Niklas Luhmann ha scritto un breve testo, tratto da una conferenza svolta Berna nel 1988, ora contenuto nel volume dal titolo: “Conoscenza come costruzione” (1), per confrontarsi partendo dai costruttivisti radicali su una conoscenza intesa come “costruttivismo operativo” che conferisce una spiegazione agli indicatori della realtà.
Applicò alla società la teoria generale dei sistemi, partendo dalla premessa che gli elementi di un qualsiasi sistema sociale siano gli effetti della comunicazione, ovvero comunicazioni che producono altra comunicazione. Un sistema sociale è in grado di costituirsi, ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi, mediante una perenne comunicazione. Luhmann precisa che l’uomo rappresenta un sistema più complesso: il sistema psicologico (coscienza), che si differenzia dai sistemi sociali che agiscono attraverso interazione e organizzazione. L’osservazione sociologica è parte dell’oggetto che intende descrivere, in quanto deve contenere l’autosservazione. La stessa conoscenza è un atto gnoseologico che permette di aiutare a focalizzare l’essenza teoretica dell’oggetto del pensiero.
In tal senso, la conoscenza si presenta nella forma di un’operazione e non di una cosa, in grado di riprodursi per realizzare un processo cognitivo, individuato nel percepire, pensare, comunicare, attuando “una differenza fra il sistema che opera (suppositum operandi) e il mondo circostante, l’ambiente del sistema”. (2)
L’infinita molteplicità e complessità del reale è il mondo; l’ambiente corrisponde alle situazioni particolari delimitate in possibilità concrete e concretizzabili; il sistema è la selezione delle possibilità offerte dall’ambiente.
La relazione tra sistema, così inteso, e ambiente è sempre connesso: determina una relazione tra il conoscente e la realtà reale; avviene attraverso “uno scambio di informazioni in base alle quali si definisce poi la realtà conosciuta”, e di conseguenza si parla di sistema-in-un-ambiente. La conoscenza emerge dall’unità di questa differenza, che per Heidegger è già costitutivamente un “essere-nel-mondo”. I sistemi sono sistemi reali in un mondo reale, in cui le operazioni hanno effetti reali sulla realtà, anche perché “senza realtà non ci sarebbe nulla da conoscere”. (3)
I sistemi intesi da Luhmann collegano le proprie operazioni ad altre operazioni dello stesso sistema, anche senza contatti con l’ambiente. Questa asserzione serve a spiegare l’impossibilità del sistema di avere accesso immediato alla realtà per realizzare la conoscenza, perché in sistemi definiti chiusi l’ambiente resterebbe inaccessibile. È vero che l’ambiente non contiene informazioni senza l’azione operativa e che ogni sistema operativo è in grado di produrre e riprodurre da sé le proprie operazioni (la proprietà autopoietica di Maturana e Varela), cioè una riproduzione autoreferenziale, ma è altrettanto evidente che la riproduzione non è solo ripetizione di elementi dal contenuto identico, bensì la produzione di nuovi elementi a partire dalle operazioni precedenti. In questo senso l’autopoiesi non mantiene uno stato, ma una differenza fra “sistema e ambiente”, attraverso un equilibrio dinamico. (4)
È il livello di complessità della relazione, in cui ogni atto produce “un reticolo riflessivo di connessioni” con operazioni precedenti e successive e che “nessuna operazione del sistema cade semplicemente nel vuoto”. Questa posizione permette di evitare la domanda su quale sia il punto di partenza, oppure quali siano le origini delle inferenze causali. Si tratta invece di un processo circolare, un incontro con il dato ambientale che determina la revisione dei valori propri, modificando “il modo in cui il sistema si riferisce al futuro”. Sostiene Luhmann che “il sistema vive in un mondo di forme che non sono tuttavia le forme del mondo” (5); al contrario gli indicatori di realtà sono un correlato delle verifiche di coerenza che il sistema esegue di continuo nel reticolo ricorsivo delle proprie operazioni. Se la realtà in sé non è conoscibile, la conoscenza della realtà è una costruzione del sistema: “le operazioni si realizzano come unità nella differenza fra auto-e-etero-referenza”. (6)
Il costruttivismo operativo di Luhmann presuppone sempre “distinzioni”, e le stesse non hanno corrispondenza con la realtà, perché nella realtà non c’è nulla che abbia una distinzione, nemmeno tra “reale e irreale”. (7)
La conoscenza è “una costruzione basata unicamente su distinzioni”; è possibile come processo autoreferenziale che “computa distinzioni in base ad altre distinzioni dello stesso sistema”. Nel mondo non c’è senso e la realtà sarebbe sconosciuta, perché la realtà esterna al sistema resta ignota. C’è bisogno di sistemi in grado di elaborare senso, per evitare una realtà di finzioni: è la strategia sistemica che consente di trovare un orientamento nella realtà. Luhmann propone di sostituire la distinzione soggetto/oggetto con la distinzione sistema/ambiente (8), e sostiene che: “la conoscenza viene prodotta mediante operazioni di registrazione di osservazione e operazioni di registrazione di osservazioni (descrizioni), includendo l’osservazione di osservazioni e la descrizione di descrizioni”. (9)
La conoscenza resta una costruzione basata su distinzioni, e come tale non conosce nulla di ciò che al di fuori di lei corrisponderebbe alla conoscenza stessa. Chiarisce bene il suo pensiero quando afferma che “si deve parlare di mondo per indicare l’unità della differenza fra sistema e ambiente, di realtà per indicare l’unità della differenza fra oggetto e conoscenza, di senso infine per indicare l’unità della differenza fra attualità e possibilità”. (10)
Queste idee paiono molto attuali in quanto si riferiscono ad una conoscenza che va sempre operativamente modellata con tutto ciò che compone il rapporto: uomo-ambiente-relazioni.
Note:
- N. Luhmann, “Conoscenza come costruzione”, a cura di Alberto Cevolini, Armando, 2012, ed. or. in italiano 2007.
- A. Cevolini, in N. Luhmann, cit., p. 7.
- Ivi, pp. 8-9.
- Ivi, p. 13.
- Ivi, p. 17.
- Ivi, p. 22.
- Ivi, p. 26.
- N. Luhmann, cit., pp. 57-58.
- Ivi, p. 61.
- Ivi, p. 79.
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