A volte le immagini dicono più di tante parole, specie quando sono dirompenti, drammatiche, insensate. Sono le immagini di quello che Repubblica ha titolato, oggi 6 luglio 2022, nell’edizione di Napoli: “Ecomostro”, dando un rilievo importante ad un vero e proprio scempio.
La notizia è che a Velia-Ascea, ai piedi dell’area archeologica, un edificio religioso diventerà un resort di lusso. Una vecchia struttura fatiscente, degli anni sessanta, utilizzata dalla Diocesi di Vallo della Lucania per accogliere studenti e gruppi di preghiera, vede ora un progetto di riqualificazione che prevede la trasformazione in un’enorme opera turistica, con 149 camere, un parco giochi, una piscina, un campo di calcetto e un campo da paddle.
Per offrire qualche informazione culturale utile, la città fu fondata nel 540 a.C. dagli abitanti di Focea, una poleis greca dell’Asia Minore, conquistata dai Persiani. Quel popolo realizzò sul promontorio l’Acropoli, alta più di cento metri, che si sporgeva per oltre mezzo chilometro nel mare. L’abitato che si sviluppò rapidamente aveva una cinta muraria fortificata di 9 chilometri di perimetro. Si munì poi di 6 roccaforti poste in un raggio di 20 chilometri dalla città. Così protetta, Elea infine poté dedicarsi al commercio: possedeva una grande flotta mercantile che trasportava grano in tutto il Mediterraneo occidentale. Fu in seguito grande polo culturale dell’antichità: la scuola eleatica ricoprì un ruolo importante nella storia della filosofia, ed i suoi principali esponenti furono Parmenide, Zenone e Melisso di Samo. Parmenide, il filosofo più famoso, nacque e visse in città tra il 510 e il 435 a.C. circa.
In questa terra oggi si intende negare quel passato così prestigioso, di cui l’area archeologica continua a rappresentare importante memoria.
Quando accadono questi eventi, al di là delle possibili congruità legali, regolamentari e legate ad autorizzazioni più o meno concesse, resta sempre l’enorme impressione di una iniziativa che è deleteria per una zona, patrimonio naturale, ambientale, storico, culturale e archeologico.
Molti si chiedono se non sia questa l’area del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, dove ci sono vincoli che rendono bello e piacevole il paesaggio; che non sia questa la naturale vocazione di quello che dovrebbe essere “turismo culturale”.
Ed ancora, mi domando se non sia ormai superato il tempo di un turismo selvaggio e di consumo, differente dalla cultura, che al contrario permetterebbe di ascoltare ancora i silenzi del tempo antico, i sussurri dei filosofi che hanno fatto la storia di questo territorio.
Non credo si possa negare il danno che si fa a quest’area e al suo passato, che va rispettato e tutelato. Creare tante camere e tanti rumori non fa che allontanare il Cilento dalla sua più evidente caratteristica: quella di una terra che è del suo territorio e ne condivide sogni, suoni e silenzi.
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