La fenomenologia del sacro
di Pasquale Martucci
Le ricerche di Franco Ferrarotti, seguendo una metodologia qualitativa con il ricercatore soggetto attivo nella relazione che pone in essere, si sono occupate sempre di rapporti umani, di una società che vive in continua interrelazione. Per lui, la tecnologia che pur mette a disposizione risorse formidabili non rappresenta il futuro: si è fatto troppo affidamento sulle macchine, fino a diventare dipendenti da esse, ma le macchine non hanno volontà, non esprimono un progetto, sono solo mezzi e strumenti, non possono diventare uno scopo. Ed allora, è importante ristabilire la rete delle relazioni personali e ritornare a una socialità autentica, ritrovando il senso della comunità.
Tra la fine del 2019 e gli inizi del 2020, sono state pubblicate tutte le sue opere, per le edizioni Marietti. (1)
Ferrarotti, che ha compiuto 94 anni e continua ad esprimere idee e pensieri sugli sviluppi delle società globali, è considerato il decano della sociologia italiana. Nel 1951 fondò i Quaderni di Sociologia; nel 1967 continuò con la rivista di cui è ancora direttore: “La critica sociologica”. Fu tra i collaboratori di Adriano Olivetti dal 1948, per circa dodici anni. Dal 1957 al 1962 è stato direttore della Divisione dei fattori sociali nell’O.E.C.E. (ora O.C.S.E.) a Parigi. Nel 1961 ottenne la prima cattedra di sociologia in Italia, all’Università La Sapienza di Roma, vincendo il primo concorso bandito in Italia per questa disciplina. Nel 1962 contribuì alla creazione della facoltà di Sociologia dell’Università di Trento.
Particolarmente attento ai movimenti sociali e ai problemi della società industriale, ha condotto una serie di ricerche sul sindacalismo, la trasformazione del lavoro, le comunità, la sociologia urbana. Ha studiato il caso romano in relazione ai temi della nuova emarginazione.
In questo scritto mi soffermo su un fenomeno che Ferrarotti ha trattato nelle sue ricerche: il sacro, di cui ha affrontato i paradossi e le ambiguità. (2)
Per lui, il concetto di sacro va al di là della dimensione religiosa e pure una società secolarizzata non ne può fare a meno. Sostiene che il sacro “è essenziale: una società non può vivere se non si lega a un concetto guida, a un valore emergente”. In una società fondata sul calcolo tecnico i gruppi come tali sono necessariamente autoreferenziali, perché non c’è una meta comune. Una siffatta società, legata al calcolo economico a breve termine, non riesce a “guardare oltre”, è una “società di venditori e acquirenti”. (3)
Il sacro è da intendere come strumento per la sopravvivenza umana e serve a salvare il rapporto interpersonale come valore in sé e la comunità come valore strumentale. Nel passaggio dal razionale all’irrazionale, lo individua nel concetto di preterrazionale, metaumano, “il bisogno di un insieme di significati meta-utilitari, nel discorso umano, intersoggettivo, che necessariamente sta alla base di ogni convivenza, per consentire alla società di non perdere la propria coscienza problematica e di non privarsi della funzione sociale dell’utopia”. (4)
Il sacro è indefinibile, ed allora accetta il numinoso di Otto, oppure la concezione di Eliade: l’uomo religioso crede alla realtà assoluta (sacro) che trascende il mondo ma che si manifesta in esso, lo santifica e lo rende reale. (5) Ma, afferma Ferrarotti, il sacro inventa anche il destino dell’homo humanus. Riprende: “Le forme elementari del pensiero religioso” di Durkheim, ed in particolare l’essenzialità di elementi comuni delle religioni, le credenze e i riti. (6)
L’affermazione delle differenze tra sacro e profano è per lui un intento riduzionistico, perché la religione è nella società, è la società. E’ il “processo di deificazione che la società compie nei riguardi di se stessa”: sacro è ciò che è ritenuto sacro. Vi è un rapporto dialettico tra i due termini (sacro e profano), perché non può esserci stasi, ma c’è una dialettica relazionale. E’ il problema del terzo termine, verso cui tende la comunicazione inter-soggettiva. Il bisogno di religione è un bisogno umano collettivo a valenza religiosa o antireligiosa, e la religione tende a restringere l’area del profano, appannaggio della “religione-di-chiesa”. La religione è da intendere come custode del sacro: quest’ultimo è potenza, forza, potere e anche fragilità, rassicurazione e minaccia al tempo stesso. E’ concepito come esperienza interna che si sottrae al controllo del magistero ecclesiastico, e la sua riscoperta sarebbe un servizio all’uomo e una tensione collettiva verso un progetto “neo-comunitario”. (7)
Seguendo tale traccia, la religione è nelle forme complesse e riguarda i comportamenti individuali, economici e ripercussioni sulle motivazioni all’agire. Dunque: spazio pubblico e partecipazione collettiva all’evento, valutando: a) tipo di comunità; b) ruolo dei fedeli; c) aspetti finanziari; d) potere ierocratico. (8)
A questo punto, Franco Ferrarotti si propone di individuare quali sono gli elementi di persistenza del sacro, in una società segnata da una continua messa in discussione dei suoi presupposti morali. I giovani vanno scoprendo la religione come religiosità, vale a dire come esperienza personale profonda, il sacro come fatto interiore, intimo, liberato dalla precettistica clericale esterna. Il bisogno del sacro diventa il bisogno di significati che non si riducano al rapporto utilitario. Ferrarotti non cade nell’errore di considerare la religione come oppio dei popoli (Marx) o come illusione (Freud) ma nemmeno come funzione sociale (quello che sostenevano i padri della sociologia), catalogabile nello schema di una sociologia evoluta ma esclusivamente razionale. Si tratta invece dell’assoluta autonomia del sacro e dell’esperienza religiosa, intesa come funzione essenziale nella società, pur orientandosi contro ogni forma surrogata di misticismo e contro ogni eccesso di controllo centralizzato da parte delle gerarchie ecclesiali. La sola via d’uscita sembrerebbe quella di una riscoperta del sacro non come Dio, ma come mistero di Dio, e nello stesso tempo come servizio all’uomo e come tensione collettiva verso un progetto neo-comunitario. Così che i bisogni espressi dalle nuove forme del sacro sul piano dell’esperienza individuale possano trovare uno sbocco positivo non mistificante, al di là e se necessario, contro ogni religione costituita in struttura di potere discrezionale centralizzata. (9)
Il sacro è dunque una sfida che non deve cogliere il fatto religioso individuale ma, nella logica della religione diffusa, comprendere il carattere universale del bisogno di sacro. Ed allora Ferrarotti, mediante le sue ricerche che in passato ha realizzato sui carismatici, ha rilevato le caratteristiche del fenomeno con la raccolta sistematica dell’analisi dei vissuti mediante le storie di vita, e nello stesso tempo l’esame dei contesti storici specifici, all’interno dei quali la religione è presente sia come struttura istituzionale sia come insieme di destini individuali. (10)
Il sociologo propende più per una visione globale e relazionale, ed allora il futuro del sacro non può che essere modellato e determinato dall’incontro tra culture e religioni differenti, per trovare una via d’uscita alla crisi odierna di un mondo frammentato, in cui non esiste più nessuna garanzia contro la distruzione dell’umanità, e dove nessuna cultura o religione può considerarsi strumento esclusivo di salvezza. (11)
Il sacro appare come il luogo altro, che permette alla singola e fragile individualità di trovare la propria dimensione atemporale, e allo stesso tempo di vivere pienamente il senso della propria esperienza quotidiana in un mondo che ha fatto del mito dell’apparire spettacolare il suo nuovo Dio. La critica è che il credente sperimenta il fatto religioso all’interno del proprio vissuto, per avere un contatto emozionale con il sacro. (12)
E questa visione può aiutare a spiegare la complessa fase che stiamo attraversando, attraverso la ricerca di un impianto teorico sistematico e non certamente con la pretesa di affidare a dimensioni irrazionali e dogmatiche le spiegazioni del fenomeno religioso, che certamente il sociologo del pensiero e della società non può sostenere.
Note
- Cfr.: F. Ferrarotti, “Opere. Scritti teorici 1 e 2”, Marietti 2019; F. Ferrarotti, “Opere. Ricerche 1 e 2”, Marietti, 2020.
- Cfr.: F. Ferrarotti, “Studi sulla produzione sociale del sacro”, Liguori 1978; F. Ferrarotti, “Il paradosso del sacro”, Laterza 1983; F. Ferrarotti, “La religione dissacrante. Coscienza e utopia nell’epoca della crisi”, EDB Bologna 2013.
- F. Ferrarotti, “La religione dissacrante”, cit.
- F. Ferrarotti, “Opere. Ricerche 1”, cit., 610-611.
- Ivi, 611.
- E. Durkheim, “Le forme elementari della vita religiosa”, Mimesis 2013 (1912).
- F. Ferrarotti, “Opere. Ricerche 1”, cit., 617-622.
- Ivi, 640-644.
- Ivi, 622.
- F. Ferrarotti, “Studi sulla produzione sociale del sacro”, cit.
- F. Ferrarotti, “La religione dissacrante”, cit.
- Ivi.
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