Le torri costiere del Cilento
di Pasquale Martucci
Percorrendo la costa cilentana, si possono osservare una serie di torri di guardia, ormai quasi ruderi, che nessuno negli anni si è preso la briga di valorizzare, e che al contrario rappresentano l’enorme patrimonio storico-culturale di costruzioni edificate o ristrutturate, nella seconda metà del cinquecento, a difesa del territorio e delle popolazioni dalle incursioni di Saraceni, Arabi e Turchi. E’ soprattutto suggestivo osservare le torri dal mare, quando “appaiono simili a spettri, vedette solitarie contro gli eventi selvaggi di un doloroso passato”, dominato dagli incubi degli assalti di pirati e predoni. (1)
Angelo Guzzo circa trent’anni fa trattò queste vicende della storia del Cilento, ponendo in essere la maledizione di una terra che, oltre a carestie e pestilenze, è stata sottoposta a saccheggi, eccidi e devastazioni atroci. Per porre un argine, la risposta fu l’impegno della realizzazione sulla costa, per avvistare i pericoli e fronteggiarli, di torri, “in vista l’una dall’altra in modo da costruire una continua, ininterrotta serie di fortificazioni e che tutto il Regno doveva essere chiuso da ogni parte”. (2)
Era questo il progetto del viceré Don Pedro Alvarez de Toledo del 1566, che ordinava proprio quelle costruzioni, anche se la loro realizzazione avvenne solo con Don Pedro Alvarez de Ribera, duca d’Alcalà. Alla fine in tutto il Regno furono edificate ben 379 torri. Quelle del territorio del Principato di Citra furono ben 93.
Alcune di esse erano solo da riadattare, in quanto preesistenti. Infatti, già a partire dall’anno mille, sul territorio erano sorti castelli e torri di difesa; poi nel XV secolo, con l’introduzione della polvere da sparo e delle armi da fuoco, il castello perse la sua ragione d’essere e non costituì più una fortezza difensiva, e dai castelli si passò ai palazzi baronali. Nel XVI secolo, la minaccia proveniente dal mare portò al rafforzamento e ristrutturazione delle strutture già esistenti e alla realizzazione di nuove ed imponenti torri di difesa. (3)
Guzzo nel suo volume rilevò, attraverso la capillare consultazione di molto materiale d’archivio, le torri costruite nel territorio cilentano. Gli edifici furono realizzati o riadattati tra il 1570 e il primo decennio del seicento lungo tutto il tratto costiero: Agropoli (San Marco, San Francesco, Trentova); Castellabate (Tresino, Pagliarulo); Punta e Montagna della Licosa; Ogliastro (Cannetiello, Montagna, Punta, Ripe Rosse); Agnone (San Nicola ed Agnone); Fiumarola di San Mauro; Collina di Cannicchio; Acciaroli (Porto e Caleo); Pioppi (Punta, Capo Grosso); Casalicchio (Dominella); Pisciotta (Acquabianca, Fiumicello, Marina); Ascea (Capo, Santa Barbara, Marina di Ascea); Caprioli; Palinuro (Spartivento, Capo Palinuro, Porto); Infreschi (Frontone, Punta); Foce del Mingardo; Camerota (Zancale, Calabianca, Fenosa, Isola, Poggio); Scario (Cala Moresca, Rocca del Morice, Spinosa, Porto dell’Oliva, Garagliano); Punta Capitello; Villammare (Petrosa); Sapri (Buondormire, Foce del torrente Rubertino, Scialandro). (4)
Altri autori hanno censito il numero delle torri realizzate sulla costa cilentana: Vassalluzzo ne ha contate 57, a distanza di due chilometri una dall’altra; Aversano, almeno 58, i 2/3 delle costruzioni realizzate in tutto il territorio salernitano. (5)
Gli edifici erano di forma quadrata, delle dimensioni di dieci metri di lunghezza e venti d’altezza, su tre piani: a piano terra c’era il magazzino e l’alloggio per i cavalli; al primo il personale; all’ultimo piano le batterie e le guardie. Non mancava il pozzo e le cisterne per l’acqua. Le torri si distinguevano in: marittime o di allarme o cavallare (chiamate così per la disponibilità di cavalli, che servivano a dare l’allarme), di difesa (erano ben armate, protette da soldati e costituivano il rifugio per la popolazione), guardiole (situate su colline e rocce, per permettere le comunicazioni tra la marina e i paesi interni). Erano custodite dai torrieri; poi vi erano i guardiani, armigeri e rematori, con colubrine, petriere, catapulte ed artiglieria di piccolo calibro. (6)
Ad ogni modo non andò tutto così come previsto. Non esiste una precisa indicazione della tempistica realizzativa, dal momento che i provvedimenti e le ordinanze si accavallarono e permisero l’edificazione delle costruzioni solo dopo rallentamenti e successivi recuperi. Le difficoltà maggiori furono dovute alla scarsità di risorse da parte delle varie Università, che spesso disputavano sull’importanza dell’una o dell’altra torre. Ad ogni modo, le stesse amministrazioni territoriali finirono per far gravare sui loro bilanci, già particolarmente disastrati, tutto ciò che comportò la realizzazione delle opere. Lo rileva molto bene Guzzo quando afferma che, al di là della meritoria iniziativa di fortificazione delle coste, non sempre l’opera fu efficace e tempestiva: “essa fu decisa ed iniziata troppo tardi, quando il periodo delle grandi incursioni era trascorso (…) quando la potenza marittima turca, fiaccata da pesanti sconfitte, cominciava già lentamente a declinare”. (7)
Le torri furono utilizzate anche successivamente: quale rifugio per la peste del 1656; negli anni della Repubblica Partenopea; durante la Restaurazione del Regno; come nascondiglio dei cospiratori del 1828, venendo certamente meno alla funzione per la quale furono realizzate.
Pur restando importanti per la storia di questa terra, la memoria pare essersi dimenticata di questo ricco patrimonio culturale, architettonico e paesaggistico che pur avrebbe potuto costituire un richiamo per lo sviluppo turistico ed economico del Cilento. Né è valsa l’importanza del lavoro di Angelo Guzzo che trent’anni fa lanciava un grido d’allarme inascoltato: “questo abbandono è sicuramente un’offesa ancor più umiliante e imperdonabile di quella subita in tanti secoli ad opera dei pirati”. (8)
Note:
- A. Guzzo, “Sulla rotta dei Saraceni. La difesa anticorsara sulla costa del Cilento”, Palladio 1991, 7.
- Ivi, 80-81.
- Ivi, 77.
- Ivi, 90-104.
- F. Volpe, “Il Cilento nel secolo XVII”, Edizioni Scientifiche Italiane 1991, 104. Cfr.: M. Vassalluzzo, “Castelli, torri e borghi della costa cilentana”, Ed. Econ 1975, 50; V. Aversano, “Le torri costiere del Cilento”, in Confronto 3, Salerno 1976, 402.
- A. Guzzo, cit., 105-110. Cfr. anche: M. Vassalluzzo, cit. 44-52.
- Ivi, 117.
- Ivi, 9.
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