Per trovare un criterio che possa permettere la conoscenza dei fenomeni e studiare le relazioni sociali, è opportuno riferirsi al concetto di evidenza, non di facile definizione. Riscontrando l’etimologia del termine in uso, che deriva dal latino, evidentia, unione della particella“e” e “videns”, il verbo videre, il significato sarebbe: ciò che si vede in modo eccellente ed immediato. In un’altra accezione potrebbe essere: la proprietà di ciò che non suscita dubbi; la certezza, l’inoppugnabilità, l’indiscutibilità; ciò che può essere provato e dimostrato in maniera inconfutabile. Infine, si potrebbe associare all’idea della conoscenza, considerata al di là del principio delle verità indubitabili, nel rapporto tra mondo sensibile e mondo intelligibile, considerando la complessità sociale.
Tutto ciò porta a spaziare nella storia del pensiero, superando gli iniziali approcci che intendevano il processo della conoscenza affidato alla metafisica, quando si riteneva che il sensibile non permettesse di giungere a verità univoche. Platone contrapponeva sensibilità e razionalità: quest’ultima forniva le forme immutabili delle cose: le idee, preesistenti nell’intelletto umano, dotate di verità razionali. L’idea rappresenta l’universale, l’assoluto in rapporto con gli oggetti sensibili: nel triangolo, l’essenza è la triangolarità, che è un’idea, così come bellezza piuttosto che bello, bene e non azioni buone. La conoscenza si realizza attraverso: “sensazione” e “opinione” (sono gradi inferiori, perché basati sui sensi); “intelletto” e “ragione”. La ragione ha ancora presente l’immagine dei sensi, ed è allora l’intelletto a penetrare il mondo delle idee. Esso si attua nella dialettica, la filosofia per eccellenza. (1)
La concezione aristotelica attribuiva la caratteristica dell’evidenza a principi razionali, di indiscutibile verità, come il principio di non contraddizione e del terzo escluso. Il punto di partenza è la negazione della separazione tra “il mondo delle idee universali” e “il mondo degli oggetti individuali”. Ogni cosa esistente è composta di materia e forma: la sua sostanza, il reale, è materia e forma. Poi aggiunge, potenza e atto: la materia è potenza perché dà luogo a sostanze determinate, unendosi a questa o quella forma. Il legno è materia rispetto alla sedia, costruita con il lavoro del falegname, ma è forma rispetto all’albero, da cui è ricavato. Nel rapporto tra potenza e atto, l’atto è preminente, preesistente. Questo argomentare fa approdare alla forma pura che è Dio, motore del mondo, ma forma senza materia. Aristotele introduce quattro cause: materiale, formale, efficiente, finale. Qui giunge alla distinzione tra “conoscenza scientifica” e “conoscenza comune”. Quest’ultima è intuizione del dato sensibile; la prima tende a trovare la spiegazione degli esseri e si rivolge alle loro cause: se sono colte con esattezza abbiamo la verità. La conoscenza sensoriale è comunque alla base: la ragione, che è tabula rasa, prende le mosse dalla prima. Poi ci sono le definizioni di anima, in cui prevale sia il senso di percezione che di astrazione (se percepiamo il cavallo attraverso l’astrazione si realizza il concetto di cavallo), e così via … fino a giungere alla logica, a giudizi e sillogismi. (2)
Prendendo spunto da queste concettualizzazioni, si sviluppò in seguito il problema dell’evidenza calato nel contesto sociale: le verità evidenti furono associate ad alcune scienze, fondate sugli assiomi, proposizioni o principi, che forniscono il punto di partenza di un quadro teorico di riferimento. Siamo comunque nell’ambito della concezione legata a coerenza, indipendenza, completezza. (3)
Il concetto di evidenza è contenuto nel pensiero cartesiano che, descrivendo il metodo, lo pone come prima regola: “Il primo era di non prendere mai niente per vero, se non ciò che io avessi chiaramente riconosciuto come tale; ovvero, evitare accuratamente la fretta e il pregiudizio, e di non comprendere nel mio giudizio niente di più di quello che fosse presentato alla mia mente così chiaramente e distintamente da escludere ogni possibilità di dubbio”. Seguono poi: analisi, sintesi ed enumerazione (controllo di tutto, per essere sicuri di non aver tralasciato nulla). Qui chiarezza e distinzione sono importanti, poiché basta che ci sia il minimo dubbio su un oggetto o sulla validità di un’idea per considerarli falsi. Il dubbio è proprio lo strumento di verifica della certezza delle nostre convinzioni. (4)
L’evidenza, affidata alla facoltà intuitiva, con Kant ha un fondamento razionale che si esplicita nei giudizi analitici soggettivi, ma necessari e universali, “a priori”. Essi permettono di realizzare il processo conoscitivo, attraverso l’elaborazione del soggetto pensante che ha in sé delle “forme a priori” predisposte a ricevere i contenuti sensibili provenienti dall’esterno, che poi noi selezioniamo ed ordiniamo. (5)
L’evidenza scientifica trova in Brentano una legittimazione: la filosofia è una scienza e la verità è evidenza, secondo un approccio empirista e nel contempo analitico. Il filosofo trova applicazione alle sue tesi, attraverso il confronto con la teoria aristotelica e le categorie della filosofia cartesiana: lo spazio, il tempo, il continuo, la quantità e la qualità. (6)
Il problema è poi ripreso da Edmund Husserl che, partendo da Cartesio, si riferisce ai contenuti ideali, eidetici, nel momento in cui viene messo da parte il riferimento ai dati sensibili e alla soggettività psicologica. Per eidos si intendono le strutture invarianti degli oggetti dell’esperienza, caratteristiche dell’oggetto, la cui estensione è costituita dal corpo. Per cui è essenziale compiere un’indagine fenomenologica dell’esperienza. La filosofia deve essere però rigorosa per raggiungere criticamente un fondamento dotato di evidenza assoluta. Ciò si realizza partendo dal mondo, attraverso un atteggiamento costruttivo, fenomenologico, con l’assunzione di un atteggiamento riferito alla soggettività: non assumo il mondo che mi è dato in quanto essente, ma lo colgo come insieme di fenomeni che si danno alla coscienza. Si tratta di apprendere a guardare le cose nel loro costituirsi come fenomeni in relazione alle esperienze vissute (erlebnisse). (7)
Con il passar del tempo l’aspetto esperienziale è maggiormente riconosciuto: riflessioni critiche, prove, ricerca scientifica, formazione continua, tutto ciò conferisce significato al concetto di evidenza. Si potrebbe dire che, quando una è integrata in una rete di altre evidenze, con interpolazioni e inferenze, si può realizzare una conoscenza sempre più accettabile. (8)
Credo che sia interessante l’evidenza connotata con sistema, complessità ed infine relazione.
Edgar Morin sosteneva che va ricercata una funzione che integri l’osservato nell’osservazione, perché la vera conoscenza dialettizza il rapporto osservatore-osservato, sottraendo e aggiungendo. (9) Sarebbe la complessità, su cui occorre compiere uno sforzo epistemologico per conoscerla e comprenderla. E per fare ciò, c’è bisogno di un pensiero complesso e globale, un metodo che “contenga in sé il senso dell’irriducibile legame di ogni cosa con ogni cosa”. Morin offre alcune indicazioni sul come realizzare un pensiero aperto, globale e complesso: “Dobbiamo evitare ciò che definiamo razionalizzazione, cioè dei sistemi logici senza tuttavia alcuna base, alcun fondamento. Dobbiamo evitare la dogmatizzazione, cioè l’indurimento delle nostre idee, il rifiuto di confrontarle con l’esperienza. Dobbiamo abbandonare una razionalità chiusa (…) per dedicarci ad una razionalità aperta, in grado di conoscere i propri limiti e cosciente dell’irrazionalizzabile. Dobbiamo continuamente lottare per non credere a quelle illusioni che sono in grado di prendere la solidità di una credenza mitologica”. (10)
E il metodo sarà proprio il lavoro da svolgere in modo sistematizzato, in cui, come affermava Franco Ferrarotti, il ricercatore è soggetto attivo nella relazione che pone in essere, tenendo conto dei rapporti umani in una società. È importante un’indagine sociale a tutto campo, ponendo continui interrogativi che, sul modello weberiano, parte da una visione soggettiva dell’azione sociale, conforme ai criteri interiori dei soggetti agenti in relazione con gli altri, perché nella società le azioni dell’uno orientano l’azione dell’altro e lo fanno reciprocamente. (11) Max Weber aveva affermato: “L’azione è sociale nella misura in cui, in forza del significato che l’individuo, o gli individui le attribuiscono, essa tiene conto del comportamento degli altri e ne è a sua volta influenzata”. (12)
Per quel che riguarda il sistema, Ludwig von Bertalanffy delineò la sua teoria, applicata a diversi ambiti scientifici, come la cibernetica, la psicologia, la sociologia e la meccanica. Il sistema, dal greco lo “stare insieme”, è un’unità intera e unica, composta da parti in relazione tra loro e tendenti all’equilibrio, in cui l’intero risulta diverso dalla semplice somma delle parti e qualsiasi cambiamento in una sua parte influenza il tutto. Si introducono i comportamenti, i ruoli, le funzioni, la comunicazione, l’elaborazione dell’informazione, l’adattamento al cambiamento (auto-regolazione, auto-organizzazione e auto-mantenimento). (13)
Gregory Bateson ha offerto interessanti contributi, argomentando sui concetti di “relazione” e di “sistema”. La prime permette di comprendere il rapporto tra due o più variabili e di cogliere come, al mutare di certe condizioni esterne o di parametri comportamentali in un individuo o in un sistema, si possano determinare cambiamenti in altri individui o sistemi. Il concetto di relazione consente anche di superare l’ottica limitativa dell’aut/aut, in cui si devono sempre esprimere giudizi di certezza. (14)
Su questi presupposti intendo rilevare l’evidenza come ricerca, costruzione, creazione, attraverso analisi, studi e confronti, partendo dalla conoscenza del passato per creare il futuro. Per fare ricerca è essenziale l’impiego di tre categorie teorico-pratiche e metodologiche: 1) definizione; 2) conoscenza; 3) gestione. La definizione non è altro che formulazione delle ipotesi di lavoro, da verificare e puntualizzare nel tempo. Il problema della conoscenza, al contrario, è quello da specificare e da cogliere nel quadro di riferimento attuale e di reinterpretazione storica. Infine, è necessario coniugare “la memoria al divenire progettuale”, per far compiere quel processo legato alla costruzione di una società moderna ed efficiente (gestione). La ricerca è conoscenza relazionale con il coinvolgimento uomo/contesto di riferimento; la costruzione intende l’attività umana (soggettiva e oggettiva), che scaturisce dal rapporto individuo/società; la creazione si occupa delle azioni e delle capacità volte alla scoperta del nuovo. Tutto ciò rappresenta il centro delle riflessioni per analizzare i sistemi sociali complessi, utilizzando un metodo che privilegi un approccio critico-conoscitivo. (15)
Come sosteneva Franco Ferrarotti, la ricerca non è più una comunicazione ad una sola via (l’agente e chi subisce l’azione) ma è un “dialogo”, che tende a cogliere il punto di vista altrui” e mettere in discussione le proprie credenze e conoscenze. Nel lavoro è necessario porre la dovuta attenzione alla verifica dei dati rilevati, per realizzare una conoscenza che tenga conto del variare del comportamento in funzione delle situazioni ambientali e del comportamento degli altri. (16)
In sociologia, l’evidenza è determinata da azioni possibili e praticabili per favorire l’arricchimento del sapere teorico e tecnico, con l’intento di costruire un metodo che, saldando approccio fenomenologico e approccio strutturale, dia conto delle modalità più efficaci, ma non per questo più palesi, della riproduzione dell’ordine costituito.
Pierre Bourdieu ha guidato la costruzione dell’oggetto di ricerca, suggerito le soluzioni metodologiche più idonee, nonché fornito l’ispirazione per la messa a punto della strumentazione concettuale. Il suo approccio ha rilevato idispositivi che si attivano nellarelazione tra strutture oggettive e costruzioni soggettive.È l’attore sociale che opera nelle condizioni della riproduzione sociale, entro un sistema di relazioni: “è un sistema durevole e trasponibile di schemi di percezione, di valutazione e di azione, è una struttura strutturante che organizza le pratiche e la percezione delle pratiche, ma è anche struttura strutturata”. (17)
Un’ultima considerazione la affido alla sociologia relazionale, di cui Pier Paolo Donati è stato in Italia il maggior esponente. Se si parla di relazioni sociali, si pone il presupposto che “all’inizio c’è la relazione”, ossia che ogni realtà emerge da un contesto relazionale e genera un contesto di relazioni da cui si produce un terzo punto di vista. Diventa centrale il bene che non è più materiale, ma è una “realtà che soddisfi i bisogni umani”, un’entità che viene scambiata e circola tra le persone. (18)
Per Donati, il lavoro specifico della sociologia relazionale deve svolgersi entro quattro punti cardinali, secondo lo schema che Parsons riportò ne: “Il sistema sociale”, legato all’acronimo AGIL, ovvero: A, come Adaptation (adattamento); G, come Goal Attainment (raggiungimento degli obiettivi); I, come Integration (integrazione); L, come Latent pattern maintenance (mantenimento dei modelli latenti). (19)
Parsons utilizza il termine “socializzazione” come sinonimo del processo che consente ad un nuovo membro di far parte della società, acquisendo orientamenti comportamentali corrispondenti ai valori che la società custodisce. Ne: “La struttura dell’azione sociale”, introdusse l’azione esercitata da un attore (chi compie l’atto), un fine (verso cui è orientato l’atto), una situazione di partenza (da cui si sviluppano le azioni), un orientamento normativo (legato al sistema morale di quella società). Quest’ultimo aspetto (normativo) rappresenta la congiunzione tra individuo e società. (20)
La conclusione è che la teoria relazionale della società si sviluppa nell’ambito di: capacità di vedere la relazione; capacità di vedere il valore sociale aggiunto; capacità di vedere i bisogni umani; capacità di identificare i luoghi e i momenti in cui vengono prodotti e consumati i beni relazionali. Si tratta di valorizzare le relazioni di reciproco arricchimento tra attori liberi e responsabili che svolgono azioni riflessive e producono il welfare.
È l’evidenza da applicare agli interventi, attraverso la definizione di obiettivi congrui e praticabili, sperimentando ed adattando allo studio dei fenomeni i principi di relazione, creatività e ricerca del cambiamento sociale.
Note
- L. Geymonat, “Storia del pensiero filosofico e scientifico”, Garzanti, 1979, pp. 165-184. Cfr.: Platone, “La Repubblica”, in: “Tutti i dialoghi” a cura di F. Adorno, Utet, Torino 1988.
- L. Geymonat, cit., pp. 210-237. Cfr.: G. Reale, “Aristotele. La Metafisica”, Loffredo, 1968.
- Cfr.: N. Abbagnano, “Dizionario di filosofia”, UTET, Torino 1971; S. Tagliagambe, “L’epistemologia contemporanea”, Editori Riuniti, 1991.
- R. Cartesio, “Discorso sul metodo”, Aonia Edizioni, 2019, or. 1637, pp. 34-35. Anche in: R. Cartesio, “Opere”, Laterza, 1967.
- E. Kant, “Critica della ragion pura”, Utet, 1967, or. 1781.
- V. Fano, “La filosofia dell’evidenza. Saggio sull’epistemologia di Franz Brentano”, CUEB, 1993.
- E. Husserl, “Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica”, Einaudi 2002, or. 1913; E. Husserl, “La filosofia come scienza rigorosa”, Laterza, 2005, or. 1911.
- F. Nanni, “Un’evidenza è un’evidenza, è un’evidenza …”, https://psike.it, 26 febbraio 2021.
- E. Morin, “Lo spirito del tempo”, Meltemi 2017, or. 1962.
- E. Morin, “7 lezioni sul pensiero globale”, Cortina, 2016, pp. 113-114.
- F. Ferrarotti, “Opere. Scritti teorici 1 e 2”, Marietti 2019; F. Ferrarotti, “Opere. Ricerche 1 e 2”, Marietti, 2020.
- M. Weber, “Economia e Società” vol. I, Comunità 1980, p. 4.
- L. von Bertalanffy, “Teoria generale dei sistemi”, Mondadori, 2004, or. 1968.
- G. Bateson, “Verso un’ecologia della mente”, Adelphi, 1977, or. 1972; G. Bateson, “Mente e natura”, Adelphi, 1984, or. 1979.
- P. Martucci, “La scelta di ricocrea”, in: https://www.ricocrea.it, 7 Febbraio 2019.
- F. Ferrarotti, “Opere”, cit.
- Cfr.: P. Bourdieu, “Risposte. Per un’antropologia riflessiva”, Bollati Boringhieri, 1992; P. Bourdieu, “Il senso pratico”, Armando 2003; P. Bourdieu, “La logica della ricerca sociale”, Mimesis, 2019; P. Bourdieu, “Sistema, habitus, campo”, Mimesis, 2021.
- P. Donati, “Introduzione alla sociologia relazionale”, FrancoAngeli, 1986; P. Donati, “Sociologia della relazione”, Il Mulino, 2013.
- T. Parsons, “Il sistema sociale”, Ed. Comunità 1995, or. 1951.
- T. Parsons, “La struttura dell’azione sociale”, Il Mulino, 1987, or. 1937.
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