Lo sviluppo del web ha radicalmente trasformato la società con l’introduzione di tecnologie user-driven, come blogs, social networks e piattaforme di video-sharing, ponendo al centro delle interazioni l’utente e consentendogli di pubblicare opinioni, collegarsi, costruire comunità, produrre e condividere contenuti. Di conseguenza, i social networks hanno avuto un impatto sociale molto forte su una vasta percentuale di popolazione mondiale: con grande sorpresa, al di là dei giovani adolescenti, molti adulti ne fanno uso, modificando il loro modo di relazionarsi, di lavorare e vivere la vita quotidiana. Si è verificato un cambiamento epocale nella comunicazione di massa che prima era affidata a televisione, giornali e radio. La differenza è che prima i contenuti erano immodificabili e direttamente offerti all’utente; ora la comunicazione è diventata bidirezionale e pluridirezionale, con messaggi generati dagli utenti fruitori, accessibili a chiunque, anche senza competenze specialistiche, veloci, immediati e che producono contenuti che possono essere modificati nel tempo. (cfr.: V. Cosenza, 2014 a; V. Cosenza, 2014 b; AA.VV., 2017; AA.VV., 2018; A. Amendola et alii, 2018)
Le principali piattaforme sociali e i più comuni access point, come Facebook, MySpace, YouTube e Twitter, ormai dominano il nostro modo di usare internet, con una diffusione direttamente proporzionale alla crescita dell’utilizzo da parte delle persone. (E. Menduni et alii, 2011)
Oggi si discute su come il nuovo modo di comunicazione abbia modificato le stesse modalità di pensiero, intelligenza ed emozioni, facendo acquisire nuove consapevolezze e modificando le forme del sapere. Ci sono molte conoscenze che prima non erano a nostra disposizione, ma ciò non vuol dire che sia tutto positivo e che ci sia stato un miglioramento complessivo grazie ad internet. Secondo molti esperti il digitale polarizza, rendendo più stupidi gli stupidi e più intelligenti gli intelligenti: è necessario affrontare le sfide della nostra società che ormai è completamente invasa dai social; soprattutto i giovani sono meno difesi dall’uso della rete, anzi ne sono presi, e manifestano atteggiamenti meno critici. La conoscenza, afferma il linguista Raffaele Simone, è diventata un insieme di frammenti, in cui il problema è metterli insieme e darvi un senso: con il web si ottiene una prosa sciatta e approssimativa; le informazioni indeboliscono la nostra memoria; si modificano le abitudini; ci si sente perennemente connessi, senza interruzione; si creano forme di vita fasulle. (R. Simone, 2012, 2019)
Molti sono convinti che i social intorpidiscono le nostre capacità umane del ragionamento della percezione, della memoria e delle emozioni. E la cosa può essere verificata facendo l’esempio della didattica a distanza degli studenti durante il Covid-19, che non ha certamente favorito la capacità di incrementare la formazione e le possibilità di conoscenza. Gli insegnanti hanno accertato un regresso sia per quanto riguarda l’acquisizione e la padronanza di competenze, che in termini di socializzazione. E su questi versanti è necessario riflettere per capire le interazioni sociali e i processi mentali.
Per alcuni mesi, anche forzatamente per via del distanziamento e della “clausura” (mutuo il termine da Corrado Augias, che ha criticato l’uso dell’inglese “lockdown”), ho avuto un ruolo attivo sui social media, per verificare la loro potenza ed avere la possibilità di coglierne direttamente gli aspetti più importanti. Ho consultato profili e post, ho pubblicato immagini e foto, espresso idee e commenti, interagito con molte persone, scritto “i like”, a volte motivando le mie scelte, emozioni e sensazioni. Ho scoperto la pervasività del mezzo e la potenza dello stesso che imponeva la continua visione di post per verificare cosa accadeva nella comunità. Insomma sono stato coinvolto, ed ho dunque assunto la decisione di allontanarmi, per fare le cose abituali. Non rinnego invece la possibilità dei social come strumento informativo che aiuta a conoscere e ad attingere notizie, pur con la particolare accortezza di discernerle.
Attraverso l’esperienza personale e la vasta letteratura in materia, è necessario osservare e studiare i modi in cui le persone usano i social media, in considerazione che sono entrati nella nostra vita con prepotenza, in modo capillare e per certi aspetti invasivo.
Innanzi tutto è necessaria una definizione e una differenziazione.
I social media sono: “un gruppo di applicazioni basate sul web e costruite sui paradigmi (tecnologici ed ideologici) del web 2.0, che permettono lo scambio e la creazione di contenuti generati dagli utenti”. L’etimologia è: medium (mezzo, strumento) e social, ovvero il condividere lo stesso medium con un vasto pubblico. Considerando la loro diffusione e il loro uso, che incidono sulla vita delle persone, sulle loro relazioni, sul modo in cui stanno in società, Kaplan e Haenlein hanno individuato sei tipi di social media: 1) Blog e microblog (es: Twitter); 2) Siti di social networking (es: Facebook); 3) Mondi virtuali di gioco (es: World of Warcraft); 4) Mondi virtuali sociali (es: Second Life); 5) Progetti collaborativi (es: Wikipedia); 6) Content communities (community che condividono materiale multimediale, es: Youtube). (A.M. Kaplan, M. Haenlein, 2010)
Un social network al contrario indica la rete sociale, un gruppo di individui connessi tra loro da diversi legami sociali, dalla conoscenza casuale ai rapporti di lavoro, dalle relazioni sentimentali ai vincoli familiari. La rete sociale fa riferimento originariamente ad una rete fisica: gruppi politici, gruppi religiosi, sportivi, e di conseguenza i social network sono molto più antichi dei social media. La diffusione del web ha creato alcune ambiguità di significato: la versione di internet delle reti sociali è una delle forme più evolute di comunicazione; attraverso il web, la rete delle relazioni sociali che ciascuno di noi tesse ogni giorno, in maniera più o meno casuale, nei vari ambiti della nostra vita, si può così materializzare, organizzare in una mappa consultabile, e arricchire di nuovi contatti. Sintetizzando, la differenza tra social network e social media è che il primo è un concetto più indipendente dal contesto digitale, che fa riferimento alle persone che costituiscono una rete; il secondo rappresenta al contrario lo strumento, il supporto virtuale che permette a queste persone di comunicare e di condividere contenuti. (A.M. Kaplan, M. Haenlein, 2010)
Facebook ha per primo utilizzato un interscambio tra i termini social media e social network. È infatti considerato il social network per antonomasia: è nato come rete sociale, nel 2003, quando Mark Zuckerberg rese disponibile un sito web, con le foto dei documenti di riconoscimento degli studenti dell’Università di Harvard. Prende spunto da un elenco di studenti con nome e fotografia, che alcune università statunitensi distribuiscono all’inizio dell’anno accademico per aiutare gli iscritti a socializzare tra loro. Da questa storia, si può intuire che il confine tra i due termini è piuttosto sfumato, ed è forse normale che oggi come oggi si usino quasi come sinonimi. Utilizzare i social networkè ormai un’espressione comune e diffusa, anche se sarebbe più corretto parlare, facendo riferimento allo strumento, di social media.
Grazie all’inarrestabile sviluppo della tecnologia, i social in quanto elementi relazionali contengono tutte le caratteristiche positive e negative delle relazioni, con la differenza di assenza di contatti vis a vis e di presenza di scambi virtuali.
Afferma Wallance che, nonostante siano trascorsi anni di interazioni umane personali, in appena due decenni si è diffuso il mondo online su larga scala, che è ora il luogo dove si svolge molta dell’interazione umana, con strumenti del tutto diversi. Se pure manca il contatto faccia a faccia, la presenza fisica, l’incertezza sul pubblico che osserva e ascolta, la percezione dell’anonimato, la mancanza di un feedback immediato e gli strumenti di comunicazione che si basano principalmente su testo e immagini, si può asserire che “Internet è un motore senza precedenti di innovazione, connessione e sviluppo umano”. (P. Wallace, 2017)
I social media hanno aspetti positivi, in quanto potente mezzo di comunicazione veloce che permette di relazionarsi da dove si vuole, in tempo reale e nella maniera più immediata possibile. La connessione è globale, indipendentemente dal luogo. Le figura del blogger, influencer e social media manager, sono solo alcuni esempi dei lavori che si possono sviluppare sui social networks. Il web sposta il comportamento degli utilizzatori in una nuova dimensione: non più uno spazio dove fare delle cose, ma una combinazione di tecnologie che permette ai clienti di interagire con le informazioni. Gli utenti dei social media (Facebook, Twitter, Instagram, piattaforme web) possono interagire attraverso: testi/poesie/pensieri; foto/immagini; musica/file audio; video/ filmati; news/storie di vita;contenuti educativi a scopo didattico; giochi online; mondi virtuali. Questi ultimi permettono agli utenti di interagire senza regole, scegliendo di vivere una vita virtuale simile alla loro vita reale.I due bisogni essenziali sono quelli di appartenenza (accettazione sociale) e di auto-presentazione (gestione della propria immagine). Ad essi sono da aggiungere il background culturale, le variabili socio-demografiche, i tratti di personalità nella sua dimensione che anticipa psicopatologie più gravi, come il nevroticismo e l’autostima. (M. Recalcati, 2010; A. Lipsman, 2011; G. Lovink, 2016).
Molti studi hanno individuato le tipologie degli utilizzatori dei social media. Li e Bernoff hanno distinto sei tipi di utenti: 1) gli inattivi, che non generano alcuna attività all’interno dei social media; 2) gli spettatori, che osservano i comportamenti degli altri; 3) i socievoli, presenti attivamente su uno o più social network; 4) i collezionisti, più attivi e che condividono contenuti multimediali; 5) i critici, che rilasciano feedback e pareri su prodotti e brand; 6) i creatori, che invece hanno un coinvolgimento elevato nelle piattaforme sociali, con recensioni, articoli, pubblicazioni. (C. Li, J. Bernoff, 2008)
Le motivazioni degli utilizzatori possono essere sintetizzate entro le categorie della curiosità e della novità: a) le persone più estroverse utilizzano i social media con più frequenza; b) le persone emotivamente stabili utilizzano meno frequentemente i social media; c) le persone più aperte a nuove esperienze avranno un alto tasso di frequenza delle piattaforme sociali. (A. Ehrenberg et alii, 2008; C. Ross et alii, 2009)
La letteratura scientifica specifica che gli utenti non guardano ad una sola forma di social media, ma tendono ad impiegare una serie di strumenti come parte del loro repertorio di comunicazione. Accade che l’utilizzo di tecnologie digitali segue le tendenze sociali: se un mezzo diventa popolare tra gli utenti e raggiunge un picco di elevata penetrazione, il suo uso quotidiano diventa stabile; diminuisce non appena altri media iniziano a guadagnare popolarità. (J. Zywica, J. Danowski, 2008; M. Franchi, A. Schianchi, 2011; A. Ceron et alii, 2014)
In sostanza, ogni forma di social media viene giudicata in modo diverso dagli utenti in base al tipo di comunicazione che può facilitare, alle conseguenze sociali dell’utilizzo e ai benefici percepiti dagli utenti. Su quest’ultimo aspetto, c’è da rilevare che sono più o meno attivi e più o meno frequenti nella comunità.
Gli studi si sono soffermati sulle motivazioni delle loro scelte legate alle gratificazioni, e riguardano: intrattenimento/svago, per trascorrere piacevolmente il tempo; integrazione al gruppo, sviluppando un senso di appartenenza ad una comunità; costruzione di un’identità personale, interagendo con persone con simili valori e interessi; ricerca e scambio delle informazioni come motivazione di base dell’utilizzo dei social media. (T. Siebenlist et alii, 2012)
Fu il lavoro di Katz e le concettualizzazioni della teoria funzionale che fecero comprendere le basi motivazionali complesse e le funzioni di atteggiamento. Si presuppose che un determinato atteggiamento servisse una o più delle quattro funzioni della personalità distinte: 1) funzione utilitaristica; 2) legata alla conoscenza; 3) ego-difensiva; 4) con valore espressivo. (E. Katz, 1960)
Partendo da qui, sono poi stati realizzati studi per spiegare il rapporto tra utenti e media, anche se il ruolo dei social non può riguardare solo le motivazioni dell’utilizzo da parte delle persone. Infatti, se da un lato i social hanno facilitato la comunicazione, attraverso la possibilità di mantenere le amicizie ed aggiungerne di nuove, ci sono tanti aspetti negativi da cogliere.
Molti rilevano i problemi legati all’utilizzo eccessivo dei social media, evidenziando una serie di questioni legate alla perdita di contatto con la realtà, alla stanchezza mentale, al deficit di attenzione, alla dipendenza, alle possibili patologie (di cui si parlerà in seguito), al calo di produttività, alla violazione della privacy, alle forme di vessazioni psichiche, con particolare attenzione al cyberbullismo. Su quest’ultimo aspetto, occorre affermare che prima dell’affermazione su larga scala dei social networks, il bullismo riguardava i contatti diretti; ora, al contrario, alcuni possono opprimere altri online, con poco sforzo, usando l’anonimato. Questi attacchi spesso lasciano profonde cicatrici mentali e persino spingono le persone a compiere gesti estremi: il cyberbullismo non riguarda solo gli abusi sui bambini ma anche vessazioni, minacce, intimidazioni, violenze sugli adulti. Molte persone instaurano rapporti sui social network, ma dietro un account si possono celare malintenzionati o truffatori, pronti ad approfittarsi di chi è più debole. (G. Lovink, 2016; P. Wallace, 2017; G. Morante, 2018)
Altri elementi sono legati all’inaffidabilità delle informazioni utilizzate e ad una esposizione eccessiva che causa danni fisici, come ad esempio problemi alla vista.
Ad ogni modo, l’innovazione e la tecnologia possono provocare un distacco dalla realtà, un allontanamento dai rapporti reali. Gli psicologi monitorano il fenomeno e le ripercussioni che i social hanno sulla vita delle persone che possono essere ricondotti a: dipendenza da internet, narcisismo, voyeurismo, alienazione, dismorfismo corporeo, disturbi ansiosi, come il disturbo ossessivo compulsivo e disturbi dell’umore come depressione. In soggetti predisposti può insorgere una sintomatologia psicopatologica, a seconda della propria inclinazione, perciò è bene tener presente i rischi legati ad un uso improprio o ad un abuso della rete. (G. Moranti, 2018; R. Simone, 2012, 2019; R Tennenini, 2019)
Tra le problematiche psicologiche più diffuse, si possono elencare alcuni disturbi che a lungo andare producono vere e proprie patologie. (M. Recalcati, 2010; G. Lovink, 2016; P. Wallace, 2017; “La psicologia dei Social Network”, 2018)
- Come la maggior parte delle persone possono verificare, si formano aspettative irrealistiche di vita e amicizie non concrete. La maggior parte dei siti presenta una grave mancanza di autenticità online: nessuno riesce a percepire se le foto o le storie siano reali o solo una messa in scena.
- I social media consentono di vedere le parti migliori accuratamente selezionate della vita di tutti gli altri, in confronto con gli aspetti negativi della vita del soggetto che li utilizza. Esiste la paura di perdere: “fear of missing out” (fomo), un fenomeno nato nello stesso periodo dell’ascesa dei social media e non sorprende che sia uno degli effetti negativi più diffusi sulla società. Si tratta di una forma di ansia che si prova quando si ha paura di perdere un’esperienza positiva che sta vivendo qualcun altro, ed allora si osserva continuamente se qualcuno sta facendo qualcosa di bello senza di te.
- Un altro aspetto importante è l’immagine negativa di sé. Se si guardano i famosi account Instagram, si troveranno persone incredibilmente belle che indossano abiti costosi sui loro corpi perfettamente modellati. Oggi, l’immagine corporea è un problema per tutti e vedere così tante persone che sono presumibilmente perfette, secondo gli standard della società, rende consapevoli di quanto si è diversi da quelle immagini perché non tutti riescono ad essere modelli pronti per la pubblicità.
- Oltre ad aumentare gli episodi di ansia e depressione, passare troppo tempo sui social media può portare ad avere disturbi del sonno. Numerosi studi hanno dimostrato un effetto negativo sulla qualità del riposo notturno, specie se si usa il telefono a letto durante la notte e si è in continua attesa di controllare le notifiche.
- I social media possono creare più dipendenza rispetto alle sigarette e all’alcool, inducendo le persone a controllare continuamente, senza neppure pensarci. Molti persano di non essere dipendenti, ma difficilmente trascorrono una intera giornata senza controllare gli account della loro community. Alla fine della giornata, i siti di social media vogliono far navigare il più a lungo possibile in modo che si possano mostrare un sacco di annunci e fare più soldi.
Come per tutto il resto, ci sono aspetti positivi e negativi dei social media. Servirebbe discernere bene se c’è più aiuto o danno per ognuno.
Una domanda che tutti si fanno è: si può imparare qualcosa dai social network?
Il loro scopo è quello di socializzare, creare nuove amicizie e svagarsi: questo è lo scopo per cui sono stati creati, ovvero condividere informazioni a grandi distanze, per mantenere contatti con amici e parenti. Si riescono a mantenere contatti nel tempo e si possono procurare altri rapporti in maniera rapida, in un intreccio di informazioni che viaggiano velocemente e si modificano continuamente. Così ogni tipo di notizia è disponibile per chiunque. Proprio per questo, i social network potrebbero essere utilizzati come strumenti per apprendere qualcosa, ma non avremmo la certezza dell’attendibilità delle informazioni che si trovano in rete. Il mondo informatico rende possibile una quantità di cose inimmaginabili, eliminando gli spazi, interconnettendo persone e Paesi lontani, permettendo lo sviluppo della globalizzazione e la diffusione del sapere per via informatica in modo gratuito.
Quindi i social media sono da utilizzare in maniera attenta, limitandone l’abuso e considerando che un mondo senza di essi non è più ipotizzabile.
Bibliografia di riferimento
- E. Katz, “The two-step flow of communication”, in W. Schramm (Ed.), “Mass communications”, Urbana: University of Illinois Press, 1960.
- C. Li, J. Bernoff, “Groundswell: Winning in a World Transformed by Social Technologies”, Boston, MA: Harvard Business Press, 2008.
- J. Zywica, J. Danowski, “The faces of Facebookers: Investigating social enhancement and social compensation hypotheses”, Journal of Computer- Mediated Communication, 14(1), 1–34, 2008.
- A. Ehrenberg, S. Juckes, K.M. White, S.P. Walsh, “Personality and self- esteem as predictors of young people’s technology use”, Cyberpsychology & Behavior, 11(6), 739–741, 2008.
- C. Ross, E.S. Orr, M. Sisic, J.M., Arseneault, M.G. Simmering, R.R. Orr, “Personality and motivations associated with Facebook use”. Computers in Human Behavior, 25(2), 578–586, 2009.
- A.M. Kaplan, M. Haenlein, “Users of the world, unite! The challenges and opportunirties of Social Media”, Kelley Business of School, Indiana University, Business Horizons, 2010.
- M. Recalcati, “L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica”, Cortina, 2010.
- A. Lipsman, “The network effect: facebook, linkedin, twitter & tumbir reach new heights in May”, 2011, available on http://blog.comscore.com/2011/06/ facebook_linkedin_ twitter_tumblr.ht ml.
- M. Franchi, A. Schianchi, “Scegliere nel tempo di Facebook: come i Social Network influenzano le nostre preferenze”, Carrocci, 2011.
- E. Menduni, G. Nencioni, M. Pannozzo, “Social Network: Facebook, Twitter, Youtube e gli altri: relazioni sociali, estetiche, emozioni”, Mondadori Education S.p.A, 2011.
- T. Siebenlist, K. Knautz, “The critical role of the cold-start problem and incentive systems in emotional Web 2.0 services”, Chapter 15, Agosto 2012.
- V. Cosenza, “Introduzione alla semiotica dei nuovi media”, Laterza, 2014.
- V. Cosenza, “Social media Roi”, Apogeo Feltrinelli, 2014.
- A. Ceron, L. Curini, S.M. Iacus, “Social Media e Sentiment Analysis”, Springer, 2014.
- R. Marmo, “Social Media Mining: estrarre e analizzare informazioni dai social media”, Hoepli, 2016.
- G. Lovink, “Ossessioni collettive. Critica dei social media”, Università Bocconi Editore, 2016.
- P. Wallace, “La psicologia di internet”, Cortina, 2017.
- A. Contri, “McLuhan non abita più qui?”, Bollati Boringhieri, 2017.
- AA.VV., “Fenomenologia dei social network. presenza, relazioni e consumi mediali degli italiani online”, Guerini Scientifica, 2017.
- A. Amendola, S. Castellano, N. Troianiello, “Like for like. Categorie, strumenti e consumi nella social media society”, Rogas Edizioni, 2018.
- AA.VV., “Come il mondo ha cambiato i social media”, a cura di G. D’Agostino, V. Matera, Ledizioni, 2018.
- “La Psicologia dei Social Network. La Ricerca Scientifica Psicologica su utilizzo di Facebook, Twitter e gli altri Social Network e su come cambiano il nostro modo di sentire e relazionarci”, in: https://www.stateofmind.it/2018/04/social-network-rischi/.
- G. Morante, “La trappola della rete. Uso e abuso dei social. Riflessioni per educatori”, Elledici, 2018.
- R. Simone, “Presi nella rete. La mente ai tempi del web”, Garzanti, 2019 (2012).
- R. Tennenini, “Schiavi digitali. Alienazione, narcisismo e controllo al tempo dei social network”, Passaggio al Bosco, 2019.
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