È stato pubblicato il volume di Emilio La Greca Romano: “Scuola e Covid. Narrazione politico-sociale e scolastica nell’emergenza pandemica”. Riporto l’introduzione del lavoro.
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“La DAD è servita e servirà. Questo dato è indiscutibile. Ha mutato il sistema scuola, stravolgendo la modalità didattica. Non siamo infatuati, ma innamorati della DAD, con tutte le sue apparenti brutture e disfunzioni. Senza didattica a distanza, con l’arrivo della pandemia, avremmo dovuto serrare le nostre scuole e riaprirle ad acqua cheta”.
Queste affermazioni, contenute nell’articolo: “DAD, se non ci fosse bisognerebbe inventarla”, sono del professore Emilio La Greca Romano, che ha prodotto una raccolta di articoli riguardanti il periodo del Covid-19, analizzando e rilevando una serie di questioni e contraddizioni dell’universo educativo e formativo della scuola del nostro Paese.
Credo che valga la pena leggerli, per verificare la relazione stretta tra pandemia e mondo scolastico.
Da subito riporto il punto di vista dell’autore che non ha mai nascosto l’attenzione a valutare la salute su tutto. Il 26 dicembre 2020, dopo mesi di pandemia, scriveva: “Con la drammatica pandemia ancora in corso, è necessario qualche sacrificio per preservare la vita a migliaia di persone. Ogni giustificazione ideologica o i tentativi di chiamare fuori la scuola – e ciò che vi ruota attorno – dalla diffusione dei contagi per tenere aperti gli istituti superiori in presenza (gli unici in cui i ragazzi possono gestirsi autonomamente a casa) sono argomentazioni che non reggono ed è da incoscienti sostenerle rispetto alla possibilità di salvare anche una sola esistenza umana”.
In questo scritto, cerco di affrontare le problematiche dell’universo scolastico in funzione educativa e formativa, riprendendo alcuni passaggi degli articoli dell’autore che rilevano proprio questi elementi. Sarebbe stato troppo complesso valutare l’intero corpus dell’opera, che non sottovaluta questioni legate agli interventi economici, al rapporto vaccini e territorio, alla scuola comunitaria, alle prese di posizione sulla pandemia da parte di esperti, alle dinamiche interne caratterizzanti la scuola come istituzione. Ho ritenuto che un approccio critico alla funzione educativa e formativa potesse costituire una traccia più organica e di maggior impatto.
Dunque, il Covid-19 ha accentuato una serie di difficoltà che l’universo scolastico già presentava nella loro drammaticità. Dall’inizio delle chiusure resesi necessarie, bambini e adolescenti di tutto il mondo hanno perso in media più di un terzo dell’anno scolastico medio globale. È quanto emerge dai dati diffusi il 2 marzo 2021 da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro. A livello globale, si stima che 112 miliardi di giorni di istruzione siano stati persi complessivamente e che siano stati i bambini più poveri del mondo a essere colpiti in modo sproporzionato. (Save the Children, “Un anno in pandemia: le conseguenze sull’istruzione in Italia e nel Mondo”, 2 marzo 2021)
L’annoso problema della scuola italiana si è proposto prepotentemente in questo periodo. I dati sono drammatici se si osserva il triste fenomeno dell’abbandono scolastico che in questi ultimi tempi si è molto ingigantito. Alcune ricerche, varie e particolarmente interrelate, tra gli studenti delle scuole superiori hanno posto in rilievo che la didattica da casa sia stata un ostacolo all’apprendimento: molti sottolineano che tanti loro compagni di classe non seguono più le lezioni; più di un terzo pensa che ci sia stato un peggioramento della preparazione; un 25% ritiene di dover recuperare molte materie scolastiche. In sostanza, quasi tutti sono convinti che questa sia stata una esperienza del tutto negativa, per la difficoltà a concentrarsi nel seguire le lezioni online e per i problemi tecnici dovuti alla copertura di rete propria e dei docenti. Un altro grave deficit è rappresentato dagli incontri che sono stati soprattutto virtuali, abbandonando il valore delle relazioni con i propri compagni: l’85% dei ragazzi intervistati afferma di aver compreso l’importanza di relazionarsi con gli altri e di condividere del tempo con gli amici. Tra gli stati d’animo sono prevalsi: stanchezza, incertezza e preoccupazione. Pochi sono convinti che tutto tornerà come prima, in quanto anche dopo il vaccino si continuerà ad avere paura e a vivere in maniera diversa, soprattutto online. (I. Mammarella, “La scuola ai tempi del Covid-19: il ruolo dello stress e della resilienza familiare negli apprendimenti scolastici dei bambini di scuola primaria”, ACOM – Ufficio Comunicazione – Università di Padova 2020; Indagine IPSOS, “I giovani ai tempi del Coronavirus”, Save the Children, 5 gennaio 2021; AA.VV. “La didattica a distanza durante l’emergenza COVID-19: l’esperienza italiana”, Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia – UNICEF, febbraio 2021)
Queste premesse, per asserire come la funzione educativa debba essere posta nella dovuta attenzione, in quanto l’educazione e la formazione sono gli obiettivi che si prefigge una moderna società che offre una serie di risposte all’evoluzione da un lato della ricerca scientifica e dall’altro di quella sociale e pedagogico-didattica.
Del resto, e ciò l’autore lo afferma in un articolo del 20 maggio 2021, in una fase meno drammatica della pandemia, esiste la consapevolezza da parte di tutti di “cogliere le opportunità e identificare le soluzioni che possono far superare la crisi e sostenere il recupero. Lo dobbiamo alle nostre comunità, che in questi mesi difficili hanno trovato nella cultura un porto sicuro”. Infatti, la scuola ha dato prova di resistenza anche nel culmine delle difficoltà economiche, sociali e culturali, cioè proprio in conseguenza delle maggiori criticità.
Ma siamo sicuri che al di là di questo periodo, nella normalità del suo processo didattico-educativo, questa istituzione è pronta ad affrontare le sfide del futuro?
Non si potrà continuare a non considerare il patrimonio di esperienze e di conoscenze extrascolastiche con gli infiniti linguaggi e codici da interpretare e da acquisire (dopo una dovuta decodificazione); ma serve una scuola che indirizzi e accetti la sfida della comunicazione sempre più differenziata, che guardi i nuovi significati dell’alfabetizzazione e costruzione cognitiva e sociale.
Il 7 maggio 2021, La Greca Romano riporta un’affermazione del ministro Bianchi: “Le diseguaglianze, la dispersione, la povertà educativa segnano in modo negativo il nostro cammino del crescere. Il recupero di questi punti può portarci a superare la lunga stagnazione in cui il nostro Paese è da troppo tempo. (…) Abbiamo bisogno di aumentare il livello di produttività e il numero di coloro che dispongono delle competenze necessarie per concorrere allo sviluppo. In questo momento non basta l’apprendimento continuo e diffuso, ma occorre dare un’accelerazione”.
Esistono problematiche legate alla diversità dei soggetti ed allo stesso tempo all’uguaglianza delle opportunità formative che sono possibili solo se perseguite da politiche che considerino la partecipazione scolastica da parte delle tante diverse istituzioni che concorrono alla educazione dell’individuo: scuola, famiglia, comunità sociale si confrontano e interagiscono secondo visioni pluralistiche. Una interazione tra soggetti che abbiano a cuore le sorti dell’educazione formativa è l’unica strada percorribile se veramente gli individui vogliono realizzare una crescita che sia soprattutto processuale, che tenga conto di un progetto di innovazione dei contenuti culturali, di apprendimento e di socializzazione. Non c’è nulla di più urgente che dare spazio “alle competenze multidisciplinari nell’area socio-psico-pedagogica”, per progettare dispositivi al fine di compensare i danni che hanno reso i ragazzi ancora più “disuguali e vulnerabili”. (G. Garena, L. Tosco, “Educazione e scuola al tempo del Covid-19”, welforum.it, 19 febbraio 2021)
Molti studi pedagogico-filosofici hanno tracciato le tendenze più praticabili in una società in cui i valori sono legati a quelli di una convivenza democratica e civile tra soggetti, in cui si possano sviluppare forme di crescita autonoma e di acquisizione di una consapevolezza di sé, delle proprie possibilità di operare per lo sviluppo responsabile e regolamentato del Paese. Eppure l’educazione incompiuta rappresenta ancora la regola del nostro sistema formativo, se da un lato la scuola non riesce ad assolvere quel suo ruolo di agenzia più idonea a favorire il miglioramento qualitativo delle conoscenze (istruzione) e della possibilità di creare un individuo civile e democratico. (P. Martucci, “L’educazione incompiuta”, CI.RI, 1994)
Per questo, oggi, nella scuola è molto in uso un approccio programmatico e valutativo della stessa qualità dell’insegnamento che implica un progetto finalizzato a determinati obiettivi formativi perseguibili solo se il sistema scolastico si riesce a dotare di una organizzazione più funzionale al saper fare, saper essere, saper interagire. Gli insegnanti e i dirigenti scolastici dovrebbero acquisire quell’autonomia e flessibilità di interventi certamente non più affidati al caso ma intenzionali, processuali e verificabili. Ed allora, mettere insieme istituzioni e soggetti nel campo dell’educazione sono le uniche possibilità che possono garantire la libertà individuale, ma anche l’uguaglianza che si realizza grazie al rispetto di regole e norme sociali.
Sul periodo Covid, si è rilevata la necessità e urgenza di “reimmergersi nella realtà dei corpi che si incontrano”, specie per coloro la cui famiglia fatica a trovare e garantire “un contesto educativo e protettivo”. I genitori devono essere madri, padri, insegnanti, compagni di gioco nel tentativo di dare risposte ai diritti dei bambini: i genitori tuttavia non educano se lasciati soli. (A. Salvò, P. Milani, S. Serbati, “Non si metta la scuola (superiore) tra parentesi”, welforum.it, 24 gennaio 2021).
La necessità è di attuare misure efficaci dedicate all’infanzia e all’adolescenza per superare la fase di frammentazione: ripensare i servizi per i minori e le loro famiglie; costruire reti tra servizi sociali e servizi scolastici, per contrastare la povertà educativa; investire sull’integrazione socio-sanitaria; costruire cioè “percorsi integrati e facilitati che non lascino sole le famiglie di fronte alle fragilità”. (C. Guidetti, “Covid-19: bambini, ragazzi e famiglie sempre più disuguali”, welforum.it, 9 febbraio 2021)
Tutto ciò per asserire che l’individuo può conquistare la sua indipendenza e la sua libertà nelle sue scelte se persegue la democrazia che è cultura e modo di vivere che ha bisogno di estendere la comunicazione e lo scambio tra tutte le parti della società, come sosteneva Dewey quando insisteva sull’eguaglianza morale di tutti gli esseri umani. Ed in tal senso, la scuola era proprio da intendere come il luogo che “diventa una forma di vita sociale, una comunità in miniatura, una comunità che ha un’interazione continua con altre occasioni di esperienza al di fuori delle mura della scuola”. (J. Dewey: “Democrazia e educazione”, Nuova Italia, 2004, or. 1916)
Questa istituzione deve prevedere una integrazione operativa in funzione di progetti-obiettivi condivisi ed una attenzione al clima, cioè al proprio ruolo, al proprio lavoro, all’interazione all’interno ed all’esterno, alla valorizzazione delle risorse quali intelligenza, creatività, professionalità, in senso lato. Quest’ultima implica specifiche competenze sotto il profilo psicologico, pedagogico, metodologico; conoscenze sul piano culturale, scientifico e della didattica; disponibilità alla relazione educativa ed attenzione ai bisogni soprattutto di quegli allievi in condizione di disagio ed handicap; capacità di ordine gestionale, organizzativo e relazionale sia in sede di programmazione e valutazione dell’azione educativa che nei rapporti con le famiglie e i servizi esterni.
Nell’articolo: “La scuola affettuosa deve costruire socialità”, La Greca Romano riporta le parole del Ministro Patrizio Bianchi: “Non possiamo accontentarci di tornare alla situazione precedente, ma diviene ormai indifferibile avviare una vera fase costituente per la scuola,(…) che divenga il motore di una crescita del paese”.In primis, auspicando una scuola affettuosa, è necessario recuperare gli alunni fragili, auspicando il superamento delle rigidità relazionali e funzionali.
Infatti, l’educazione non può dirsi compiuta se non emerge una consapevolezza di tutti i soggetti interessati affinché essa sia unica e uguale per tutti e si adatti alla Costituzione perché, data una società e le sue regole giuridico-sociali, l’educazione deve rispettare i fini e i principi propri di ciascun dettato costituzionale.
La posizione di chi scrive non può che tenere nel dovuto rispetto gli approcci costruttivi al problema, pur privilegiando una scuola che sia foriera di interessi generalizzati, che si basi sull’univocità del percorso formativo e sulla ricerca della formazione dell’uomo e del cittadino, secondo una educazione critica ed una costruzione dell’autonomia personale e della capacità di realizzare un uomo socializzato non individualista. Solo una scuola pubblica, che ricuperi efficienza e capacità di trasmettere sapere critico e costruzione dell’individuo socializzato, è in grado di realizzare questo compito.
Del resto, come ha rilevato Ivano Dionigi, l’8 giugno 2021 all’apertura dell’anno Accademico 2020-2021 all’Università di Milano, “Se qualcuno dei nostri giovani ci chiedesse, come Socrate chiese a Gorgia e come Agostino chiedeva quotidianamente a se stesso: «Tu chi sei?», sapremmo rispondere?”.
Pasquale Martucci
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