Il nome febbraio deriva da februare, purificare, in onore del dio etrusco Februus, dio della morte e della guarigione dalla malattia. Nella mitologia romana, divenne Febris, la dea preposta alla febbre; mentre il dio Februus è purificazione, in quanto si riteneva che i sintomi della piressia fossero un processo di ripulitura del corpo.
Le festività coincidevano con i Lupercalia, dedicati sia al dio Fauno che alla dea Febris: le divinità confuse sopravvissero durante il Cristianesimo nel culto di Santa Febronia, venerata il 14 febbraio.
Considerando febbraio quale ultimo mese dell’anno legato al freddo, il re Numa Pompilio stabilì che si celebrassero i riti funebri in onore dei Mani, le anime dei defunti. I Feralia ricorrevano il 21 febbraio; si ricordano anche i Februalia, il 24 febbraio, detto giorno sesto che precedeva di sei giorni le Calende di marzo, ponendo fine all’anno ed auspicando che la rinascita, con l’avvento della primavera, fosse propizia.
Da metà gennaio, si ricordava Giunone. Il rituale prevedeva che le donne vagassero per le strade con fiaccole accese simboleggianti la purificazione della città. L’accostamento è alla Candelora in cui, nelle chiese, era consueto portare le candele accese. Papa Gelasio I, pontefice tra il 492 e il 496, abolì i Lupercalia sostituendo queste feste con la purificazione di Maria, il cui cerimoniale era centrato sulla processione con candele benedette; poi esse venivano conservate in casa per allontanare il male, proteggere il focolare e propiziare buoni raccolti.
I Lupercalia erano un omaggio al dio della fecondità Lupercus o meglio Luperca, moglie del pastore Faustolo, antico dio latino collegato con il lupo sacro a Marte, comunque riconducibile al Dio Fauno. I Lupercalia si svolgevano dal 13 al 15 febbraio e si associavano alla purificazione, come tutte le ricorrenze svolte nel mese.
Come riporta Ovidio, si trattava di mettere in rilievo il sacrificio, la fertilità, il passaggio dei giovani all’età adulta.
La cerimonia proposta prevedeva l’uccisione di alcune capre; poi due giovani venivano toccati sulla fronte con il coltello sporco del loro sangue; il tutto era infine pulito con un po’ di lana inzuppata nel latte. I giovani, i Luperci, sincreticamente intesi come mescolanza di capro e lupo, scoppiavano a ridere e a correre nudi, verso il luogo in cui erano stati allattati dalla lupa, ricoperti di strisce di pelle di capra. Colpivano tutte le donne che incontravano. (M. Bettini, a cura di, “Il sapere mitico”, Einaudi, 2021, p. 32)
Questo rito riconduce ad un’antica leggenda.
Romolo e Remo nudi si lanciavano all’inseguimento di alcuni predoni che avevano rubato il loro bestiame, durante la festa in onore di Fauno. Il primo guidava i Quintili; mentre i Fabi erano comandati da Remo che, dopo aver recuperato gli animali, festeggiò al campo con un banchetto. Al ritorno Romolo, che aveva visto primeggiare il fratello, scoppiò in una risata. (M. Bettini, cit.)
Il tutto è poi connesso ad un altro racconto.
Si tramanda che quando le donne romane erano sterili, Giunone, la dea purificatrice, consigliò il loro congiungimento con un capro per ridare la fecondità. Tra il terrore generale, un indovino suggerì di immolare il capro, ricavare corregge (fruste) dalla sua pelle e colpire le donne, per riportarle alla fertilità. (A. Cattabiani, “Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno”, Rusconi Libri, 1988”, pp. 133-135)
Si deve considerare che Faunus, onorato nell’antica Roma con feste, è il caprone e i giovinetti sono sottoposti al rito di passaggio: all’inseguimento dei predoni dimostrano il coraggio ed acquisiscono lo status di adulti.
Ad ogni modo, si può dire che a febbraio si percepisce già il risveglio della natura.
I Sassoni lo chiamarono il “mese del fango”, segno del disgelo in corso e della terra che riprende vita. Nella tradizione celtica questo periodo era legato alla triplice Dea Brigit, divinità del fuoco, della tradizione e della guarigione. Era il più difficile periodo dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno cominciavano a scarseggiare; ed allora, i segni che annunciavano il ritorno della primavera erano accolti con uno stato d’animo che oggi si fa fatica ad immaginare. Il culto di questa dea era talmente forte nell’area germanica che la chiesa non poté che tramutarla in Santa Brigida, attribuendole gli stessi poteri.
Nella vita agraria è un mese di riposo dal lavoro nei campi; solo verso fine febbraio, se il tempo lo consente, si possono iniziare i lavori di potatura degli alberi da frutto. Se l’annata agraria non era stata buona, la vita poteva essere difficile: vi erano poche verdure fresche, verze, radicchi, cavoli, mentre tra la frutta si potevano trovare mele, pere, noci, castagne, nespole e poco altro.
Febbraio è anche il mese del Carnevale: carnem levare, togliere dalla carne, il giorno precedente la Quaresima, in cui si faceva astinenza. Qualcuno sostiene che significa anche carnem più vale, dove vale era il saluto latino con cui ci si congedava; per cui carnem vale significherebbe, appunto, “carne addio, ciao carne”. Si parla poi carrus navalis, una specie di carroccio su ruote portato in occasione delle processioni delle feste. Si tratta del periodo di festa, diffuso nei paesi di tradizione cristiana, in cui si usa mascherarsi e fare scherzi, che intercorre tra l’Epifania e il mercoledì delle Ceneri, e che precede il periodo di digiuno ed astinenza quaresimale con l’esclusione della carne dai pasti.
I caratteri della celebrazione del carnevale hanno origini antiche: le dionisiache greche o i saturnali romani. Durante queste feste si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza. Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l’ordine costituito, che però in seguito riemergeva rinnovato fino al carnevale successivo.
In alcuni rituali, il tempo e l’ordine del cosmo, sconvolti nella tradizione carnevalesca, vengono ricostituiti (nuova Creazione) con un “processo”, una “condanna”, la lettura di un “testamento” e un “funerale” del carnevale (un fantoccio), che spesso viene bruciato o decapitato.
Dalla tradizione popolare:
FEBBRAIO
(è un uomo di bassa statura vestito da straccione)
“Io so’ Frèvaro curto e amaro,
ventotto juorni è lu mese mio.
Re tutti io so’ lu meglio e lu peggio,
ra capo m’aggia fa passà cocche sfregio.
E si a Frèvaro nun ti porti buono
tengo a fràtemo Marzo che punisce a tutti!
Ma si lu mese mio fosse justo
facesse gelà lu vino int’a la votte”.
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