L’ultimo libro di Antonio Peduzzi si intitola: “L’ancella di Marx”. Connette i termini ancella e Marx in un rapporto indissolubile, in cui il primo fa riferimento a: schiava o, in maniera estensiva, a donna addetta ai servizi domestici, cameriera, serva; Karl Marx è invece sempre più attuale, anche in considerazione delle vicende che caratterizzano la nostra esistenza. Ed allora anche chi non aveva fatto mai i conti con il marxismo, oggi guarda alla crisi globale, che ha colpito l’economia e la politica mondiale, con occhi diversi, quelli del metodo storico materialista, per andare oltre i fenomeni contingenti ed affrontare i problemi del mondo contemporaneo, che ancora prospettano i temi dell’alienazione, dello sfruttamento, del rapporto fra l’uomo, come essere sociale, e la natura. E dunque, non si può non rilevare come persistano ancora le divisioni tra ricchi e poveri, quelle tra le classi sociali, in linea con la speculazione filosofica di Antonio Peduzzi, che si confronta con l’eredità del pensiero di Marx e della sua filosofia materialistica per interrogarsi sull’attualità.
Il suo percorso culturale, la profonda linea critica ed ideologica, da tempo vede impegnato lo studioso marxista di formazione intellettuale operaista, che ha diretto la Commissione operaia di una federazione del PCI, contribuito alla fondazione e alla redazione del mensile politico “A sinistra” e collaborato a lungo con il quotidiano “il manifesto”, occupandosi essenzialmente di conflitti di fabbrica. Si tratta di un approccio complesso al rapporto tra teoria, ormai quasi del tutto abbandonata nelle analisi attuali, e contesto pratico, che resta l’unico campo in cui agire, senza considerare le distanze sociali e le contraddizioni tra chi esercita il potere e i ceti subalterni, anzi senza avere la forza di affrontare compiutamente i problemi.
Nel volume: “Tesi sulla tesi undici” (Oédipus 2015), Peduzzi si confrontava su Marx e le undici tesi su Feuerbach, il primo documento in cui è deposto il germe geniale della nuova concezione del mondo, mentre in: “Esercizi di fatica del concetto. Martin Heidegger e dintorni” (Edizioni Solfanelli 2018), rilevava come all’interno dei concetti di autentico-esserci-cura si annida una speculazione teorica che propone una filosofia, fatta da filosofi, come affermazione di un dominio e di una società nuova ed antidemocratica. In seguito, con: “La teoria nel deserto” (Edizioni Solfanelli 2020); “Tex l’operaista” (Edizioni Solfanelli 2020); “L’ancella di Marx” (Edizioni Solfanelli 2021), sembra che le sue tesi siano molto più calate nel contesto attuale, nella critica della società di oggi. Sono da citare poi i lavori: “Lo spirito della politica e il suo destino. L’autonomia del politico e il suo tempo” (Ediesse 2006), in cui Peduzzi riprende le tesi di Mario Tronti come un momento di svolta per la cultura politica della sinistra marxista italiana, che ormai si indirizza verso l’antipolitica; “Deserto di ghiaccio. Cercando il sentiero di un filosofare concreto” (Oédipus 2017), anche qui attraverso un approccio critico e di idee, per la costruzione di processi teorici attuali.
Antonio Peduzzi ha sempre rilevato l’incapacità della sinistra di conquistare un terreno sul quale esperire una teoricità capace di praticare una cesura dalla tradizione che consenta di far fronte allo stato di cose presente. Questa situazione è evidente dall’abbandono di Karl Marx e dal conseguente compito di tornare a pensare per la liberazione delle classi subalterne, perché non c’è politica senza teoria (“La teoria nel deserto”). Stesso approccio che ha rilevato nell’interessante volume: “Tex l’operaista”, in cui l’eroe dei fumetti, sempre dalla parte dei deboli, non può ancora andare in pensione perché la storia dell’umanità si sviluppa attraverso conflitti di classe, fra la parte alta e quella bassa della società, tra dominanti e dominati.
Nell’ultimo lavoro, “L’ancella di Marx”, l’autore ritiene che il clima della fase che viviamo sembra aver perduto il senso della differenza invalicabile tra teoria e interpretazione, che non consente di affrontare i temi del conflitto di cui è pervasa la società. Il titolo, molto incisivo, parla di ancillarità, in cui “l’ancilla è serva, il suo ambito è quello del conflitto tra ciò che è e ciò che si ordina di raccontare”.
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