fu di grande instabilità: cambiarono i papi; saltarono vecchie alleanze e se ne siglarono di nuove; Sforza si insediò a Milano (1450); Napoli ora si affidava a Federico, ora a Sigismondo. Quest’ultimo sfidò Federico per accaparrarsi Pesaro. Con gli eserciti uno in fronte all’altro, toccò ai veneziani intervenire per scongiurare il sorgere di un nuovo conflitto tra i due celebri uomini d’arme. Le scaramucce tra i due durarono a lungo, e sempre per acquisire questo o quel territorio, accettando le continue mediazioni di questo o quel sovrano o signore. L’epilogo avvenne nel 1462 con la battaglia del Cesano: Sigismondo fu costretto a ripiegare e da allora, nel giro di pochi mesi, perse tutti i domini ad esclusione di Rimini. Federico, che agiva come capitano del papa, si avvantaggiò ottenendo ampi possedimenti nel Montefeltro (1463). Nel 1472 fu incaricato di prendere possesso, alla testa di seimila armati, di Volterra per conto di Firenze. Di fronte ad un popolo di contadini, i mercenari di Federico da Montefeltro si abbandonarono a terribili saccheggi e vaste distruzioni.
In quegli anni Federico si sbarazzò delle ultime opposizioni interne. L’azione politica e militare del conte di Urbino fu per lo più indirizzata a contrastare quella dei Malatesta: le due casate dalla metà del duecento erano rivali e le tensioni si acuivano e si smorzavano a fasi alterne. Tra Federico e Sigismondo alle ragioni politiche (territoriali ed economiche) si aggiunse una profonda antipatia personale. Federico temeva gli amici del fratellastro, che certamente trovavano in Sismondo un appoggio. Il Malatesta poi era un uomo terribile: era stratega in battaglia e brillante architetto di sotterfugi, una sorta di cavaliere dall’anima nera, la cui fama era quella di seminare terrore. Galeazzo, signore di Pesaro, era intimorito da Sismondo ed allora pensò di vendere le sue terre proprio a Federico, che avrebbe con quelle di Pesaro acquisito un approdo verso il mare. Per fare ciò acquistò Fossombrone e, per mezzo di intermediazione, mise la città adriatica nelle mani di Alessandro Sforza, fratello del più celebre Francesco, rinsaldando così i legami con i potenti signori di Milano. Il sogno di Sigismondo Pandolfo Malatesta di vedere collegati i possedimenti romagnoli a quelli marchigiani fu così infranto.
Nel 1474 Federico raggiunse l’apice del prestigio ottenendo il titolo ducale di Urbino dal papa Sisto IV, che gli concesse anche l’Ordine equestre di San Pietro. In quell’anno fu anche aggregato all’Ordine dell’Ermellino dal re Ferdinando I di Napoli e all’Ordine della Giarrettiera dal re Edoardo IV d’Inghilterra. Pare che insieme al papa Sisto IV, fosse uno degli artefici della memorabile congiura dei Pazzi avvenuta nel 1478 nel Duomo di Firenze con lo scopo di eliminare Lorenzo de’ Medici e il fratello Giuliano.
Morì, colpito da una malattia infettiva, probabilmente malaria, durante la guerra di Ferrara il 10 settembre 1482, mentre comandava l’esercito del duca estense, opposto a quello papale e veneziano, e fu sepolto nella chiesa di San Bernardino a Urbino.
Fu una delle più celebri figure del Rinascimento: con gli enormi guadagni derivati dalle sue condotte militari, rafforzò le difese dello stato con la costruzione e la ristrutturazione di rocche e castelli, ma soprattutto edificò il Palazzo Ducale d’Urbino e quello di Gubbio: Urbino divenne un importantissimo centro artistico e culturale, con una delle più celebri biblioteche dell’epoca. Mantenne una splendida corte, paragonabile a quella di Lorenzo il Magnifico a Firenze. Federico fu definito: “la luce dell’Italia”.
Si faceva raffigurare sempre dal suo lato sinistro della faccia a causa della perdita dell’occhio destro. La storia narra che con l’ascesa a duca di Francesco Sforza, Federico per festeggiare, diede ordine di organizzare a Urbino un gran torneo, nel quale volle cimentarsi in prima persona sfidando Guidagnolo de’ Ranieri, recente vincitore d’una giostra fiorentina, che non intendeva combattere. Dovette cedere sotto l’insistenza del suo signore, ma la sua lancia si spezzò sulla visiera del conte e una grossa scheggia staccò la base del naso e colpì l’occhio destro.
Egli fu, in vita, continuo coltivatore dell’erudizione personale, grazie probabilmente alla sua permanenza e formazione nei monasteri benedettini durante gli anni della fanciullezza; per questo favorì e sostenne le arti e la cultura in generale. La sua famosa biblioteca, unica in quell’epoca per vastità e pregio, con manoscritti per la maggior parte miniati e vergati da esperti calligrafi, raggiunse con i suoi successori oltre 1760 codici. Per 10.000 scudi fu acquistata dal papa Alessandro VII Chigi nel 1657 e da allora è il nucleo più importante della Biblioteca apostolica vaticana.
Federico è riconoscibile in tutto il mondo per il famoso dipinto del suo amico Piero della Francesca, fra i più celebri del Rinascimento italiano: il dittico che raffigura i signori di Urbino, Federico da Montefeltro e sua moglie Battista Sforza. Recenti studi hanno dimostrato che l’opera, oggi a Firenze, Galleria degli Uffizi, fu realizzata intorno al 1474.
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