Ricevo e pubblico l’articolo di Nisia Orsola La Greca Romano sul rito nuziale
Da sempre le nozze rappresentano un giorno speciale per tutti. Dal punto di vista culinario il banchetto di nozze rappresenta una vera tradizione. Già nell’antica Grecia, infatti, la cermonia durava tre giorni : durante il primo si svolgeva un preciso rituale che comprendeva in primo luogo il sacrificio per le divinità protettrici delle nozze. Il momento più importante del rituale era comunque il bagno purificatore che facevano sia la sposa che lo sposo, a casa loro, con l’acqua di un fiume o di una fonte sacra . A completamento di questo articolato rituale la giovane sposa dedicava ad una divinità legata alla sfera della verginità, come Artemide o Ippolito, le sue chiome, la retina dei capelli, i giochi: i timpani, la palla, le bambole . Il secondo giorno della cerimonia, era il giorno più importante perché in esso si compiva la consegna della sposa, e aveva inizio la coabitazione. Le fasi principali erano tre: il banchetto di nozze a casa della sposa, il trasferimento della sposa a casa dello sposo e gli altri riti di accoglienza nella nuova casa. Naturalmente i preparativi nella casa della sposa fervevano fin dal primo mattino: venivano infatti appese corone di ulivo e alloro alle porte e accese fiaccole profumate di incenso. Intanto una schiera di donne, perlopiù parenti e amiche si occupava della vestizione della sposa per il banchetto nuziale. Durante il banchetto uomini e donne erano seduti di fronte su tavole o divani separati e la sposa sedeva tra le donne velata. Dalle fonti conosciamo anche il menù delle nozze che poteva comprendere pesce, vitello, maiale, porcellini, lepre, involtini, formaggio, focacce, uova, ecc.
Anche la festa dei matrimoni durante il Medioevo era ricca di canti, balli e banchetti che duravano per giorni e giorni. Le feste di matrimonio medievali prendevano tutta la giornata, non importa di che classe sociale erano gli sposi, questa regola valeva per tutti i tipi di matrimonio. Alcuni cibi medievali serviti al banchetto, comprendevano: quaglia arrosto, pernice e tortora, oca, cervo, pollo, lepre, cinghiale arrosto, pavone, cappone, anatra, tacchino, vitello, capra, montone, salmone, formaggi, zucca alla brace, noci, frutta fresca, ostriche al vapore con latte di mandorla, pane aromatizzato alla birra, stufato di cavolo, crostate e crema pasticcera e vino aromatizzato. La carne era rigorosamente servita con ricche salse accompagnate da pane di ogni tipo e aroma. I vegetali di quel periodo includevano carote, spinaci, lattuga, cipolle, asparagi, cavoli, lenticchie, fagioli, fave e funghi. Le feste erano elaborate e non era raro vedere servite più di cinque portate ai banchetti. Siccome non c’era modo di mettere da parte il cibo avanzato, in quanto non esistevano i frigoriferi, gli ospiti mangiavano per ore finché le pietanze non fossero finite.
Anche in Cilento, nei tempi più antichi , il banchetto nuziale seguiva un proprio cerimoniale. A Casaletto Spartano, ad esempio, si era soliti imbandire la tavola con affettati di maiale accompagnati da formaggio di capra e vino rosso locale. I pastori di Campora, invece, erano molto abili ad usare in vari modi la carne di capra, che per questo motivo, era l’ingrendiente principale delle portate. Venivano, poi, offerte braciole ricavate dai cosciotti delle capre e cotti nella salsa con ci si condivano i fusilli. Tra questi piatti rientra il fianchetto di capra imbottito con formaggio, uova e prezzemolo: “si riempivano i fianchetti e si mettevano a bollire; se ne ricava un brodo che veniva servito agli invitati insieme ad una porzione di carne”. Una variante dalla preparazione del fianchetto era anche quella in brodo, con un uovo, formaggio grattugiato, aromi vari, pomodori, cipolla, “si preparava il ripieno fatto di formaggio grattugiato e prezzemolo impastati con l’uovo; si riempiva il fianchetto che veniva cucito stretto; poi messo a bollire con gli aromi , pomodori e una cipolla; appena fotto, si serviva col brodo”.
Tra i dolci del banchetto nuziale cilentano ricordiamo: le “Pastelle” di Campora con 1 kg di farina, 8 uova, buccia di limone grattugiata, 1/2 bicchiere di olio, latte q.b., 250 gr zucchero, ” si fa un impasto e si prepara la sfoglia di spessore di 2 cm e si taglia a rotolini con un bicchiere; poi si mettono al forno e quando diventano dorati si tolgono dal forno e si cospargono di miele. Le pastelle rimangono fragranti per molto tempo”; i “Susamieddi” di Castinatelli con 1 kg di farina, miele, cannella,aromi vari, ” la farina si amalgama col miele; poi si aggiungono gli aromi; si lavora ben bene l’impasto e si tira la sfoglia( 1 cm di spessore). Si taglia a pezzettini di 10 cm lunghi e larghi 2 cm e si uniscono alle estremità. Si fanno cuocere al forno per un’ora”; infine le “Nginette” di Cuccaro Vetere con farina,uova e olio, ” si fa un impasto che deve risultare mollo ed appiccicaticcio, ma deve essere ben lavorato; se ne ricavano dei bastoncini lunghi 15 cm.; uno per volta si arrotolano intorno a due dita in modo da avere la forma di un fiore. Si mettono su un ruoto unto di strutto ed infornati a forno già caldo. Giunti a cottura, si immergono nel naspro (zucchero sciolto) in modo da essere ben ricoperti”. (Per tutte le ricette, aa.vv. “Feste Pagane e Feste Cristiane nella tradizone culinaria del Cilento”, Centro di cultura storica cilentana e tradizioni popolari)
Nisia Orsola La Greca Romano
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