La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico (Paestum, 27-30 ottobre 2022, XXIV edizione), nel racconto del patrimonio culturale del territorio ha presentato uno studio sui megaliti del Monte Stella e di Torraca, che costituiscono tracce importanti della nostra identità ed andrebbero valorizzati per l’estensione delle aree e per la ricchezza del patrimonio storico-archeologico.
La Borsa del Turismo è una mostra internazionale di tecnologie multimediali, interattive e virtuali, con l’obiettivo di valorizzare Parchi e Musei Archeologici e promuovere il turismo storico-culturale, in una provincia che include due siti riconosciuti dall’UNESCO quali Patrimonio dell’Umanità: la Costiera Amalfitana e il Parco del Cilento e Vallo di Diano. Nel territorio, un altro bene culturale immateriale è costituito dalla Dieta Mediterranea.
L’iniziativa è promossa dalla Regione Campania, dalla Città di Capaccio Paestum e dal Parco Archeologico di Paestum e Velia; è patrocinata dal Ministero della Cultura, dal Ministero del Turismo, dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dall’Anci. Infine, è riconosciuta quale best practice di dialogo interculturale dalle organizzazioni governative internazionali della cultura e del turismo di Onu, Unesco e Unwto.
Durante i quattro giorni della manifestazione, si possono visitare stand ed esposizioni di enti, associazioni ed istituzioni, nazionali ed internazionali, assistere alle varie conferenze e dibattiti che hanno quale intento la promozione e la valorizzazione del turismo culturale.
Tra gli eventi, la Provincia di Salerno, nell’ambito della XXIV edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, ha organizzato, giovedì 27 ottobre 2022, la Conferenza dal titolo: “Chiamata alle arti: il racconto del patrimonio culturale delle Province”. Si tratta del “racconto della bellezza”, che include lo straordinario patrimonio culturale rappresentativo dell’identità del territorio e del legame delle comunità locali con le proprie origini. Questa provincia connette costa, borghi ed aree interne, con una offerta turistica e culturale molto suggestiva, con il Museo archeologico di Salerno, l’Area archeologica etrusco sannitica di Fratte, il Castello di Arechi, il Museo archeologico della Lucania occidentale, il Museo archeologico di Nocera Inferiore.
Uno spazio del 27 ottobre è stato dedicato al gemellaggio con la Corea del Sud, attraverso uno studio sul megalitismo nel Cilento a confronto con i megaliti della Corea, attraverso la presentazione del libro dal duplice titolo: “I Megaliti nel Cilento tra storia, mito, tradizione, leggenda” e “I Megaliti di Gochang. Patrimonio UNESCO”. Il volume è stato curato da Francesco Scianni e Kichul Lee. Per quanto riguarda il Cilento, gli scritti sono di Flaminia Arcuri, Antonio Capano, Pasquale Fernando Giuliani Mazzei, Luigi Leuzzi, Domenico Ienna, tutti studiosi del territorio e delle dinamiche legate alla ricostruzione di una storia attraverso le tracce del passato, rappresentate da megaliti rinvenuti sul Monte Stella e a Torraca.
Si tratta di scavi che andrebbero valorizzati per l’estensione delle aree interessate e per la ricchezza del patrimonio storico-archeologico.
Sul Monte Stella si trovano senza soluzione di continuità le evidenti tracce murarie di un grande centro preistorico megalitico, formato da un sistema di insediamenti crinali in sequenza sulla dorsale sommitale e collegati dalle cinte e da una fitta rete viaria preistorica, controllata dalle propaggini insediative fino ai porti ed approdi sulla costa o sulla valle del fiume Alento. Il sistema fortificato di questo centro, con le sue rupi ortostatiche, i suoi muri di monoliti sagomati ad incastri poligonali, i monumenti megalitici e le incisioni rupestri dai motivi ancestrali, tutti perfettamente orientati verso i punti cardinali, risalenti al III millennio a.C., interessava l’intera dorsale compresa tra i 650 ed i 1131 metri di quota, in una posizione fortemente strategica che dominava le vie di comunicazione.
Per quanto riguarda Torraca, è verosimile che l’insediamento tardoeneolitico sia stato costruito in molti decenni, o secoli, e che l’area più antica sia sul poggio centrale (Hh.3, m. 642 s.l.m.), circoscritta dalla prima cinta, a pianta rettangolare, tra l’ingresso settentrionale e quello meridionale, affacciato sul golfo di Sapri, ambedue orientati al solstizio d’inverno.
I megaliti presentano forme e strutture diverse, anche se è possibile individuare due tipologie fondamentali: il dolmen, caratterizzato da due o più pietre verticali e una orizzontale posta come architrave, la cui realizzazione è collocata nell’arco di tempo che va dalla fine del V millennio a.C. e la fine del III (pare che la sua etimologia sia legata a due parole bretoni: t(d) aol, forse apparentato con il latino tabulum, tavolo, e men, pietra); il menhir, un masso grezzo o appena sbozzato, conficcato nel terreno, una struttura formata da due o più pietre verticali, su cui poggia in orizzontale un’altra pietra piatta. Quest’ultimo termine sembra derivare dal bretone: men e hir, pietra lunga, grandi parallelepipedi che potevano raggiungere anche più di venti metri di altezza, come il Grand Menhir di Locmariaquer. Una loro funzione era di antenna di ricevimento delle informazioni che il cosmo inviava per poi distribuirle sulla terra; un’altra era di raccogliere le informazioni energetiche che giungono dalla terra ed inviarle al cielo. Nel caso del dolmen, la sua funzione era legata alla pratica della sepoltura, risalente all’epoca neanderthaliana, ma anche a quella del riconoscimento del luogo dei morti, come spazio sacro, che stabiliva la particolare vicinanza al divino.
Luigi Leuzzi, uno degli autori del volume sul megalitismo nel Cilento, si occupa di percorsi mitopoietici che intendono ritrovare la propria identità nei simboli e nelle corrispondenze eidetiche più recondite di questa antica terra. Sostiene che nel Cilento come nelle sub-regioni contigue dalla Lucania occidentale ed orientale ed inoltre nella Calabria settentrionale “è prevalsa la tendenza a realizzare degli pseudo dolmen: a partire da elementi litici sagomati in maniera peculiare si è provveduto a smussarli, a modanarli per assemblarli in complessi monumentali allo scopo culturale o al fine di realizzare veri e propri candelabri litici”. Servivano inoltre per misurare le stagioni e determinare il momento propizio per la semina ed il raccolto, fondamentali per la sopravvivenza delle comunità cerealicole.
Se le costruzioni cilentane sono diverse da quelle rinvenute in Bretagna, in Spagna o in Palestina è perché in queste regioni il megalitismo è risultato essere l’espressione di conoscenze e tecniche raffinate e veicolate da comunità numerose. Del resto, l’entità demografica esigua delle nostre comunità o il diverso grado di civiltà raggiunto per l’isolamento orografico e geomorfologico non hanno consentito altre espressioni significative, anche se “sul piano spirituale ed etno-culturale hanno svolto le stesse funzioni e non temono affatto una comparazione sul piano simbolico e comunitario”.
Il megalitismo in questo territorio è presente sotto una forma mitica, la quale meriterebbe, da parte della ricerca archeologica ufficiale, una maggiore attenzione equiparabile a quella dedicata ai reperti di piccole dimensioni ritrovati nel tempo.
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