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Alla ricerca di nuove prospettive, nel romanzo di Pasquale Carelli:

Le creature del cielo negato” (Argo Libri, 2023)


 

“… e tu i cari parenti e l’ idïoma

désti a quel dolce di Calliope labbro

che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma

d’un velo candidissimo adornando,

rendea nel grembo a Venere Celeste”.

(Ugo Foscolo, I Sepolcri, versi 175-179)

 


 

Calliope, la musa della poesia epica dalla bella voce, e Euterpe, colei che rallegra con la musica, spingono alla “musica novella”, ovvero all’abbandono di essere quel che si è per un nuovo incompiuto, che non si sa dove porterà ma certamente segnerà il futuro.

Pasquale Carelli, spingendosi nel mito, tra bene e male, forze vitali e conservazione, in un romanzo che desta curiosità per la ricchezza di temi e spunti di riflessione, parte da uno scrittore, Paride Gallina, che decide di separarsi dalla sua opera ed abbandonarla ad impensate e sconosciute dinamiche.

È un romanzo senza confini e con personaggi che lasciati a loro stessi decidono di raccontare un’altra storia, aggirandosi tra le pagine di una trama che sembra conclusa ma che dimostra modalità sempre differenti di permettere di uscire dalla palude.

Per rendere più esplicito, il Gallina realizza il romanzo (“La palude”) e poi lo abbandona per alcune vicissitudini personali. Intervengono due muse (Calliope e Euterpe) che lo rivitalizzano e gli danno una nuova forma; fanno costruire agli stessi personaggi nuove prospettive narrative che si confrontano con l’ignoto, con tutto ciò che non potevano conoscere perché confinati in qualche pagina o addirittura in qualche riga del romanzo. Essi non si erano mai incontrati tra di loro, non sapevano neppure il rapporto con il loro passato; eppure devono diventare personaggi reali, partendo dalla fantasia della penna del loro autore.

Detta così non si riesce a percepire la trama e la bellezza di un racconto nel racconto, che si compone e scompone, crea nuove situazioni e permette ai personaggi di pensare e dedurre, per scoprire nuovi mondi. Ma è meglio non proseguire oltre, lasciando il lettore libero di scoprire le avvincenti pagine dell’opera.

Si può però dire che tutto cambia nel romanzo, a partire dal cielo. I personaggi si ribellano, vorrebbero essere altri dalle intenzioni dell’autore, ma si accorgono dei rischi che possono correre: è meglio la stasi prevista dall’autore?; da soli riusciranno ad orientarsi e ad interagire senza una guida?; essi devono farsi aiutare da qualcuno, da un maestro?

Per parlare di questo romanzo rilevo alcune tematiche e contenuti, prospettive e speranze, che sembrano essere proiettate da Carelli nella società attuale. I personaggi della sua storia attraversano una stasi, ciò che sembra portare a niente di rilevante, e si organizzano con la musica e la poesia dandosi una nuova armonia d’insieme.

È un romanzo che gravita in un “non luogo”, e si arricchisce di nuovi contorni attraverso le relazioni dei personaggi che vogliono conoscere e scoprire quel cielo negato vagando tra le pagine alla ricerca di un nuovo senso. È l’assenza di contesto, l’idea dell’imperfezione, che li conduce a trovare l’altro da sé. Gli esseri umani vivono infelicità e affanni, e solo l’apparire del cielo potrà produrre le emozioni e infine vivere le pene d’amore.

Quando l’autore si distacca fisicamente e mentalmente, ecco che la trama e le situazioni mutano acquisendo per i lettori altri significati. È la musica novella che produce un’energia trasformatrice, anche se non c’è una trama da seguire e “sarà difficile predisporsi mentalmente a questa nuova condizione esistenziale”. Qui emergono spazi di autonomia, libertà, l’acquisizione di una nuova coscienza, la strada da seguire, anche con l’aiuto dell’intellettuale Gismondo Gargassola che deduce partendo da conoscenze che possano sostenere il suo camino: i libri servono a trasmettere ciò che è stato, unica strada per svolgere l’azione che fa muovere le cose e dar loro senso.

I temi rilevati da Carelli sono racchiusi in una modalità di narrazione che varia nelle forme e nelle differenze attraverso una fluidità e una melodia che fa pensare a come tutto può essere risolto sempre solo parzialmente nella creazione dell’autore. In effetti, tanti possibili risvolti sono concepibili in una dinamica da individuarsi nel rapporto tra scrittore/personaggi/lettori, dove ognuno percorre una propria strada evolutiva a seconda delle proprie attitudini e predisposizioni.

Un altro aspetto è legato all’intreccio del racconto, che sembra mai del tutto definito e permette di trovare sempre nuove curiosità, pagina dopo pagina. Qui il lettore è avvinto e cerca di percorrere velocemente le pagine alla ricerca di qualcosa che crede di aver individuato; resta sempre spiazzato man mano che le righe scorrono. La metafora della storia parla proprio di righe che scompaiono con un tratto d’inchiostro, e lo fanno in maniera naturale sotto gli occhi di chi legge che trova sempre nuovi confini per poter spaziare con la fantasia in contenuti imprevedibili.

C’è poi l’autore e l’opera e la relazione che si instaura tra loro e che sembra in qualche modo sfuggire quando si scrive, travalicando le intenzioni ed inducendo nuovi stati d’animo ed informazioni che magari giungono dall’esterno e proiettano in una dimensione altra. Probabilmente, ciò che si realizza infine è meglio anche di tutto ciò che era stato pensato in fase di costruzione.

Ecco, queste sono solo alcune delle curiosità che provo leggendo un romanzo che travalica lo spazio/tempo, affronta il concetto del “nulla letterario”, uno spazio sconfinato che fa parte della mente e che non permette una univoca definizione e forse neppure l’immaginazione, anche la più fervida. È una sorta di miraggio, un posto magari inventato, che non è per nulla scontato. In questa dimensione si coniugano racconti che si legano e si integrano attraverso un “ponte”, che unisce e determina confronti e possibilità di attingere per poter proseguire. L’idea di attenuazione delle distanze serve infatti a collegare mondi diversi e relazioni tra personaggi, che solo uniti possono dar vita al nuovo. Ma il ponte è anche il rapporto tra realtà e fantasia: “Non è la realtà che ispira la scrittura, bensì quest’ultima che si tramuta in vero”, sostiene Calliope nel romanzo.

Il libro passa attraverso il mito e la religione, utilizzando la preghiera, ovvero il rivolgersi a qualcosa di non umano e di non posseduto dalle uniche regole razionali per avere altre possibili risposte e scoprire il fascino del non conosciuto. Tra mitologia come ritorno alle origini, esaltazione della memoria storica, toccando orizzonti sconosciuti attraverso storie inventate che colmano i vuoti esistenziali, si sviluppa una vicenda sempre imprevedibile che proietta nella fantasia considerando che la vita reale è anche finzione e fantasia.

Quando i personaggi sono costruiti nel modo di intendere dello scrittore Gallina, non hanno passato e non possono conoscere com’erano: vivono il presente e vedono il cambiamento, il futuro, ma non sanno niente della loro storia e soprattutto non sono in grado di affrontare le sorprese e i misteri.

Ecco che nella vita di ognuno, sembra ammonire Carelli, c’è bisogno di storia, di una prospettiva che dal passato possa proiettarci verso il futuro. È la stessa consapevolezza che acquisiscono i personaggi che devono adeguarsi ad una nuova situazione, superando la stasi con la curiosità dell’uomo che cerca sempre di scoprire altro: è quel personaggio intelligente, Gargassola, che si erge e indirizza tutti gli altri e non smette di essere curioso, come un novello Ulisse alla scoperta dell’ignoto. Egli attraverso l’arte deduttiva permette di spiegare nuove possibilità, anche se la dura realtà fa emergere tutti gli accidenti della vita, morte compresa.

Ora lo scrittore Gallina non riesce più ad eternare e rendere immortali i personaggi, che pur sono sottoposti ai danni provocati anche da un minimo cambiamento. Ogni uomo non potrà prevedere ciò che accadrà, potrà però cercare di scoprire il nuovo attraverso una memoria tutta da costruire, permettendo allo stesso lettore un viaggio tra bene e male, agendo in una complessità imprevedibile, un parallelismo con i tempi che corrono: Carelli, infatti, fa abbandonare immagini e fantasia per proiettare i suoi personaggi nel reale.

Da tutto ciò si esce utilizzando la conoscenza accumulata, quindi la memoria, la possibilità di poter guardare un nuovo cielo; ma anche le emozioni che sconfiggono freddezza e calcolo, lo stesso di un clone, di un artificio umano, che non può disporre di sentimenti.

I personaggi riusciranno a risorgere dalla palude in cui l’aveva relegati l’autore?

La risposta è nelle pagine del libro.

 

2 Responses to “Per uscire dalla palude”

  1. Sergio Mantile

    Complimenti vivissimi, caro Pasquale Martucci, per la tua recensione del libro di Carelli, perchè riesce ad attivare talmente la curiosità, da motivare fortemente a leggere “Le creature del cielo negato”. Ma anche perché – e personalmente soprattutto – dimostra quanto un apparato critico, pur strtttuartosi come il tuo in ambito sociologico, antropologico ed epistemologico, possa essere utilizzato in qualsiasi altro ambito. Certo, ci vuole ovviamente una particolare intelligenza interpretativa che riesca a gestire e a far fruttare tale congegno critico; ma anche una curiosità culturale onnivora, quella che un tempo animava gli intellettuali, i chierici prima del tradimento, e che perciò riuscivano a trattare con acume temi sociali e politici, oltre che strettamente artistici.

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