Il filosofo si è occupato di relazione, del rapporto uomo/mondo, del passaggio dal passato al futuro: idee interessanti e molto attuali per affrontare le esigenze di una società in mutamento.
Di recente ho ripreso, attraverso la lettura del numero monografico di “Chora – Laboratorio di attualità, scrittura e cultura filosofica”, il pensiero del filosofo Enzo Paci, con riguardo alla fenomenologia relazionistica. Inizialmente il pensatore era esistenzialista, anche se la sua teorizzazione è stata sempre indirizzata alla relazione, intesa come condizione di esistenza di tutti gli avvenimenti che costituiscono il mondo. L’io, sosteneva, si conosce come esistenza finita ed empirica in rapporto ad altre esistenze, anche se attraverso la conoscenza la condizione dell’uomo è da intendere come personalità morale, soggetto di scelta etica. Passò da: Tempo e relazione (1954), a: Dall’esistenzialismo al relazionismo (1957), dove è chiaro l’interesse verso l’aspetto relazionale, per connettere con la società di oggi in cui l’uomo entra in contatto non solo con altri uomini, ma anche con il mondo esterno, quello che Husserl definiva: mondo-della-vita (labenswelt). (1)
Trovo interessante questa posizione, che contiene varie interrelazioni per cercare di realizzare proprio l’interesse dell’uomo verso la vita vissuta in continuo contatto con l’ambiente e tutte le sue componenti complesse. Nel sistema di Paci, la forma non è mai definitiva e ogni questione risolta pone sempre nuovi problemi: si tratta di un continuo progresso, dal passato al futuro. In caso opposto, non seguendo il progresso e arrestandosi a un ordine più basso si realizza immoralità e male.
La fase relazionistica di Paci è in sostanziale continuità con il ritorno a Husserl: si tratta di una radicalizzazione dei temi dell’esistenzialismo positivo intorno a cui si definisce l’unitarietà della sua filosofia. “Io sono l’uomo che ha in sé il mondo … non da solo ma con tutti gli altri … in relazione con tutti i soggetti”. Oltre affermava: bisogna con tenacia riprendere la ricerca, correggersi, ritrovare in se stessi “il senso della verità, il telos del mondo”. Attraverso il relazionismo, delinea una filosofia “sensibile ai problemi dell’esistenza”, ma sempre incompiuta, in corso, diffidente della verità assoluta. È una “fenomenologia relazionistica”, il ritorno alle cose stesse. (2)
Il filosofo è stato uno dei primissimi studiosi italiani a promuovere in Italia la conoscenza della fenomenologia di Husserl e la sua diffusione, inserendola in altre opzioni filosofiche degli anni sessanta e settanta del novecento, come l’esistenzialismo e il marxismo, ma soprattutto influenzando in senso antipositivistico e relazionistico altri ambiti disciplinari, tra cui le scienze naturali, la psiconalisi, la letteratura e le arti, la musica e l’architettura.
La fenomenologia si basa su alcuni concetti: scienza contemplativa, apofantica (nella ragione si rivela l’essere), rigorosa (perché fornita di fondamenti assoluti), intuitiva (coglie le essenze delle cose anche attraverso la percezione sensibile), non-oggettiva (prescinde da ogni fatto o realtà e si rivolge alle essenze), soggettiva (l’analisi della coscienza fa riferimento all’io come soggetto unificante di tutte le intenzionalità costitutive), scienza dei primi principi (la coscienza contiene il senso di tutti i modi possibili in cui le cose possono essere date/costituite). Già essa denota le tante intersezioni e correlazioni epistemologiche.
Edmund Gustav Albrecht Husserl è il fondatore della fenomenologia. Egli ha individuato la filosofia come scienza a priori, ponendo tra parentesi l’esistenza di una realtà esterna al soggetto per permettere di cogliere l’essenza dei fenomeni. Già agli inizi del novecento, prende in lui consistenza l’idea di una filosofia come scienza autonoma e rigorosa (3): la fenomenologia è quella filosofia che propone l’intenzionalità come strumento privilegiato di analisi, in cui la coscienza è una coscienza di, che implica un correlato. L’esperienza per essere determinata significativamente, essere cioè formulata in proposizioni universali e necessarie, deve rinviare a un eidos, ad un’intuizione che parte dall’individuale. Mettendo il mondo tra parentesi (epochè) e attuando una riduzione fenomenologica si può giungere ad un’evidenza tale da non poter essere rifiutata.
Per Husserl, occorreva considerare la storia personale e collettiva che rappresenta il nuovo punto di partenza di un metodo fenomenologico (4); inoltre (5), affermava la necessità di partire dalla natura, dal mondo come una serie di fatti ovvi, che permettono alla conoscenza di raggiungere fatti oggettivi e indiscutibili. Ciò si può fare con un atteggiamento costruttivo, fenomenologico, con l’assunzione di un atteggiamento riferito alla soggettività. Si tratta di apprendere a guardare le cose nel loro costituirsi come fenomeni in relazione alle esperienze vissute (erlebnisse), anche se il programma di Husserl è di tornare alle essenze stesse delle cose. È grazie alla riflessione che ogni vissuto (erlebnis) può essere colto ed analizzato, differenziato. Il filosofo introduce il “soggettivismo trascendentale” (6), che riguarda le esperienze vissute e i momenti di vita della coscienza e trova evidenza nell’io trascendentale (idealismo trascendentale). Di fronte alla questione dell’essere-nel-mondo di Heidegger, Husserl pone il mondo-della-vita. La critica è alle scienze contemporanee, che prescindono dall’azione del soggetto quando effettuano l’indagine scientifica. (7)
Dalle concettualizzazioni di Husserl, si può passare alle argomentazioni di Enzo Paci. Quando si parla di “cosa stessa”, intesa come proposizione del linguaggio che sta nella “permanenza di ciò che è significato e espresso”, ma anche “ciò che è intuito”, significa che la forma di un’espressione deve essere riempita da una intuizione, che possa cogliere qualcosa di permanente: oggetti, figure, essenze. Senza la visione delle figure essenziali “il discorso logico sarebbe privo di significato”. Da ciò, Paci che vede la vita che si esprime, vede, coglie, intuisce. Una sintesi potrebbe essere: “l’intenzionalità è la visione degli oggetti intuiti ideali”, che presuppone anche figure irreali e immaginarie. (8)
Occorre tuttavia considerare che si tratta di una coscienza che opera proiezioni e la filosofia è “lo studio delle visioni proiettate dalla coscienza, dalla vita fluente, concreta della coscienza”. La conclusione è che senza visioni, schemi visivi, figure, immagini, non c’è fenomenologia, filosofia, intesa come descrizione delle essenze, intenzionate dalla coscienza, delle esperienze vissute (erlebnisse). Le erlebnisse di Husserl sono una formula conoscitiva, o atto teoretico, che Paci definisce atto totale, organico, atti relazionati, legati da una relazione di momenti intenzionali. Si tratta di un lebenswelt, mondo-della-vita, che è viva, che non è mai la stessa, che intende proiettarsi al di là di se stessa, di trascendersi. Ogni esperienza è in relazione con le altre, è un processo, “che tende a trascendersi e a ri-interpretarsi”. La filosofia relazionistica è un modo di vedere, è fenomenologia dei processi in relazione, che agisce nel tempo per trovare nuove relazioni possibili. (9)
Stefano Zecchi rileva il problema della soggettività in Paci, il rapporto tra operare soggettivo e mondo esistente. Anche ciò passa da Husserl, la cui fenomenologia è “la scienza della generale costituzione dell’oggettività nella coscienza trascendentale”. Si riferisce ad oggetti di ordine superiore, teoretici, valutativi e pratici. Paci racchiude descrizione, soggettività, intersoggettività, riduzione fenomenologica, tempo, come temi in relazione: è la dimensione del soggetto concreto che si realizza nell’incontro con l’altro; è la riflessione dell’uomo sulla propria storia, la critica culturale; è la “restituzione all’uomo della propria soggettività” per liberarlo dalle maschere che indossa e per guardare all’orizzonte della vita. (10)
Se la riflessione filosofica di Paci parte dalla consapevolezza del negativo, della mancanza come base e nucleo iniziale dell’esistenza umana, il filosofo sostiene tuttavia che anche il negativo si riflette nella soggettività: non possiamo avere un’idea di società se non in funzione del nostro punto di vista. Questa posizione però pone delle limitazioni, in quanto ognuno si rivolge all’alterità, al confronto con l’altro. L’io in confronto con l’altro realizza un processo forte e orientato se il soggetto si impegna a stringere relazioni.
In Paci si sviluppò dunque un pensiero che egli stesso definiva relazionismo, in cui alla base dell’esistenza c’è proprio la possibilità di attivare relazioni, e dunque progettualità, perché la vita può essere orientata dalla consapevolezza e dal continuo impegno intellettuale di ricerca di senso, che si traduce nell’esercizio dell’epochè. Questo concetto è importante in quanto conduce a valutare il rifiuto di tutte le categorie di pensiero date o utilizzate, perché qualunque giudizio è parziale, soggettivo. È la continua ricerca dell’originario, della verità, di una verità ulteriore che si annida nel mondo, negli altri, negli oggetti, nei luoghi, in tutto ciò che forgia la nostra esistenza. Una verità che l’uomo può cercare, e che si annida nel percorso stesso di ricerca e riflessione, e soprattutto nella capacità di creare relazioni autentiche. La relazione è per Paci qualcosa di dotato di un profondo significato esistenziale, perché la relazione prescinde i due soggetti che la intrecciano: è un concetto nuovo, terzo, che è tanto più significativo quanto più i soggetti sono disposti a farsi mutare consapevolmente da essa e dal lavoro di riflessione che ne segue. La relazione va cercata, coltivata, resa e mantenuta continuamente autentica, anche se conflittuale. (11)
Particolarmente interessante risulta l’idea del tempo e della temporalità. Incontriamo una stretta connessione tra la concezione del tempo interiore e quella che per Paci è la legge morale costitutiva dell’esistenza. Il tempo è collocato come movimento che torna al passato dopo essersi spinto fino alla dimensione dell’avvenire. Il futuro dell’uomo, così, è “l’orizzonte aperto che apre tutti gli orizzonti”, oltre che luogo di libertà. (12)
In conclusione, è la rilettura di Husserl in una nuova chiave, con al centro il “mondo della vita”. Del resto, l’esistenzialismo, diceva Paci, aveva ormai acquistato “un carattere decisamente fenomenologico con Merleau-Ponty, il quale da un lato ci riconduce a una più positiva valutazione dell’eredità filosofica di Husserl e dall’altro caratterizza l’esistenzialismo come una filosofia della relazione”. (13)
Note:
- Cappuccio M., Sardi A., a cura di, Dossier: Enzo Paci. Il filosofo, la vita, la cultura, in “Chora – Laboratorio di attualità, scrittura e cultura filosofica”, Anno V, n. 11 – maggio 2005. Tra le opere di Enzo Paci, cfr.: “Dall’esistenzialismo al relazionismo”, D’Anna, 1957; “La filosofia contemporanea”, Garzanti, 1957; “Diario fenomenologico”, Il Saggiatore, 1961; “Tempo e verità nella fenomenologia di Husserl”, Laterza, 1961; “Relazioni e significati”, Lampugnani Nigri, 1965-1966; “Idee per una enciclopedia fenomenologica”, Bompiani, 1973; “Fenomenologia e dialettica”, Feltrinelli, 1974
- Sardi E., Enzo Paci: La fenomenologia dei processi in relazione, in Chora, cit., pp. 63-64.
- Husserl E., La filosofia come scienza rigorosa”, Laterza, 2005, 1911.
- Husserl E., Introduzione all’etica, Laterza, 2019 (lezioni all’Università di Friburgo nel 1920 e 1924).
- Husserl E., Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, Einaudi, 2002, 1913.
- Husserl E., Meditazioni cartesiane, Armando, 2001 (lezioni del 1929, pubblicate nel 1931).
- Husserl E., La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il Saggiatore, 2015 (conferenze del 1935, in un volume pubblicato postumo nel 1954).
- Sardi E., in Chora, cit., p. 64.
- Ivi, 65-66.
- Zecchi S., Presenza di Enzo Paci nella crisi della cultura contemporanea, in Chora, cit., pp. 31-34.
- Dossier: Enzo Paci. Il filosofo, la vita, la cultura, in Chora, cit.
- Moscati G., L’esistenza che diventa filosofia. Per una rilettura dell’opera di Enzo Paci, in Chora, cit., p. 41.
- Neri G.D., Paci e Merleau-Ponty. Una testimonianza e qualche riflessione, in Chora,, p. 50.
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