Giuseppe Tarallo, ex sindaco di Montecorice ed ex presidente del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, un uomo amante del territorio ed attento a difenderlo dal cemento e dalle infiltrazioni criminali, non è più tra noi.
Insieme al prof. Antonio Di Rienzo lo incontrai diverse volte e scambiammo molte opinioni, diventando amici.
Nel 1997-98 ci offrì la possibilità di realizzare una ricerca tra i ragazzi delle scuole del Comune di Montecorice, pubblicata con il titolo: “Società, comunità e nuove generazioni” (L.R. n. 4/83 – Promozione culturale), Comune di Montecorice – Provincia di Salerno – Assessorato Cultura Regione Campania.
Scrisse in qualità di sindaco la prefazione del lavoro, che di seguito riporto per ricordare il suo pensiero indirizzato al futuro.
La ricerca realizzata tra i ragazzi delle scuole elementari e medie del nostro Comune è importante in quanto rappresenta il primo studio compiuto per scoprire istanze e bisogni delle nuove generazioni in una società in rapida trasformazione che non può essere lasciata alla sua libera e spontanea capacità di mutamento.
Oggi, le politiche del territorio necessitano di interventi progettuali, si indirizzano allo studio della realtà e guardano alle possibilità di sviluppo. Del resto, il conferimento di una più accentuata autonomia locale comporta che gli interventi siano sempre più oculati e volti alla crescita di un territorio che deve valutare l’occasione rappresentata dal Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
Lo studio compiuto è proprio il modo di partire da dati ed istanze certe per percorrere quel passaggio da criteri spontanei di intervento (che appartengono fortunatamente al passato) a forme differenti di progettualità e programmazione delle politiche territoriali.
La ricerca ha inteso mettere in rilievo il modo in cui i ragazzi del nostro Comune conservano le espressioni più autentiche della cultura tradizionale. Una cultura che va studiata e riproposta proprio per i possibili sviluppi di un turismo culturale che pensi soprattutto a ciò di cui la nostra terra dispone, e cioè a quelle bellezze paesaggistiche e naturali, ma anche artistiche ed architettoniche, oltre alle abitudini e agli usi di una cultura un tempo caratterizzata dalle rappresentazioni popolari.
Le espressioni del nostro passato, infatti, hanno segnato la storia del Cilento e conferito a questa terra le tipiche caratteristiche di una forte identità che ha tracciato profondi e radicati valori che possono ancora contribuire a fondare il futuro.
Chiedendo ai ragazzi le loro aspirazioni di vita futura, le loro conoscenze e la loro consapevolezza delle tradizioni dei loro genitori, si è compiuto il passo iniziale che ci consente di capire come fare per riproporre un territorio che trae proprio dalla sua storia gli elementi di rilancio e sviluppo. D’altro canto questa ricerca è l’approccio iniziale, la presa d’atto della situazione storico-sociale del nostro Comune che in futuro cercherà di proporre adeguati progetti in grado di tracciarne le linee essenziali per uno sviluppo ecocompatibile.
La nostra idea è quella di un territorio votato ad un turismo in grado di riscoprire le bellezze naturali e quelle create artificialmente dall’uomo nei secoli in cui ha segnato il senso della sua identità, del suo comportamento. Nei nostri paesaggi incontaminati, soprattutto all’interno, la vita deve essere caratterizzata dal rapporto stretto con l’ambiente e la cultura, uniche possibili occasioni per il rilancio di tutto il Cilento anche in considerazione delle possibilità economiche rappresentate dal Parco Nazionale che deve potersi dotare degli strumenti adeguati al corretto utilizzo delle risorse da creare e gestire attraverso un’adeguata capacità progettuale.
Quando era presidente del Parco, a più riprese parlammo delle possibilità che l’Ente poteva offrire al territorio.
Di seguito, la sua idea di sviluppo territoriale.
Il Parco riguarda tutti i cilentani: la legge che lo istituisce disegna le linee di intraprendere entro tali priorità. Il progetto c’è, occorre riempirlo di contenuti per caratterizzare la nostra cultura ed identità. Una parte di cilentani ha voluto con forza il Parco: oggi per fortuna c’è anche una classe dirigente in grado di mettere a frutto questo progetto di sviluppo per caratterizzare la nostra autonomia. L’identità e l’unità la possiamo ritrovare entro questa grande idea e occasione rappresentata dal Parco.
Reputo positivo l’atteggiamento di rispetto del territorio: il fare presto, il divorare tutto, il consumare tutto non è certamente un bene.
Il turismo deve essere meditazione, contemplazione, riguadagnare il rapporto con la natura; il territorio è incontaminato per molti aspetti, deve essere rivalutato per trovare in esso lo sviluppo.
L’idea è quella di uno Stato che soccorra inizialmente, crei le condizioni per lo sviluppo, attui la formazione, dia un input iniziale, degli strumenti iniziali. Poi è la società civile che deve fare la sua parte, deve autosostenersi: lo sviluppo poi sarà autopropulsivo.
La concezione di vita nuova non può fare a meno di una nuova idea: il posto fisso, nel pubblico e nel privato, non esiste più, il lavoro deve essere creato su nuove basi, sul territorio.
Occorre uno staff di esperti che proponga idee, che agisca in modo interdisciplinare, che valuti i tipi di intervento da attuare sul territorio: Parco, cultura, territorio, turismo. C’è tutto, occorre solo intervenire attraverso i fondi comunitari e le possibilità rappresentate dall’istituzione del Parco.
Nel Cilento occorre costruire una economia trans-mercato, pensiamo al terzo settore o alla trasformazione dei prodotti agricoli; una economia che ci farebbe dipendere poco dall’esterno. Pensiamo all’energia alternativa, al solare o ai sistemi ad idrogeno. Costruiamo le case avendo meno bisogno di energia per riscaldare gli ambienti, ricicliamo i rifiuti, utilizziamo le acque, l’acqua-coltura ad esempio. La pesca e l’agricoltura possono ritornare ad un ruolo propulsivo; l’industria nel nostro territorio non è proponibile e non lo è mai stata: è un settore estraneo a noi, dovremmo favorire le micro-imprese. Poi dovremmo ridistribuire le presenze turistiche, il turismo rurale, l’agriturismo, il turismo culturale attraverso un ridisegno di tutto il territorio.
Il pensiero di Giuseppe Tarallo si concretizzava in alcuni punti essenziali.
- Occorre privilegiare il turismo ed i servizi ad esso connessi: esso deve essere esteso a periodi dell’anno più lunghi, distribuito su tutto il territorio e non solo lungo la costa, devono essere favoriti i dibattiti, i convegni e i conventi, intesi nel senso della valorizzazione di una vita contemplativa.
- Il lavoro deve essere applicato oltre che a questo settore, all’artigianato (valorizzazione dei prodotti tipici) ed ai settori primari quali pesca ed agricoltura.
- Il lavoro va creato attraverso la formazione dei giovani: è da abbandonare non il mito del posto fisso. Lo Stato interviene in una fase iniziale, poi l’acculturazione dei giovani ed un cambio di mentalità devono necessariamente far fare allo Stato un passo indietro.
- Il mercato da sé non riesce a regolare le opportunità economiche perché dove ci sono difficoltà taglia e preferisce non investire relegando ai margini chi lo è già.
- Lo sviluppo non passa attraverso le strade; occorre ristrutturare la viabilità esistente per rivalutare i tanti centri di interesse storico-architettonico.
- Il Parco è patrimonio di tutti. Bisogna aprire ai tanti, favorire la partecipazione di intelligenze e progettualità, oltre che operatività. Un’équipe interdisciplinare deve studiare i problemi e proporre idee che poi altri riusciranno a tradurre in concrete iniziative.
- Il Parco è l’opportunità maggiore ma non l’unica. Occorre invertire la tendenza di una mentalità assistita e rassegnata, occorre dire basta a chi vuole impedire di amministrare perché è abituato ai biechi giochi di potere. Bisogna tutti gestire le risorse disponibili e sfruttare quelle risorse che esistono e non vengono utilizzate (i fondi europei).
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