L’Associazione storico – culturale, “Progetto Centola”, in collaborazione con il Gruppo
“Mingardo/Lambro/Cultura”, sabato 22 aprile 2023, ore 17:00, presenta il volume di
Pasquale Martucci
“DEL CILENTO E DEL SUO GENIUS LOCI. Epistemologia di un territorio tra tradizione e cambiamento”
Susil Edizioni, febbraio 2023
Moderatore
Angelo Perriello (Esperto di cooperazione territoriale ed internazionale);
Interventi:
Antonella Casaburi (Scrittrice);
Antonio Di Rienzo (Studioso di cultura e tradizioni cilentane);
Bianca Fasano (Giornalista);
Luigi Leuzzi (Studioso di mito-archeologia, antropologo);
Ezio Martuscelli (Presidente Associazione “Progetto Centola”)
È prevista la presenza dell’autore.
L’incontro, si terrà a distanza sulla piattaforma Googlemeet.
Per partecipare cliccare sul seguente link
http://meet.google.com/xuv-pvgw-dqe/
Il libro è disponibile nel catalogo dei libri in commercio, nelle librerie e sui principali store online nazionali (Amazon.it, laFeltrinelli.it, Mondadori, ecc …).
Di seguito, un brano tratto dal volume: “Del Cilento e del Genius Loci”
Parte Seconda – Miti e forme rituali
Storie e credenze
Per studiare il Cilento, non si può non considerare la comunità rurale, partendo dalle radici della vita quotidiana, dalla cultura contadina. Qui si trovano le idee e le concezioni del mondo che investono i grandi temi che vanno dalla morte al rapporto uomo/Dio, all’imitazione del mondo animale, alla visione mitico-fantastica.
In tal senso, la “cultura materiale” ha avuto un fecondo rapporto con l’immaterialità, con la superstizione e il fatalismo. È proprio da quel Genius loci che si può scorgere il senso reale delle cose ed al tempo stesso l’immaginazione, l’irreale, il fantastico. Questa asserzione trova nell’immaginario collettivo l’idea di una comunità che vive in sé e rinsalda i suoi valori.
A proposito di immaginario, nella seconda metà del novecento, l’antropologo Gilbert Durand aveva indirizzato i suoi studi sulla ricomposizione di razionale e reale, considerando l’uomo in un confronto continuo con le sue origini ancestrali, la “dimensione dinamica” del mito. Lo stare insieme sarebbe un sentimento di appartenenza e il reale sarebbe possibile nel confronto con irreale, fantasmi, sogni, miti e simboli, che strutturano e danno forza alla vita sociale.
(…)
Durand si muove fra psicologia, sociologia e antropologia, poiché intende disegnare una tipologia dell’immaginario che possa avere una complessa funzione simbolica. L’archetipologia intende percorrere le dinamiche relazionali fra l’uomo e l’ambiente. Ed è questa la chiave di volta della sua metodologia quando afferma: “esiste una genesi reciproca che oscilla dal gesto di pulsione all’ambiente circostante materiale e sociale, e viceversa”. Il ritorno all’immaginario soppianta il pensiero calcolatore, economico, per approdare a quello iconico, attento al qualitativo. È un pensiero meditativo, ovvero la “memoria collettiva come fondamento della vita sociale”. Il dovere della memoria, come sostrato delle società, che determina le modalità di comportamento, lo stare al mondo individuale e collettivo, essere in-comune, che restituisce importanza al corpo, ai sensi, al sensibile. L’immaginario è il passaggio dal progressismo devastante ad una condizione più in accordo con la natura. È il momento dove la ragione diviene sensibile.
Si tratta di una sorta di continuità fedele alla tradizione, dove le modalità dell’essere si radicano nell’avvenire, “il dovere della memoria assume un percorso mitodologico”, le fantasie dell’immaginario sono vissute “come gli archetipi che ridanno forza e vigore alla vita di tutti i giorni”. Durante le fasi nascenti delle culture, i momenti fondanti di ciò che diventa civilizzazione sono gli “emblemi”, che uniscono pensiero e sentire. È dai sensi che si accede all’intelletto che è infinito. E l’immaginario permette di passare dal visibile (sensi) all’invisibile (mente). È a partire da: immagini, immaginazione, immaginario, immaginale, che si crea la vita individuale e collettiva.
(…)
Questa è stata sempre la sfida dell’uomo del sud: una continua lotta per sopravvivere in contesti non sempre ospitali, con la speranza di affermare una vita meno precaria e più dignitosa. Le storie di vita ricalcano le scene e definiscono le modalità di narrazione del loro vissuto, sovente fatto anche di accettazione di un mondo che non è stato sempre benevolo. Un mondo in cui la precarietà e i disagi in parte vengono rimossi, per far emergere i ricordi della ricchezza della vita comunitaria, le immagini che illustrano la famiglia, gli affetti, le amicizie. Si tratta di persone che hanno la certezza dei valori della cultura di riferimento e che, pur riconoscendo i disagi, pongono in rilievo i ricordi positivi della loro giovinezza.
I cilentani, come in genere i contadini del mezzogiorno, vanno dunque compresi non solo attraverso le categorie (spesso abusate) dell’arretratezza e del disagio. Queste ultime segnano le persone e le spingono ad agire nella ristrettezza e nella precarietà, ma non sono tutto: gli uomini, cresciuti in quel tipo di cultura, di territorio e ambiente, reagiscono ed accettano il loro mondo, fatto di solidarietà, di socialità, di materialità. Ed allora cantano e raccontano, ridono e scherzano e vivono i momenti di festa, di divertimento. Forse non possono fare altro, ma addirittura rimpiangono i tempi andati ed affermano di preferire la vita di allora a quella di oggi. Il loro è un mondo diverso, che permette di affermare una identità e una cultura, di esplicitare la loro esistenza.
Indice del volume:
PREMESSA
INTRODUZIONE
Per un’epistemologia del territorio
PARTE PRIMA
STORIA E CULTURA
Le origini di una cultura
Il potere feudale
Il declino del territorio
La religiosità popolare
PARTE SECONDA
MITI E FORME RITUALI
Miti e riti
Il calendario rituale: dalla morte alla rinascita
Il calendario rituale: la vita materiale
Storie e credenze
PARTE TERZA
COMUNITÀ E TERRITORIO
Comunità, cilentanità
Le risorse del territorio
Le espressioni festive
Le manifestazioni territoriali
CONCLUSIONE
I soggetti nelle comunità
Note
Fonti bibliografiche
Notizie sull’autore Pasquale Martucci:
Sociologo, iscritto ANS (Associazione Nazionale Sociologi) e ricercatore (perfezionamento in metodologia della ricerca qualitativa). Formatore, didatta e docente in discipline sociologiche, antropologiche, cultura e tradizioni popolari, comunicazione, marketing, mediazione e counselling.
Attività di ricerca. I suoi interessi riguardano: identità, comunità e vita quotidiana; feste, manifestazioni e forme rituali; tradizioni, religiosità e cultura popolare; epistemologia dei sistemi e della complessità. Svolge da più di trent’anni ricerche nel territorio del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, con un approccio metodologico che studia le relazioni dell’individuo nella società, partendo dalla dimensione storica ed approdando alle interazioni tra individuo e comunità in una società complessa ed in rapido cambiamento.
Da alcuni anni pubblica scritti e documenti riguardanti sia gli aspetti teorici ed epistemologici che le ricerche realizzate nel territorio cilentano su questo sito.
Pubblicazioni sul Cilento:
- (1997) “Identità cilentana e cultura popolare”, CI. RI. Cilento Ricerche, Fornelli C.to (SA), in collaborazione con A. Di Rienzo.
- (1998) “Società, comunità e nuove generazioni”, Comune di Montecorice (SA), in collaborazione con A. Di Rienzo.
- (1999) “Il sacro e il profano”, Edizioni Studi e Ricerche, Agropoli (SA).
- (2000) “Re frasche re Santu Liu”, Ed. Arci Postiglione, Salerno.
- (2001) “Le feste ritrovate. Uno studio sociologico sulle feste religiose nel territorio del Cilento e del Vallo di Diano”, Il Postiglione, A. XIII N. 14 – giugno 2001, pp.211-239.
- (2001) “Identità e cilentanità. I metodi qualitativi applicati allo studio della cultura popolare. Il personaggio Giancristo”, Annali Cilentani, A. VII N. 2 – luglio-dicembre 2001, pp.79-108.
- (2002) “Comunità e identità. Zié Grazia e zié Pasqualina a Castelcivita”, Il Postiglione, A. XIV N. 15 – giugno 2002, pp.253-292.
- (2004) “Il Cilento tra cultura e linguaggio alimentare. Una ricerca a Roccadaspide”, Annali Storici di Principato di Citra, A. II N. 2 – luglio-dicembre 2004, pp.72-95.
- (2005) “Le comunità cilentane del novecento”, Ed. Arci Postiglione, Salerno.
- (2007) “La vita quotidiana e il senso della cultura popolare cilentana”, Annali Storici di Principato Citra, A. V N. 2 – luglio-dicembre 2007, pp. 151-179.
- (2008) “Cilentanità”, Ed. Arci Postiglione, Salerno.
- (2009) “Le feste, le credenze e i riti”, Il Postiglione, A. XXI N. 22 – giugno 2009, pp. 205-216. (2009) “Cilentanità. Riflessioni”, “Rassegna Storica Salernitana”, n. 52, dicembre 2009, pp. 133-137.
- (2011) “Memorie rituali. Le feste, le manifestazioni e le rappresentazioni identitarie nelle comunità del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni” (in collaborazione con A. Di Rienzo), Il Postiglione, Anni XXII-XXIII, numeri: ventitre-ventiquattro – giugno 2011, pp. 271-284.
- (2013) “Recìa mamma mia … Le espressioni della cultura popolare nella ricostruzione antropologico-sociale di una comunità del novecento” (in collaborazione con A. Di Rienzo), Il Postiglione, Anni XXIV-XXV, numeri: venticinque-ventisei – giugno 2013, pp. 223-240.
- (2018) “Comunità in festa. Forme e significati degli eventi festivi nel passaggio dal noi comunitario al noi relazionale. Una ricerca su alcune manifestazioni cilentane”, Il Postiglione, Anni XXVI-XXX, numeri: ventisette-trentuno – giugno 2018, pp. 259-290.
- (2022) “Digressioni in tema di identità nel Cilento”, in https://www.nationaldailypress.it/, 25 dicembre 2022.
- (2023) “Del Cilento e del suo Genius Loci”, Susil Edizioni, Carbonia (SU).
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