Dal mare di Palinuro si possono osservare alcune grotte impareggiabili, rocce ed una spiaggia di sabbia che brilla. La leggenda è quella del nocchiero di Enea, Palinuro, che cade in mare nel sonno e chiede nell’Ade di essere sepolto in questo luogo, ma è anche quella di Leucosìa che da qui a Velia abitava con le altre Sirene e si diede la morte perché non riuscì ad ammaliare Ulisse. La grotta marina più famosa è la Grotta Azzurra, il cui colore è dato da un passaggio subacqueo. L’Arco Naturale ed altre grotte sono accessibili dal mare: alcune di esse sono ricche di stalattiti e stalagmiti, ossa di uomini e animali e conchiglie bianche.
Palinuro, fino a qualche anno fa, celebrava: La Notte del mito, un grande avvenimento estivo: sulla spiaggia, figuranti vestiti in abiti greci ed imbarcazioni dell’epoca davano luogo ad una rappresentazione importante, con migliaia di turisti che non intendevano perdere la storica occasione. Negli ultimi anni, però, la manifestazione si è tramutata nel Mito festival, poi ha acquisito una sua connotazione storico-culturale tramutando le rievocazioni omeriche in spettacoli teatrali. Palinuro oggi promuove “Studi Virgiliani”, da parte del Centro Studi Pubblio Virgilio Marone, con finalità culturali ed ambientali, riscoprendo gli scritti e ripercorrendo i luoghi cari all’autore dell’Eneide. Tante personalità si danno appuntamento per digredire sul passato e per rivalutare le Grotte Marine, le seconde in quanto ad importanza in Italia dopo Ustica, attraverso sistemi di studio che cercano di far interagire “i processi biotici e abiotici”.
Ma quella zona non è solo Palinuro. La Molpa è una grande collina costiera che si affaccia sul mare tra Palinuro e Marina di Camerota. Quella collina con il suo castello fu definita la zona dell’amore e degli ozi, frequentata per il suo clima mite e per lo specchiarsi in un mare azzurro e cristallino allora molto pescoso. Quel promontorio, costeggia l’antico fiume “Melphi”, oggi fiume Lambro, che va a sfociare verso l’arenile del vicino Arco Naturale. A Tempa della Guardia, a metà del VI secolo a.C., c’era un insediamento con case a base di pietra e la struttura in legno e paglia: era circondato da una cinta muraria in blocchi. Qui fu rinvenuta una antica moneta databile 530-520 a.C. con la scritta “Pal-Mol” e l’effigie di un cinghiale. Alcuni storici hanno identificato il cinghiale con la maggiore attitudine degli abitanti, ovvero la pratica agricola; la moneta sarebbe riferibile ai commerci. Altri affermano che ci sia un riferimento ad una città stato greca: l’animale sarebbe una specie di sacrificio per scongiurare le situazioni di pericolo. Poi Molpa sarebbe anche associata a Palinuro, il cui nome significa “tempesta, vento che gira”, ovvero la condizione climatica di quel Capo chiamato anche “Spartivento”. Strabone, Plinio il Vecchio e Pomponio Mela parlarono di quel centro ellenizzato, con riferimento a Sibari nei commerci, ma anche a Hyele-Elea, Pixus e Laos.
Il nome Molpa deriverebbe da Molpé, il nome di una sirena, figlia di Acheloo e della musa Melpomene. Con il nome Molpé, ossia la leggiadra, i greci designavano anche il fiume Lambro e per estensione la zona circostante la sua foce, ove sorgeva l’abitato. Molpa sarebbe stata fondata verso il 540 a.C. dagli Ioni provenienti dalla città di Focea, che alcuni anni prima avevano già costituito la città di Elea. Ritrovamenti antecedenti a quella data dimostrano che in realtà questa zona e il vicino Capo Palinuro erano già largamente abitate prima dell’arrivo dei greci, probabilmente dai Tirreni. Sono stati trovati resti di argilla seccata al sole ed utensili in ossidana, che fanno pensare che qui ci fosse una stazione di commercio con le Eolie da cui proveniva tale materiale. Inoltre, nelle grotte sottostanti l’altura sono state ritrovate ossa umane ed altri resti di animali antidiluviani, che dimostrano come la zona fosse abitata già dall’epoca quaternaria.
I riscontri storiografici riguardano gli autori che hanno rilevato le origini del territorio: il lavoro di Francesco Attanasio ne ha dato conto. Scrive di Pier Luigi Cavalcanti, quando parlava della costa che si estende lungo le pendici del Monte Bulgheria, da Marina di Camerota verso Policastro, e della fascia costiera di Palinuro: “Passato il promontorio di Palinuro andando verso il Nord, si vedrà la foce del Fiume Lambro, ove possono ancorarvi piccoli bastimenti restando al ridosso de’ venti del Nord a NO. Mezzo miglio più all’Est viene la foce del fiume Trivento, che ha sulla sponda orientale una torre chiamata dell’Arco”. Si riferiva ad un’antichissima torre marittima di difesa costiera vicino l’Arco naturale di Palinuro. Angelo Di Mauro scriveva: “Molpa o Melpi o Malfa o Melfa o Melopa o Molfa, …, nel 1754 vi possiede beni della Chiesa di S. Vito di Camerota, in Catasto Onciario Campania; colle sul mare, alto metri 138, si erge tra il Lambro e Mingardo, castello e antico insediamento greco che risale al sec. VI a.C., come attestano tre monete (incusi), rinvenuti nel 1774 e tutte custodite in musei stranieri; la città aveva forma trapezoidale; un tempo sul lato ovest c’era una sorgente; il pianoro era ferace di messi”. Riferendosi alla Grotta delle Ossa, sotto il promontorio, come luogo in cui sono stati tumulati i resti dei naufraghi delle due flotte romane affondate nel 259 e nel 36 a.C., Attanasio riporta di Cosimo De Giorgi, che parlando del fiume Lambro scriveva: “Da questo punto fino al mare scorre nella direzione di tramontana a mezzogiorno, parallelo al corso del Mingardo, tra colline ecc., rasenta le falde della collina denominata ‘Saline di Orlando’. Nel mezzo di questa pianura e in riva al mare si erge, a mo’ di cono un colle isolato sul quale torreggiano gli ultimi ruderi del ‘Castello di Molpa’, all’altezza di 158 metri sul mare. Il fiume quindi si scarica nel mare senza formare alcun delta alla foce. Ciò deriva dall’insabbiamento prodotto dalla corrente antagonista del Mar Tirreno che la vince su quella della fiumara”.Sempre il De Giorgi sostiene: “Il Promontorio di Palinuro è un lungo sperone di calcare compatto durissimo che si solleva fino a 200 m. di altezza sul mare e spinge un corno montuoso verso ponente, che poi si ripiega verso tramontana. Tutt’intorno al promontorio vien chiamata i frontoni di ‘Palinuro’, ed a questi potrebbero riferirsi i versi dell’Aleardi. Più in là (dopo la ‘Cala Fetente’), sotto la collina della Molpa, è la ‘Cala delle Ossa’. Costruzioni romane si vedono invece, sebbene molto malconce, sulla vetta della collina di Molpa. Gli eruditi vogliono che qui sorgesse la vetusta ‘Buxentum’, idea combattuta dall’Antonini”.
In epoca greca, l’abitato di Molpa probabilmente dipendeva amministrativamente dalla ricca e potente Sibari. Della colonia greca gli scavi hanno portato alla luce resti delle fortificazioni, dell’acropoli e di altre costruzioni e numerosi oggetti (principalmente vasellame, utensili e monili), che dimostrano che per la città fu un periodo di grande splendore e floridezza economica. La polis di Pal-Mol durò il breve periodo di trent’anni: nel 510 a.C. la colonia fu misteriosamente abbandonata, forse a causa di una tremenda epidemia. Molpa viene rifondata in epoca romana per ragioni difensive: è munita difatti di stazioni di osservazioni per l’avvistamento di navi cartaginesi.
Successivamente la zona fu anche scelta come residenza estiva da diverse famiglie patrizie e, secondo la leggenda, fu anche dimora dell’imperatore Massimiano, che dopo la rinuncia all’impero, avvenuta nel 305 d.C., scelse di abitare in questa terra per la bellezza dei luoghi e la bontà dei vini prodotti nella zona. Alcuni ipotizzano che nel 420 d.C. Molpa abbia dato i natali all’imperatore Libio Severo, anche se le fonti ufficiali indicano quale città di nascita Buxentum, l’attuale Poloicastro Bussentino.
Successivamente ha inizio la decadenza della città, presa prima dagli Ostrogoti e poi, nel corso della guerra gotica (535-553), distrutta da Belisario, il generale bizantino, nel 547. I superstiti si rifugiarono presso vari monasteri dei dintorni, concorrendo alla fondazione di alcuni paesini tuttora esistenti, tra cui Centola.
Molpa fu rifondata nell’XI secolo dai Normanni, che ricostruirono l’abitato sul colle (140 metri s.l.m.). Nel 1113, subì una prima invasione ad opera dei pirati saraceni. L’abitato fu dunque fortificato dai Normanni con robuste difese tra cui il Castello della Molpa, una possente rocca i cui resti sono visibili ancora oggi.
I Normanni amministrarono il territorio fino al 1189. A partire da questo anno e fino al 1268 fu sotto la giurisdizione degli Svevi, cui succedettero gli Angioini fino al 1435. Gli Angioini potenziarono ulteriormente le fortificazioni che formavano con i castelli di Palinuro e di San Severino una cinta difensiva che si rivelò di importanza vitale nella guerra contro gli Aragonesi. Le difese però non resistettero all’invasione dei pirati Saraceni, noti come Corsari d’Africa, che all’alba dell’11 giugno 1464 la rasero al suolo, facendo schiava la sua gente, decretando per sempre la fine dell’abitato di Molpa. Coloro che riuscirono a fuggire trovarono rifugiò nell’entroterra ed in particolare a Centola ed a Pisciotta.
Riferimenti bibliografici:
F. Attanasio, “Studi su Sapri (SA) e sul ‘basso Cilento’ – Studi di storia, storiografia, dalle origini, usi e costumi, folklore, dialetto ed altro”. Il saggio è: “Molpa: Il promontorio e l’antica città sepolta”, 24 marzo 2019 (in Archivio Storico Attanasio). Cfr.: A. Di Mauro, “I sette sentieri della memoria, luoghi e leggende ecc..”, Ed. Centro di Promozione culturale per il Cilento, Acciaroli, 2007; A. Gentile, “Capo Palinuro e Molpa, brevi cenni storici”, Giornale del Cilento, 7 giugno 2020. Sulla storia di questa parte di territorio riporto alcuni testi: G. Antonini, “La Lucania – discorsi”, Ed. Tomberli, Napoli, 1797; R. Gaetani, “Mannelli Luca, Notizie di Policastro Bussentino dalla storia lucana del Mannelli pubblicate la prima volta dal manoscritto pel sac. Gaetani Rocco”, Ed. L. De Bonis, 1880, conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli, coll.: V.F. Misc. 13; P. Natella, P. Peduto, “Pixous – Policastro”, estratto dalla rivista dell’I.G.M. ‘L’Universo’, ed. I.G.M. Firenze, Anno LIII, N. 3, Maggio-Giugno 1973; M. Vassalluzzo, “Castelli, Torri e Borghi della Costa Cilentana”, Ed. Econ, Castel S. Giorgio (SA), 1975; F. Volpe, “Il Cilento nel secolo XVII”, Ed. Ferraro, Napoli, 1981.
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