Il 5 febbraio del 1966 moriva a Kreuzlingen (dove era nato il 13 aprile 1881), uno dei massimi esponenti dell’analisi esistenziale e della psichiatria fenomenologica, Ludwig Binswanger, psichiatra, psicologo e filosofo svizzero (tale si definì verso la fine delle sue attività di ricerca), che trasse spunto da Heidegger e da Husserl ed applicò queste teorie alla salute mentale ed in particolare alla schizofrenia.
L’attualità del suo pensiero è legata alla relazione della psichiatria con l’esistenza e la sua storicità, mostrando lo stretto rapporto tra letteratura, poesia, arte e filosofia e costruendo un’epistemologia complessa ed attenta alle varie esigenze della società.
Per lui l’uomo è in relazione con le cose, gli oggetti della realtà in cui è gettato, che assumono significati e valori, ma che devono essere sempre colti in termini di possibilità. Rivolgendosi allo psicotico occorre rispettare il suo mondo e i suoi modi di essere: la fenomenologia e l’esistenzialismo saranno i presupposti per sostenere che “l’esistenza è la condizione stessa dell’essere e della conoscenza”.
Il suo intento è di costruire una psichiatria come “antropologia fenomenologica oggettiva”, in cui il metodo è fenomenologico e l’oggetto dell’indagine è la problematicità della condizione umana. Afferma che il malato e la persona sana fanno parte dello stesso mondo, anche se con modelli comportamentali differenti: le esperienze psicotiche non sono altro che modalità distorte di essere-nel-mondo, come disturbi che conducono a vivere in una condizione diversa dalla nostra quotidianità. Il nucleo centrale della sua impostazione intende la follia come intenzionalità significante, ed allora è necessario risalire alle essenze e fondare un metodo con una base scientifica (oggettiva) nel quale le esperienze psicotiche acquistano significato e orizzonti di senso.
Si distanzia da Freud perché la psiche dell’individuo non può essere mossa in modo esclusivo dall’Es e dalle sue pulsioni. Per Binswanger deve esserci qualcosa di più, ed allora è importante effettuare un’analisi epistemologica approfondita della psicologia, lasciando sfumati i confini fra psichiatria e filosofia, attraverso una visione totale dell’uomo fatto di corpo e di anima. Non esiste una storia di vita senza un organismo umano e viceversa: il corpo è (essere) e non ha (avere); la persona esiste nel suo “esser-ci per e con l’altro”, liberando la malattia mentale alla prospettiva che la vede come un accadimento naturale.
Binswanger attraverso Heidegger conduce un’analisi rigorosa e complessiva dell’uomo per permettergli di superare le dicotomie storiche “sano/malato”, “normale/anormale”, cercando di interpretare i dati come le risultanze di modalità della presenza, del suo manifestarsi o dispiegarsi, quindi del suo realizzarsi.
Parla di esistenza autentica, quando è legata ad un progetto, mentre è inautentica quando l’essere è limitato nella sua autonomia (mancanza di libertà, non essere indipendente dal mondo). L’elemento centrale è il fondamento l’“esistenziale a priori”: se lo si rispetta, si avrà la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità, riconoscendosi nell’esistenza che si conduce; in caso contrario si sarà deboli, non si svilupperanno i propri potenziali, e si vivrà con un senso di colpa perenne. Il processo di rapporto autentico si raggiunge quando le relazioni trascendono e oltrepassano la persona stessa.
Se la malattia mentale nasce quando la persona non riesce ad autodeterminare il proprio modo di essere, il rimedio si può realizzare attraverso l’amore che permette di trascendere il mondo in cui la persona si annulla e si abbandona; prendersi cura invece è il modo di oltrepassare il mondo “per propria causa”. È chiaro che la persona è da intendere al plurale (noi), che permette l’autorealizzazione come progetto da realizzare, persona da amare.
L’obiettivo del suo metodo consiste nel guardare alla sofferenza del malato, liberandosi dai pregiudizi per lasciare spazio ad un’osservazione del paziente, del suo linguaggio, della sua modalità di relazionarsi alle cose ed alle persone, nonché al senso che per lui assumono.
Uno dei concetti più interessanti è l’esaltazione fissata, quella che fa arrestare ed interrompere “l’autentica mobilità storica dell’esistenza”, e di conseguenza estranea dalla vita che conduce il paziente ad essere chiuso in un mondo ristretto e senza grandi progetti. La responsabilità del paziente, che non può comunque cancellare il suo fondamento esistenziale, consiste nell’impegno ad orientarsi ed assestarsi verso una nuova modalità di essere-nel-mondo, attraverso l’aiuto dello psicoterapeuta.
Per tutte queste ragioni, legate sia all’analisi ma anche alla prospettiva, sono interessanti i contributi di questo pensatore, portato soprattutto alla riflessione teorica, che rappresenta un punto di riferimento per tutti coloro, non solo medici, ma anche filosofi che si interrogano sul tema della “cura”.
Alcune indicazioni bibliografiche:
- L. Binswanger, “Essere nel mondo”, Astrolabio, 1973.
- L. Binswanger, “Il caso di Suzanne Urban: storia di una schizofrenia”, Marsilio, 1994.
- L. Binswanger, “Sulla fuga delle idee”, Einaudi, 2003.
- L. Binswanger, “La guarigione infinita. Storia clinica di Aby Warburg”, Neri Pozza, 2005.
- L. Binswanger, “Per un’antropologia fenomenologica. Saggi e conferenze psichiatriche”, Feltrinelli, 2007.
- L. Binswanger, “Il caso Ilse. La follia come storia vissuta e come malattia mentale”, SE, 2009.
- L. Binswanger, “Il caso Ellen West”, Einaudi, 2011.
- L. Binswanger, “La psichiatria come scienza dell’uomo”, Mimesis, 2013.
- L. Binswanger, “Melanconia e mania. Studi fenomenologici”, Bollati Boringhieri, 2015.
- L. Binswanger, S. Freud, “Lettere 1908-1938”, Cortina, 2016.
- L. Binswanger, “Daseinsanalyse psichiatria psicoterapia, Cortina, 2018.
- L. Binswanger, “Tre forme di esistenza mancata. Esaltazione fissata, stramberia, manierismo”, SE, 2020.
- L. Binswanger, M. Foucault, “Sogno ed esistenza”, SE, 2020.
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