Roberto Bellucci è un uomo libero di manifestare la sua arte e attraverso essa i suoi pensieri, percorrendo le realtà attuali che lo portano ad esternare emozioni e ad imprimerle su tela. Un libro ne traccia un profilo: Silvia Landi, “Roberto Bellucci”, Amazon Independently published (24 maggio 2024).
Il colore è un mezzo per rappresentare una realtà che non si vede ma che è presente nella vita quotidiana attraverso sensazioni, emozioni, impressioni, stati d’animo. Attraverso la frammentazione dei colori l’artista intende coinvolgere tutti “i sensi percettivi dell’essere umano”, che ben inteso sono sempre differenti gli uni dagli altri.
Sostiene Roberto Bellucci che l’artista vede il suo pubblico e interpreta ciò che prova: “l’opera è un buco, dove tu guardi”. Ed in effetti chi guarda scorge una porta socchiusa, è invitato a varcarla e ad aprirla (attraverso la visione dell’opera) e scopre il suo stesso mondo, la sua vita, il suo modo di rapportarsi a se stesso e agli altri.
Su tutto emerge certamente un approccio soggettivo, dell’autore e dello spettatore; quest’ultimo si fa travolgere dalla stessa opera, e da quella soggettività scaturiscono le emozioni che permettono al dipinto di entrare in empatia, e viceversa, con colui che ha l’animo di individuarlo.
Per Benedetto Croce: “l’arte è una e non si divide in arti”: ciò per rilevare l’importanza di ogni forma artistica, moderna o contemporanea, che non deve essere superficiale e “mercantile” ma si deve affidare ad un lavoro realizzato con passione e fatica, come sostiene il critico Lodovico Gierut.
Roberto Bellucci è il pittore intellettuale che crea emozioni: forse questa potrebbe essere la migliore descrizione di un artista insito nella realtà che intende rendere intelligibile; produce bene e male, luci e ombre, la nostra attualità, attraverso combinazioni cromatiche di colori. È vero che esiste la rappresentazione di splendide realtà, ma è da rilevare che c’è anche il buio, inteso attraverso una propria e personale dimensione artistica che evidenzia gli spazi di luce e di ombre, tipiche dell’animo umano e della volontà di volerli cogliere.
Questo artista è certamente un pittore d’arte contemporanea: Giacomo Mozzi individua nel contemporaneo “il compromesso stilistico tra l’emozione dei colori stesi in maniera astratta e la tecnica figurativa”. Gli artisti sono concettuali ma anche legati alla realtà che intendono rappresentare; l’importante è comunicare: “uno stato d’animo, una sensazione, una cultura, un avvenimento”, manifestare insieme la propria sensibilità, perché l’artista vuole lasciare nello spettatore “il segno di un ricordo”.
In Bellucci, scrive la scrittrice Silvia Landi nel libro appena pubblicato, il colore con il passar del tempo ha preso il sopravvento sul disegno: verde, giallo, rosso e blu sono la base che serve per occupare i colori che “scoppiano quando si accoppiano”. L’artista gioca con i colori caldi e freddi, ma li toglie dalla tela, compiendo una operazione contraria a quella degli impressionisti che mettono colore. Bellucci usa colori luminosi ma non il nero che è un “non colore”; il bianco è il presente, riferimento fondamentale non solo nel quadro.
Matura in lui, man mano che affina la sua creatività, la convinzione di non doversi assoggettare a scuole d’arte sia per non reprimere le proprie emozioni che per non diventare “un artigiano dell’arte”. Si laurea in ingegneria e vive parallelamente lavoro quotidiano e lavoro artistico, ma solo quest’ultimo gli permette di sopravvivere rispetto alle insidie del mondo esterno.
I temi delle sue opere sono costituiti da fatti storici (campi di concentramento, per non dimenticare), ma soprattutto l’attualità oggi vissuta dalle persone con indifferenza. Il monito è che proprio dall’indifferenza il mondo si deve destare.
La sua è una “pittura intellettuale delle emozioni, una tecnica inconfondibile che si unisce ad una fervida fantasia”. Racconta che durante la realizzazione di un’opera vive uno stato di trascendenza, che comunque gli trasmette benessere; il risveglio, alla fine del lavoro, lo proietta nel reale quotidiano e nei mali sociali.
Questo artista ha conquistato negli anni uno spazio importante nell’arte contemporanea, ottenendo il riconoscimento di critici, collezionisti e storici dell’arte. Nel tempo la sua tecnica e la sua espressività artistica è maturata, perché la vita stessa cambia a seconda dei vissuti e delle emozioni provate, così come il dialogo quotidiano che muta giorno dopo giorno da quadro a quadro e da spettatore a spettatore. Il pittore preferisce arricchire le sue opere di didascalie, per tracciare alcune note esplicative che intendono non indirizzare ma avviare un dialogo con il pubblico che si rivolgerà ai suoi dipinti.
Osservando le sue opere, l’approccio non può che essere affidato alla curiosità e agli interrogativi che pone. Cito alcuni dipinti che hanno prodotto in me queste sensazioni: “Autoritratto” (1978); “La scalata della vita verso l’enigma” (1983); “Eroe” (1987), e quelli più recenti: “Populismo” (2018); “La libertà viene dal mare” (2019); “Pace”, “Gabbia”, “Tempo”, “Condanna”, “Elle”, “Buco”, “Ferite”, “Memoria”, “Numeri” (2020); “Bene o Male”, “Due mondi”, “Contaminazione”, “Trasformazione” (2021); “Papo”, “La sorte”, “Gabbia e libertà”, “Anima”, “Le anime di Kiev” (2022); “Generi”, “Umanità”, “Mito”, “Grande Dea”, “Piedi”, “L’unione separata”, “Anomalia” (2023); “Catarsi”, “Rimbalzo”, “Il Male 1”, “Hybris”, “Awen” (2024)”. Per ulteriori notizie e approfondimenti: http://www.artebellucciroberto.com/
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