Pubblico le note introduttive al volume di Emilio La Greca Romano “D’amore e passione” (BookSprint Edizioni)
Leggo le poesie di Emilio La Greca Romano e parto dall’assunto che la poesia occorre ascoltarla senza cercare di capirla, interpretarla, perché il verso è immediatezza, e poi occorre rispettare il senso dell’opera, il lavoro dell’autore. Nonostante ciò, avverto la curiosità di manifestare un’idea del lavoro, perché ragiona di amore in tutta la sua straordinaria, gioiosa e drammatica profondità.
Mi accorgo subito che si tratta di una raccolta molto ben costruita, mettendo in rilievo l’amore coniugato in una serie infinita di variazioni. C’è l’amore che è mosso, suscitato dalla passione, quella soprattutto amorosa, o si lascia dominare dalla stessa. L’amore è un sentimento di unione intensa e coinvolgente, una dinamica affettiva che intreccia la vita e l’anima di due esseri umani, li fonde e li trasforma in un’unica entità in azione e in contemplazione. Qui entra in gioco l’amore passionale, in cui predominano forti sia attrazione fisica che amore, sentimenti predominanti in una relazione, che spesso si incastrano alla perfezione creando un grande amalgama privo di alcuna ragione.
Stendhal nel suo celebre libro: “Dell’amore”, indica diversi tipi di amore: amore fisico, amore gusto, amore vanità e amore passione. Su quest’ultimo aspetto sintetizzo: a) attrazione irresistibile; b) fantasia e immaginazione; c) attesa di essere ricambiati; d) piacere di coinvolgimento di tutti i sensi; e) convinzione della perfezione dell’altro; f) dubbi/certezze di essere riamati.
Sono tutte le infinite emozioni che suscita la passione.
Contrapposto ad esso c’è l’amore razionale, definito come sentire e pensare allo stesso tempo. L’ideale è che sia un sentimento reciproco, permettendo a passione e ragione di convivere, ma anche equilibrato, armonico, giusto, bilanciato, un sentimento dove hanno particolare rilievo l’attrazione sessuale, il desiderio, l’eccitazione, le emozioni.
Ma poi c’è anche dell’altro legato alla passione: è l’attrazione per i luoghi, le idee, il pensiero, il volare tra passato e presente, il ricordo e le memorie. Tutto ciò si trova nelle liriche di Emilio La Greca Romano, in cui l’amore è passione e ragione. Se pensiamo alla poesia: “Amore e Psiche”, troviamo tanto di legato alla bellezza, quella del corpo di una donna, ma anche i ricordi di luoghi, tuffi nelle acque e vaghe memorie di montagna.
Alcuni esempi sono esplicativi sul rapporto dell’autore con l’amore: Di nostra scanzonata giovinezza, / nelle tradizioni inseguite, / mai spezzata memoria, eravamo (“Eravamo”); Corpi, / musicali corde, / avvolti in baci / luminosi, / senza tinta, / acromatici eterni, / fatti sale d’onda, / d’un moto / turbante labbra / e anime, / fino all’umida rena / e composti, / stesi, / nei perimetri / dei pensieri d’amore, / come giorno / che s’apre, / tutto d’una luce / che sconfina (“Fatti giorno, d’una luce che sconfina”).
Il poeta in questa raccolta evoca a tratti amore puro ed affidato alle emozioni, agli struggimenti, alla voglia di immaginare senza possedere. A tratti si nota invece la passione, la viva esperienza dell’estasi e della voglia di avere un corpo: Faccio l’amore coi tuoi occhi, / col tuo corpo diviso e intero, / coi tuoi pensieri, / con la tua storia, / con le tue ansie, / coi tuoi bisogni, / col tuo scrigno segreto, / con le tue ricchezze, / con le tue povertà. / Faccio l’amore / col tuo respiro / che tocca il respiro, / con l’anima tua / che possiede e posseggo (“Anima tua”).
Da un lato possiede l’anima, dall’altro il corpo, un amore completo senza alcuna voglia di ragione. I pensieri sono altro rispetto alla riflessione, limitazione, fermarsi di fronte all’impossibilità di avere; essi vagano, immaginano, vogliono, ma non si fermano di fronte alla razionalità delle scelte.
Per dire che il poeta è altro dalle forme razionali di vivere, è altro dall’esecuzione della pura ragione che si confronta con la società in cui si è immersi. Eppure, l’autore non trascura i temi attuali: “Guerra di grano”, in cui si confronta con la guerra, sarebbe da leggere e rileggere nella sua interezza. Cito solo un passaggio: E bastavano mummie di monaci ortodossi / di Pečers’ka Lavra, / quelle morti che spettano anche agli stranieri. / Non credevamo nell’altezza delle grida / di sangue e morte, / negli occhi di terrore di bianca agonia d’infanti.
Amara è anche la riflessione sulla decadenza del nostro tempo, riprendendo la filosofia: Stiamo nel declino della polis, / come poeti convertiti filosofi, / coi principi alti della lontananza. / In ombre mutevoli di conoscenze sensibili / entro mito d’uomini cavernosi, / nell’errore d’ombra della mente umana, / tutta sensi e apparenze (“Il mito della caverna”).
Eppure, magari affidandoci alle sensazioni e limitandoci alle bellezze della natura: A rischio, in equilibrio precario, / godiamoci nel sole ballerino pulsante / senza pensiero (“Rischio”).
Proseguendo in tal senso, Emilio La Greca Romano dedica al suo paese natale gli ultimi versi di “Barlume d’una speme”: Marina stende e posa pace, felice affinità, / resistenza d’avvento d’un giorno nascente, / nell’aria diffuso chiarore nuovo; oppure esprime analoghi temi attraverso la poesia: “Terra e paese”. In altra parte, si occupa della storia del Cilento in versi, partendo dalle origini (“Oggidì la terra ancor selvaggia”); successivamente traccia l’immagine del cilentano, quello che rappresenta l’identità di una terra: Un desinare di rozzo pane bagnato di vino. / A fiasco bocche larghe ed arse. / Fatica affievolisce verde età e possanza. / Monaci fanno pregevole frutta stagionale. / Deliziamo d’olive e secca carne a far di Cicerone. / Mani di terra ignorano lussi necessari. / Col poco si campa d’allegria. / Vergine natura parla al cuor eloquente. / Fatica solca rughe al viso e astro di fuoco invecchia. / Di buona tempra il cilentano. / Dolce natura e ospitalità amica della terra / espone al sole, / ci tiene radice antica. / Oggi siamo di luoghi visitati, / ricordo di terra vergine e selvaggia, / povera, umile, gentile (“Di buona tempra il cilentano”).
Lo sconfinamento nella cultura e arte è presente nelle liriche: “A Ribeira su musica di fado”, oppure: “Notte stellata di Van Gogh”; mentre di fronte alla fragilità della natura, allagamenti, disastri, la terra vive il suo triste autunno ed attende l’inverno freddo nero e senza amore. Ed allora non ci si può che affidare ai versi: Ascoso portiamo Urlo di Munch, / impietosa azione a truculenta natura. / E dolore che s’apre nascosto, pulsa nelle vene, / assume viscere e fragile mente, / ove si nascondono ciechi punti sensibili intoccabili. / Debole terra del cuore, Urlo di Munch, / respira solitudine e disperazione” (“Urlo di Munch”).
Gli esempi servono a considerare la passione per la vita, una vita vissuta tra amori, ricordi, alti pensieri e considerazioni. Anche se, non dobbiamo scordarcelo, l’emozione permette di far vagare la fantasia nella creazione di un amore aspirato ma anche avuto, forse nelle forme alte, evocatrici della bellezza, dell’amore, dei sogni e delle aspirazioni: Lasciatemi sospeso / ai silenzi delle notti, / nei giorni infuocati di sole, / traccia di vissuto, / resistenza / d’un amore senza tramonto (“Amore senza tramonto”).
La donna è desiderata alla stregua dello stesso paesaggio: bellezza contrapposta a bellezza, passione a passione, fantasia che si dipana nella sfera delle emozioni, dei sentimenti, degli stati d’animo. Prendendo la poesia: “Al mare pozione d’anima e d’eterno”, si nota prima una sorta di estasi e abbandono alla passione: Sto entro magia di tua selva, a fluidità, / a piacere, a sprofondata goduria larga, / con effusioni di lingue lucenti d’un bacio, / il vibrare di corde / nel vento composto, / tenue, di lungo suono, misurato d’altezza; ma subito dopo il sublimare dell’amore completo si sposa con tutto ciò che è intorno: Scenderò per trovarti al mare d’inverno, / a vasta distesa profonda del tuo petto / e stringerò le labbra sulla tua pelle sale, / succhierò latte di mammelle, aspirando, / ingerendo, terrò pozione d’anima e d’eterno / d’amore curveremo nel giorno di vento salso, / abiteremo quiete e tempesta macchiati / di sole e pace, faremo passionali attese d’albe.
Amore passionale, contrapposto ad amore contemplativo. Una delle poesie più belle a mio avviso è: “Quanto s’amano gli albatros”. Riporto: Albatro reale, maratoneta dei cieli, / in solitaria eleganza torna / per isole infaticabile a suo trascorso volteggiare, / con forza d’apertura alare / e incline a marine correnti, / gonfio e teso per pienezza d’umore, / come tuo capezzolo nella mia mano.
È difficile trovare una traccia univoca nella poetica di La Greca Romano, che in tante occasioni ha preferito fare una commistione di generi, di sentimenti, di sensazioni. L’unica certezza è accomunare le forme di bellezza che si sviluppano nel rapporto tra uomo e natura. Aggirarsi di notte o all’alba, quasi furtivo, nei luoghi non significa voler fuggire da una passione, ma soprattutto voler senza tante persone assaggiare il sapore di tutto ciò che ci circonda, e farlo aprendo l’animo alla migliore accettazione.
Avevo notato anche in precedenti liriche questa commistione di immagini ed emozioni: a dire il vero entrambe sono trattate con grande acume e apertura, conducendo il lettore nella rappresentazione quasi filmica, perché oggi si pensa e si lavora molto con le immagini. I fotogrammi proposti vedono un uomo aggirarsi in cerca d’amore, poi pago si allontana, lasciando il corso degli eventi al loro destino. E si incammina gustando il bello dell’esistenza, senza troppe note stonate, senza pensieri ossessivi e ribelli.
Pasquale Martucci
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