I femminicidi sono gesti estremi di violenza che si manifestano in una realtà complessa di oppressione, di disuguaglianze, di abusi, di violenza e di violazione sistematica dei diritti delle donne. Utilizzato a partire dal duemila, il fenomeno è diventato oggetto di studio e riguarda essenzialmente la violazione dei diritti delle donne attraverso varie condotte misogine, quali i maltrattamenti, la violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale.
A differenza da quanto si possa comunemente ritenere, questa forma estrema di comportamento non si configura come un fatto isolato che accade all’improvviso, ma individua una responsabilità sociale nel persistere, ancora oggi, di un modello socio-culturale patriarcale, in cui la donna occupa una posizione di subordinazione, divenendo soggetto discriminabile, violabile, uccidibile. Sul piano dei comportamenti individuali, il femminicidio può essere visto come la massima espressione del potere e del controllo dell’uomo sulla donna, l’estremizzazione di condotte misogine e discriminatorie fondate sulla disuguaglianza di genere. Grazie alle lotte dei movimenti femministi, il concetto ha acquisito una forte connotazione politica. La trasposizione del fenomeno sociologico in una fattispecie penale ha posto il problema dell’individuazione della condotta punibile, diversa rispetto ad altre forme di violenza di genere già tipizzate. Ed allora occorre che si diffonda il coraggio di sostenere una battaglia che è di democrazia, ma anche di diritti ed uguaglianza perché il problema è diffuso anche dove le civiltà sono più avanzate.
Sul sito:
Larep.it/femminicidi
si possono trovare i riferimenti dei centri antiviolenza in Italia per poter richiedere aiuto.
Credo che sia un’atto dovuto dare risalto a questa come ad altre iniziative per permettere di avere una società più civile ed umana e consentire alle donne di superare la permanente condizione di subalternità.
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