È stato pubblicato, a cura di Luciana Gravina e Ezio Martuscelli, il volume: “Patrimonio Culturale del Cilento. Antropologia, Storia e Religiosità nei Viaggi della Memoria”, Edito dall’Associazione “Progetto Centola” e dal Gruppo “Mingardo/Lambro/Cultura”, Independently published, giugno 2024, pp. 379, in vendita su Amazon.
Si tratta di un libro denso di contributi di studiosi cilentani, che si sono dedicati alla ricerca storica, indagando da un lato i luoghi della memoria, la cultura e la tradizione e dall’altro le dinamiche delle varie fasi dei processi emigratori che hanno interessato in modo massiccio i paesi di quest’area. I loro nomi sono: Maria Luisa Amendola, Antonio Calicchio, Angelo Carelli, Pasquale Carelli, Antonella Casaburi, Raffaele Cerullo, Ferdinando De Luca, Claudia di Lorenzo Oliveira, Antonio Di Rienzo, Luciana Gravina, Rita Gravina, Carmela Greco, Domenica Iannelli, Luigi Leuzzi, Pasquale Martucci, Bert Marinko, Ezio Martuscelli, Raffaele Riccio, Michael Shano, Maria Teresa Scianni.
La finalità del libro è stata di porre in rilievo i riferimenti identitari del Cilento che potrebbero costituire una risorsa per lo sviluppo territoriale, attraverso un turismo culturale e di ritorno che valorizzi la memoria del passato, il patrimonio materiale e immateriale, come elementi attrattivi per invogliare i viaggi degli oriundi di origine italiana, nell’anno del turismo delle radici.
Questa forma di pensare il turismo oggi investe tutta l’Italia, è in continuo aumento e coinvolge un numero sempre maggiore di persone provenienti da tutto il mondo. Chi arriva in Italia alla ricerca delle origini è spinto da ragioni culturali e storiche; cerca luoghi e tradizioni, persone e relazioni umane; vuole conoscere il paese che ha dato i natali alle tante famiglie di emigranti.
Il libro con tante firme è l’esempio di come si possono aggregare idee, avendo una visione d’insieme: il gruppo di persone, che si riconosce intorno al “Progetto Centola” e al Gruppo “Mingardo/Lambro/Cultura”, presieduto da Ezio Martuscelli, si occupa della storia e cultura del territorio cilentano prestando attenzione alle possibilità di sviluppo futuro.
Il volume si compone di due parti: la cultura materiale e immateriale, da un lato; dall’altro, le storie di vita di persone che hanno legami con il nostro Paese pur non conoscendone storia, tradizioni, lingua e luoghi.
Non essendoci spazio per trattare diffusamente i vari contributi, che certamente saranno meglio approfonditi in occasione di dibattiti e convegni, presento brevemente il senso degli scritti prodotti e la ragione dell’idea di unità voluta dai curatori.
Il titolo del libro evoca il Patrimonio Culturale di un’area meridionale, che va scoperto e rivalutato attraverso un approccio storico, antropologico e sociale. È un viaggio nella memoria di una cultura che si fonda sugli elementi legati alla religiosità, essenziali per la costruzione di ogni comunità.
È proprio la prima parte che presenta le idee di ciò che c’è.
Si parte dalle “Chiese di Palinuro” (Maria Luisa Amendola) posizionate intorno all’area simbolo del territorio: l’antica città della Molpa. L’autrice non disdegna di soffermarsi sulla devozione religiosa e sulle vicende del passato che ricostruiscono una vita comunitaria.
Antonio Calicchio si occupa di “Pensiero, scuola e diritto nel Mezzogiorno”, partendo dalle dinamiche sociali e culturali di una società immobile, dall’Unità d’Italia al dopoguerra, ma ricca di spunti culturali ed intellettuali; l’altra dimensione, gli ultimi settant’anni, paradossalmente, nonostante una modernità tecnologica, sembra perdere i connotati culturali, non riuscendo a cogliere la direzione tracciata dal progresso intervenuto. Una nuova cultura stenta a definirsi: questa è la tesi dell’autore che produce esempi di intellettuali di diversi ambiti del sapere (essenzialmente giuridici e filosofici), e rileva che non si agisce per cercare di superare privilegi e pregiudizi che permetterebbero la maturazione dell’intelletto umano con impegno, studio e formazione.
Angelo Carelli si occupa della “Chiesa di Maria SS. Delle Nevi di Celle di Bulgheria (SA)” e della profonda devozione della popolazione. La storia indica un documento della fine del cinquecento, che cita la chiesa parrocchiale ed è riportato con dovizia di particolari. L’autore scrive di racconti tratti dalla tradizione orale riguardanti i miracoli della Madonna.
Pasquale Carelli produce le sue considerazioni sull’origine del culto di Santa Sofia a Poderia, partendo dalle radici della profonda venerazione, che si basano soprattutto sulla memoria popolare che tratta di miracoli. Carelli compie considerazioni critiche circa la possibilità di scoprire i tanti misteri che ruotano intorno a quella santa, presentando riscontri e possibili interpretazioni.
Antonella Casaburi si occupa della tradizione di San Pantaleone/San Pantaleo a Vallo della Lucania. Compie un percorso tra ricostruzione della vita del santo e i tratti distintivi di un culto molto sentito, un vero e proprio bene immateriale che appartiene all’intera comunità e che merita il riconoscimento nell’Inventario del Patrimonio Culturale Immateriale della Campania.
Una breve citazione ai lavori di Di Rienzo e Martucci su “S. Salvatore di Socia e le sue Cungrèe” nel Comune di Montecorice, dalla storia alla sua possibile valorizzazione quale bene culturale immateriale; un ulteriore studio di Martucci si rivolge alle forme espressive della religiosità popolare, indagandone simboli e significati.
Mi soffermo sullo scritto di Rita Gravina che riflette sulle cappelle di Torraca, tra storia e memoria. Per fare ciò l’autrice ricostruisce l’identità della comunità attraverso un percorso dettagliato che si sofferma su una serie di cappelle e chiese, di cui cito: San Vito, San Martino, San Fantino, San Nicola, San Leonardo, San Rocco, San Michele, Santa Sofia, Sant’Anna, e tante altre, comprese le chiese delle Anime del Purgatorio, della SS. Annunziata, della Madonna del Rito, il Santuario di Santa Maria dei Cordici. Si tratta di tanti esempi, simboli non solo sacri ma anche artistici e comunitari.
Domenica Iannelli produce uno scritto sulle tradizioni dei torrachesi, proponendo antichi e significativi termini dialettali del tutto in disuso: “Munduntato” (dare forza al nonno ponendo al nipote il suo nome); “Trase in Santo” (entrare in chiesa con spirito puro); “U zippo” (dichiarazione d’amore all’amata, ponendo un tronco addobbato di nastri davanti la sua casa). Riporta poi antichi versi d’amore, altri dedicati ai defunti, altri ancora che facevano parte delle tradizioni festive. Sono gli esempi di una cultura popolare cilentana ormai dimenticata.
Luigi Leuzzi produce uno scritto sui simboli identitari che intende riportare alla memoria di una società oggi poco attrattiva e che presta pochissima attenzione alla cultura. Attraverso l’archeologia sacra, l’autore rileva la dimensione del “Cilento che resta”, quella che ruota intorno all’anima dei luoghi. Se la religio viene a mancare, ecco portare prepotentemente in scena la Dea Cilens, la Grande Madre, l’Antece, e tanti altri simboli di una cultura da valorizzare.
Un secondo scritto di Leuzzi si sofferma sulle possibili origini del sito megalitico del Monte Grottillone a Torraca. Si sofferma sulle tesi riguardanti l’insediamento, affrontato attraverso un approccio descrittivo e molte analisi comparative: esso si inserisce in una cornice antropica e naturalistica, quella del Sentiero di San Nilo.
Il contributo di Carmela Greco e Maria Teresa Scianni riguarda le forme religiose nel centolese. Si sofferma sull’anima delle tradizioni da custodire e difendere: processioni, riti, abitudini fanno parte dell’essenza delle comunità che si ritrovano intorno alle feste, attraverso un ricco calendario liturgico opportunamente riportato dalle autrici. Il loro intento è di riattualizzare il passato e proiettarlo nel futuro attraverso i “sogni dei giovani” e le “profezie degli anziani”.
La prima parte è dunque quella della memoria e della presentazione di tanti esempi delle risorse culturali, materiali e immateriali, che fanno parte di un Patrimonio da conservare e valorizzare in vista della grande opportunità rappresentata dall’anno del “Turismo delle Radici” e del ritorno degli oriundi che guardano e sognano i luoghi della memoria dei loro avi.
E proprio a loro è dedicata la seconda parte del volume.
Le famiglie di emigranti rappresentano una continuità con i lavori realizzati in precedenza e curati con altri autori da Ezio Martuscelli, che da tempo si dedica allo studio del fenomeno migratorio, ed in particolare dei cilentani verso le Americhe (Stati Uniti e Paesi sudamericani). Si tratta di storie di vita toccanti, legate a ricordi e memorie che gli italoamericani cercano oggi di riscoprire. Il lavoro è quindi adatto a narrare di queste persone, che certamente costituiscono una risorsa a lungo trascurata dal nostro Paese.
“Emigrazione oriundi e viaggi della memoria” è il titolo della seconda parte del volume, che si apre con un’analisi di Ezio Martuscelli sull’anno delle radici italiane nel mondo, considerando lo stesso concetto di ritorno con le sue implicazioni sociali, economiche e culturali. L’intento del lavoro è di rilevare l’importanza dei viaggi di ritorno degli oriundi: grafici, tabelle e immagini sottolineano la ricchezza del territorio e la possibile offerta culturale.
Da aggiungere che dati e considerazioni statistiche, arricchiti di foto, sono presenti anche in tutti i saggi pubblicati.
Il capitolo successivo si occupa dei discendenti della famiglia Romanelli-De Cusatis (Angelo Carelli, Ezio Martuscelli) con particolare rilievo all’emigrazione in Brasile.
“Il Ricordo e il Ritorno” rappresenta il racconto delle esperienze di vita nell’ambito della comunità di Foria. Claudia di Lorenzo Oliveira, Raffaele Cerullo, Raffaele Riccio e Angela Scianni propongono ricordi attraverso documenti e immagini, a partire dal 1875 e fino ai nostri giorni: per queste persone si tratta di effettuare un viaggio nel tempo e nel vissuto esistenziale della propria famiglia d’origine. Sostengono gli autori che sono i ritorni a rafforzare i legami tra Paesi ed annullare le distanze; per queste ragioni riproporre storie e tradizioni serve a trasmettere la memoria. Di interesse, è che gli autori riportano il loro contributo non solo in italiano, per permettere alle generazioni di oggi di comprendere meglio le esperienze dei loro familiari, con la speranza che il ritorno possa permettere loro di acquisire e comprendere, magari nella nostra lingua, il senso della nostra cultura e tradizione.
Ferdinando De Luca si occupa di San Mauro La Bruca ed individua le ragioni dello spopolamento e le possibilità di prospettiva di ripresa. L’emigrazione è stata una piaga sociale profonda che, dalla fine dell’ottocento è stata anche favorita da faccendieri che promettevano l’Eldorado. De Luca analizza il passaggio da quella emigrazione a ciò che accade ai nostri giorni, tra similitudini e differenze, producendo riscontri documentari e dati statistici che dimostrano la privazione delle migliori risorse intellettuali del territorio. Le prospettive per un’inversione di tendenza sono affidate all’agricoltura e alla produzione tipica, al turismo culturale e a quello delle radici: tutto ciò per arrestare il fenomeno della desertificazione economica e demografica.
Bert Marinko e Ezio Martuscelli si occupano dei discendenti di Rosario Stanziola e della moglie Orsola (Maria) Guida, che emigrarono negli USA. Gli autori ripercorrono le vicende di questa famiglia attraverso atti e documenti, ma soprattutto racconti di vita vissuta. Lo stesso Bert Marinko, in un altro contributo, ripercorre attraverso un racconto ricco di emozioni la storia della sua famiglia e delle generazioni che si sono succedute fino ai nostri giorni. La ricerca di Bert per scoprire le dinamiche familiari è lunga e difficile; oggi è convinto dell’importanza di valorizzare le tradizioni un tempo radicate negli italiani che dovevano abbandonare il proprio Paese. Quando Marinko giunge alla Baia di Palinuro nel 2016, resta ipnotizzato dalla “vista del mare e delle onde che si infrangono sulle rocce e sulla spiaggia sabbiosa”. Il racconto di quel viaggio di ritorno sembra essere il sogno di ciò che gli oriundi considerano la loro seconda patria, e proprio per questo va riportata alla memoria.
Analogo percorso sembra essere quello di Michael Shano, che scrive l’ultimo saggio del volume per riflettere sui temi della storia dell’identità e dell’emigrazione. L’autore, in controtendenza rispetto ai suoi precedenti contributi, è centrato su considerazioni secondo la sua personale prospettiva di vedere le cose. Che significa nostalgia dei suoi avi, ma anche una quasi affannosa ricerca del luogo idoneo, una vicinanza quasi ancestrale per trascorrere parte dell’anno nel Cilento, considerando che la storia della sua famiglia è di origine differente. Shano compie interessanti analisi per spiegare le motivazioni di un possibile ritorno in queste terre. Rileva il senso di accoglienza e ospitalità che ha trovato nel vecchio Cilento, realizzato in modo naturale attraverso il contatto diretto con la narrazione storica e l’interazione culturale con coloro che abitano queste zone. Le storie della sua famiglia completano un lavoro che produce aspetti emozionali ed elementi che si affidano alla riflessione e all’analisi storica.
Si può dire, in conclusione, dell’importanza della interazione delle due parti del libro, in quanto il lettore attento può compiere continui rimandi, prestando da un lato l’attenzione alla storia e alla cultura e dall’altro alle esperienze di vita. Il volume, infatti, mette in campo studi finalizzati alla conoscenza dei beni materiali, architettonici e naturali, e segmenti di patrimonio immateriale costituito da riti e celebrazioni dove il sentimento religioso e la coesione intorno al sacro costituiscono tradizioni tuttora di forte emozione per il senso di appartenenza. Si tratta quasi di una forma di accoglienza per l’emigrazione di ritorno, il viaggio che hanno voluto compiere i curatori del volume attenti a connettere i vari aspetti che rendono particolarmente interessante la raccolta di questi lavori. È da dire infine che il volume è corredato da molte foto di persone e luoghi, di emigranti e di famiglie d’origine; ci sono poi immagini del patrimonio culturale cilentano che proietta in chi legge la voglia di percorrere questi posti ed ammirarne le meraviglie.
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