Attraverso la raccolta e la consultazione di fonti archivistiche e documenti a volta inediti, Generoso Conforti, ormai da tempo, si dedica alla ricostruzione della vita di alcune famiglie che hanno dato rilievo al territorio. Ripercorre la loro storia, compone alberi genealogici per permettere al lettore di districarsi nei secoli e nelle dinamiche familiari, riporta foto antiche e propone così un passato che altrimenti andrebbe dimenticato. Fornisce stimoli per riflettere sulle tradizioni e gli usi di un tempo e delineare il senso di quelle comunità. I suoi studi attestano come nei secoli gli uomini e le donne del nostro territorio hanno cercato di progredire ed evolvere da una condizione contadina per acquisire un posto più elevato nella scala sociale.
Conforti si occupa in questa circostanza della famiglia Pacella, che nel corso dei secoli alcuni discendenti hanno modificato in Pacelli, il cui nome deriva da “pace”, ed indica stirpi e popolazioni pacifiche, tolleranti. Riscontri poi sono riconducibili a Pacellus, “pax coeli”, artefice di pace. Trova documenti a partire da Balvano, Valvano, per poi approdare a Postiglione: si tratta di diramazioni di un unico ceppo che vede un’origine addirittura nel XIV secolo. Tra i due centri c’erano rapporti molto stretti, essendo Balvano un punto di congiunzione tra il Principato Citra e la Basilicata. Pare che i legami risalgano ad Enrico, primogenito di Ruggero Sanseverino I conte di Mileto, che nel 1365 ereditò queste terre.
Insieme all’autore, Domenico Bellachioma ha contribuito a riprendere a Postiglione le connessioni con sua madre Ida Antonietta Pacella, e dunque rilevare il ramo postiglionese della casata, riportando gli appunti di un suo zio e pubblicando il libro: “Raccolta documenti famiglia Pacella (1839-1949), 2022.
Entriamo nelle argomentazioni del volume. Conforti parte dunque da Balvano, un centro immerso nei boschi e delimitato da burroni ed altre asperità, circondato dai torrenti Santa Caterina e Marrazzo. Significa “fundus Balbani”, un terreno rustico appartenuto ad un Balbus. Il centro risorge ai tempi dei Normanni, come terra di confine di Principato Citra. Solo nel 1816 è aggregato alla provincia di Potenza; in precedenza era collegato al comprensorio degli Alburni, attraverso un ramulus della via consiliare Regio-Capuam (la via Popilia). È evidente il passaggio tra Balvano e Postiglione, senza transitare per il Vallo di Diano.
I più antichi documenti del legame tra queste terre risalgono dunque al figlio di Ruggero Sanseverino, Enrico. Negli anni a venire i due paesi segnano diversi passaggi feudali, di cui l’autore rende conto nel libro. Il primo riscontro dei Pacella è riferito a don Pietro, nel XIV secolo. Nel cinquecento, alcuni componenti furono sacerdoti e costruirono cappelle di cui rivendicarono lo jus patronato. Tra i più illustri personaggi di questa famiglia c’è stato il vescovo Alfonso Pacella (1630-1702); in seguito altri ricoprirono le cariche di notai, giudici, legali, vescovi. Ad ogni modo, quella casata ha costituito un ceto dirigente che si è distinto nella vita religiosa e civile. L’autore ricostruisce alcuni alberi genealogici a partire dal 1450, con varie diramazioni: dal vescovo Alfonso Pacella, ai notai Francesco e Fabrizio Pacelli, ad altri rami particolarmente estesi della famiglia.
Per fare un esempio concreto di ciò che ha rappresentato questa famiglia, l’autore riporta notizie del palazzo Pacelli nel centro storico di Balvano (XVI secolo), un ampio edificio con a pianoterra un cortile, un ampio locale con in fondo un enorme camino, un’antica cappella. Ai piani superiori, ancora una cappella, diverse stanze con camini in pietra e mobili di pregio.
L’incrocio tra Balvano e Postiglione è attestato da un matrimonio tra Gian Domenico Accarino e Caterina Pacella, di cui si ha notizia con l’atto di battesimo della figlia Giovanna Antonia (1644); un altro matrimonio è documentato tra Giovanni Pacella e Caterina Perrotta, il 2 agosto 1645, con la nascita di due figli. Giovanni che proveniva da Balvano si trasferì a Postiglione per affari e trovò la sua fortuna. Altri balvanesi negli anni seguenti fissarono la loro dimora nella località alburnina. Quel Giovanni Pacella sposò in seconde nozze Marta Cennamo ed ebbe altri tre figli, che diedero vita a varie linee di discendenza. Ricoprirono ruoli di responsabilità amministrative e con il passare delle generazioni raggiusero un importante rilievo economico e sociale. Poi ci furono combinazioni di matrimoni che assicurarono privilegi e prestigio; nella seconda metà del settecento un Pacella divenne sindaco.
Conforti riprende tutti i nuclei familiari. Se inizialmente i Pacella erano anche bracciali, dunque famiglie che partono dal basso e sono dedite all’agricoltura e all’allevamento, con l’ottocento le condizioni mutano, portando alcuni della famiglia tra gli eleggibili a cariche pubbliche. Giorgio Pacella partecipò ai moti del 1820 e 1848; anche il fratello Luigi si distinse per attività patriottiche; Giovanni ricoprì incarichi prestigiosi e completò la residenza in corso Vittorio Emanuele a Postiglione, destinata ad ospitare più nuclei familiari. In seguito, molti Pacella emigrarono nelle Americhe ed altri si distinsero nella prima e seconda guerra mondiale.
Domenico Bellachioma narra la storia di Giovanni Pacella (1815-1891) e del figlio Alfonso (1850-1929). Il primo acquistò molti terreni e consolidò la natura imprenditoriale della famiglia con una rete di interessi economici e politici. Il figlio sarà uno dei più illustri abitanti di Postiglione.
Lo studio si chiude con il ritratto di personaggi che sono conosciuti per l’impegno civile e religioso ed anche per doti artistiche: Vincenzo Pacella è un poeta; Nicola Pacella è considerato eroe di guerra; Tonino di Nicola Pacella e Tonino di Luciano Pacella si sono particolarmente distinti. Ci sono infine: Loretta Pacella e Antonio Pacella. Anche in questo caso, l’autore ripropone alberi genealogici ed appendici fotografiche e documentarie.
Il lavoro di ricerca storica di Generoso Conforti, con quest’ultimo volume continua a riproporre storie di famiglie che si sono distinte ed hanno dato un importante contribuito alla crescita civile ed economica del territorio. Si tratta di studi capillari, attraverso documenti di particolare interesse, che solo l’abile capacità e perizia di uno storico può proporre per la conoscenza del territorio e a vantaggio delle generazioni future.
Pasquale Martucci
Molto interessante. Questi studi e pubblicazioni, orami sistematici piuttosto che occasionali, vanno costituendo una sorta di archivio territoriale del Cilento e dei suoi dintorni, facendo perdurare su di essi una rischiarante attenzione scientifica. In tal modo, è come se un torrente di conoscenza e autocoscienza vivificasse luoghi troppo a lungo silenti nella solitudine.
Grazie Sergio. Rilievi importanti i tuoi.