“Mi abbandono alla convinzione fiduciosa che il mio conoscere è una piccola parte di un più ampio conoscere integrato che tiene unita l’intera biosfera”. (Gregory Bateson)
In: “Verso un’ecologia della mente” Gregory Bateson afferma: “Benvenuti nelle molteplici visioni del mondo. La civiltà ha costruito diversi modi di conoscere il mondo: combinando le visioni di molteplici vissuti del mondo aumenta la visibilità del pensiero”.
Gregory Bateson è stato un biologo, un antropologo, il fondatore di una cibernetica applicata alle scienze umane, l’iniziatore delle ricerche della Scuola di Palo Alto (MRI), uno scienziato non accademico, il pioniere del pensiero ecologico evolutivo. Ma è stato, soprattutto, un intellettuale isolato che si è occupato della relazione tra evoluzione biologica e processi mentali e dell’epistemologia della sintesi tra mondo naturale e mente umana.
Credo che nella società attuale il suo contributo, a quasi 120 anni dalla sua nascita (9 maggio 1904), sia ancora attuale, specie se inserito nella complessità del mondo in cui è essenziale il rapporto che si definisce tra uomo e natura, attraverso tutte le dinamiche legate alle differenze.
Iniziò con alcune ricerche sul campo. In: “Naven”, 1936 (le edizioni successive sono del 1949 e del 1958), studia la cerimonia Naven tra il 1931 e il 1933, presso la popolazione Iatmul del fiume Sepik in Nuova Guinea. Nel volume: “Caracter balinese”, 1942 compie una ricerca documentaria e fotografica realizzata a Bali tra il 1936 e il 1938. Altro lavoro è “Cybernetics”, il titolo del programma di ricerche della Macy Foundation tra il 1946 e il 1953.
Bateson subisce l’influenza di alcune correnti di pensiero: il modello cibernetico, quello di Wiener, che cerca di applicare a sistemi diversi da quelli matematici; la Teoria Generale dei Sistemi (TGS) è quella di Bertalanffy: “il sistema è un insieme di elementi che interagiscono tra di loro e con l’ambiente circostante”; infine, la Teoria dei Tipi Logici, elaborata da Bertrand Russell.
Nel 1954 si occupa del gioco: si attivano meccanismi di comunicazione e metacomunicazione, interazione tra i soggetti che partecipano (contesto e relazione); nel 1956 realizza: “Verso una teoria della schizofrenia”, in cui sostiene che essa è una patologia della comunicazione in un sistema familiare: il doppio vincolo è una comunicazione distorta e paradossale. Infine, scrive i due capolavori: “Verso un’ecologia della mente” (1972) e “Mente e natura” (1976). La prima è un’antologia di scritti di Bateson, in cui emergono i celebri motti: l’organismo-nel-suo-ambiente; la struttura che connette; la mappa non è il territorio. La sua epistemologia è compiuta: Bateson parla di unità di mente e natura: “la mente non contiene cose ma informazioni sulle cose”. Infine, è da citare il libro scritto dopo la morte di Bateson dalla figlia Marie Cristine: “Dove gli angeli esitano”, che contiene gli ultimi sviluppi del suo pensiero che si costruiva nella sua attività di conferenziere.
Negli anni cinquanta del novecento, Bateson aveva cercato di definire una nuova epistemologia. Si occupò del sistema e dei numerosi fattori interferenti che operavano in maniera “circolare”. In tal modo, superò l’approccio lineare e causale per spiegare gli avvenimenti. Osservando le interazioni tra gruppi distinti ma in relazione tra loro, concludeva che c’erano pattern di comportamento più differenziati rispetto a ciò che sarebbe accaduto in assenza di interazione. È importante il concetto di cibernetica intesa come retroazione, circolo, e le connessioni che si instaurano sono attivate attraverso le forme di comunicazione.
Per Bateson la mente è: un circuito cibernetico totale che elabora l’informazione e completa il procedimento per tentativi e errori. Non si tratta di affermare il “pensiero sistemico” ma il “pensare sistemico”, attraverso un metodo che si occupa di “generare ipotesi” per spiegare fenomeni che appaiono “curiosi e non facilmente spiegabili”, in evoluzione, sempre aperti e suscettibili di revisioni. La mente per Bateson è una sintesi originale formata da menti individuali (gerarchie di sottosistemi) e una mente più vasta (sistema) che è la dimensione familiare e sociale. L’individuo è un “organismo, complesso e flessibile, nel suo ambiente”. Ma anche l’ambiente è flessibile: l’individuo ha una capacità adattiva in grado di modificare l’ambiente, ma è anch’esso adattabile; partecipa ad un nodo, una rete di relazioni significative in equilibrio tra stabilità e cambiamento; interagisce con realtà sempre nuove che richiedono nuove definizioni.
Ma come si realizza la conoscenza?
Bateson partì dall’asserzione che “le informazioni sono differenze che creano differenze”. In tal senso la mente può strutturarsi procedendo dai rilievi e dalle differenze che vengono distinte nel mondo reale, considerato come un territorio da mappare. Queste differenze producono nella nostra mappa mentale dei segni, nuove differenze che debbono a loro volta essere classificate. Tutta la realtà vivente appare fondata su un equilibrio dinamico di relazioni che si confrontano per integrarsi in dimensioni più articolate.
Queste continue connessioni, che mettono in relazione e organizzano in sistemi le differenze sempre secondo nuove gerarchie, sono veri atti creativi.
Afferma: “Ci sono differenze tra il gesso e il resto dell’universo. All’interno del pezzo di gesso, per ogni sua molecola, ci sono infiniti numeri di differenze tra la posizione e le posizioni in cui ogni molecola si sarebbe potuta trovare; da queste infinità noi scegliamo un numero limitatissimo che diviene informazione. In effetti ciò che intendiamo per informazione (per unità elementare di informazione) è una differenza che produce una differenza”.
Questo concetto è la combinazione tra ciò che esiste e l’intervento di un evento che dà luogo a possibilità di scelte tra più alternative: se interviene cioè una differenza rispetto all’evento dato, si dà luogo a diverse alternative che non sono indifferenti dalla situazione che le ha generate, ma rappresentano un mutamento verso “molteplici, possibili e differenti direzioni”.
Ma vediamo in cosa consiste il concetto di “differenza” di Bateson. Per discernere tra le informazioni che si presentano occorre far intervenire il contesto, che può dare significato al “rumore” un tempo considerato in termini solo di “riduzione”. Nell’idea di Bateson il rumore è inteso come “sensibilità” e “creazione” ed allora l’informazione è rappresentata come “differenza che crea differenza”: ovvero la combinazione tra ciò che esiste, l’intervento di un evento che dà luogo a possibilità di scelte tra più alternative.
Riportiamo un esempio: se accade un evento si crea una differenza, ovvero la possibilità di evoluzione attraverso possibili alternative. Le alternative non possono essere totalmente indipendenti dalla situazione che le ha generate, ma rappresentano, per il fatto di esistere, la presenza di un mutamento verso molteplici, possibili differenti direzioni. È importante la “capacità di rispondere alle differenze”, considerare i sistemi di tipo molto diverso e di vederne le somiglianze, i pattern ricorrenti.
In “Mente e natura”, Bateson elenca quelli che definisce “criteri di mente” che operano insieme e consentono di risolvere “il problema mente-corpo”. Tutta la realtà vivente appare fondata su un equilibrio dinamico di relazioni in perenne rimaneggiamento, su sempre nuove demarcazioni, informazioni, differenze organizzate che si confrontano per integrarsi in dimensioni più articolate.
Ma torniamo ai “criteri di mente” attraverso una serie di affermazioni: una mente è un aggregato di parti o componenti interagenti; l’interazione fra le parti della mente è attivata dalla differenza; il processo mentale richiede un’energia collaterale; il processo mentale richiede catene di determinazioni circolari (o più complesse); nel processo mentale gli effetti della differenza devono essere considerati come trasformate (versioni codificate) della differenza che li ha preceduti; la descrizione e la classificazione di questi processi di trasformazione rivelano una gerarchia di tipi logici immanenti ai fenomeni.
Bateson conclude, affermando che questi criteri permettono di distinguere i “fenomeni del pensiero” dai fenomeni chiamati “eventi materiali”.
Il nuovo approccio introdotto si interroga su un individuo che non può essere isolato in sé, dal contesto, ma identificato nella sua rete di relazioni. Il problema cioè passa dalla linearità casuale alla circolarità, al rapporto “individuo-ambiente”. Sulle differenze, l’esempio prodotto si riferisce a cane/sasso: se dai un calcio ad un sasso, puoi prevedere ciò che accadrà in base alla forza che imprimi e alla grandezza dell’oggetto (siamo in un legame essenzialmente causale); nel caso del cane tutto diventa più complesso e deve essere necessariamente ricondotto alla interazione possibile. All’azione del calcio necessariamente c’è una risposta del cane, che però nessuno è in grado di prevedere (scapperà?; reagirà con un morso?; si accascerà a terra e si lamenterà? … ed altre possibili ed imprevedibili mosse).
Queste argomentazioni fanno compiere un passaggio di non poco conto: si tratta di prestare attenzione alla relazione in cui emergono le dinamiche sociali. I meccanismi di feedback, di retroazione, permettono all’organismo di scambiare informazioni tra le parti che costruiscono le relazioni. Se la cibernetica di “primo ordine” studiava le modalità di funzionamento dei sistemi considerati separatamente dall’osservatore esterno, che entra in gioco solo per definire lo scopo del sistema stesso, in quella di “secondo ordine” fu introdotta l’interazione tra osservatore e osservato, con l’osservatore interno al sistema, da parte di Von Foerster che scrisse il libro: “Sistemi che osservano” (1987). Qui è in gioco ciò che Bateson aveva definito “organismo nel suo ambiente”, ovvero che la conoscenza si realizza nel rapporto con il mondo esterno, con la costruzione soggettiva, con la responsabilità del soggetto delle sue azioni.
Siamo in clima post-moderno (Lyotard, 1979 e Rorty, 1981), in cui l’epistemologia promuove il dialogo sociale in cui si manifesta il prevalere della solidarietà e della democrazia rispetto all’oggettività. Queste intuizioni vengono a collegarsi con l’ermeneutica di origine heideggeriana (1927) e con il radicalismo filosofico di ispirazione nietzschiana, accomunati dalla critica nei confronti della oggettività. Un altro riferimento importante è Husserl che intende una conoscenza che non può avvenire fuori dall’individuo. Attraverso continue epochè (sospensioni del giudizio) afferma una scienza rigorosa che si concretizza nella costruzione del senso del mondo: “La filosofia come scienza rigorosa”, 1911; “Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica”, 1950; “Fenomenologia e teoria della conoscenza”, 2000. L’affidamento è alla comunicazione, che riveste un’importanza fondamentale se la inseriamo nel sistema complesso: gli elementi primari di un sistema sociale sono gli effetti della comunicazione, “comunicazioni che producono comunicazioni”. La comunicazione è intesa come processo che si attiva tra soggetti che assegnano significati ai messaggi che si trasmettono. E da lì si attiva una interazione, una attività che presuppone un certo grado di cooperazione, una costruzione insieme, una “verità o realtà condivisa”. (N. Luhmann, “Sistemi Sociali: Fondamenti di una teoria generale”, 1984; E. Morin, “Il metodo 3. La conoscenza della conoscenza”, 1986; P. Watzlawick, “Pragmatica della comunicazione umana”, 1971)
L’assunto di base è che ci sia un punto di vista soggettivo sul mondo, mentre l’oggetto è nell’incontro tra entità / sistemi e punti di vista / proprietà dei sistemi / oggetti. Quando introduciamo i punti di vista / proprietà, ci accorgiamo che parliamo di elementi in relazione, perché i punti di vista non sono statici ma evolutivi. Dunque è interessante l’elemento relazionale che conferisce agli oggetti degli attributi che li definiscono: di conseguenza, il sistema/oggetto non può esistere senza il suo presupposto dinamico, ovvero relazionale tra soggetti che esprimono differenti punti di vista.
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