Per “Patrimonio culturale” si intende un bene avente un valore eccezionale universale sul piano storico, artistico, scientifico, etnologico o antropologico, naturalistico e estetico, che è di interesse pubblico e costituisce la ricchezza di un luogo e della sua popolazione.
L’affermazione di questa definizione è avvenuta attraverso un lungo e laborioso cammino di carattere giuridico-legislativo, considerando che il sostantivo “Patrimonio” allude al valore economico attribuito ai beni che lo compongono, proprio in ragione della loro artisticità e storicità. Una società che definisce i suoi oggetti d’arte e li tutela opera una selezione che mira al riconoscimento del suo valore, considerando che si tratta di una realtà dinamica in perenne ampliamento. Ciò perché nello sviluppo della storia dell’uomo ci sono sempre ritrovamenti e acquisizioni di dati e materiali, determinati dalla ricerca nei campi della storia dell’arte e dell’architettura, dell’archeologia, della documentazione archivistica e bibliografica e delle storie sociali, nonché dalle sperimentazioni artistiche ed espressive.
I beni che entrano a far parte del Patrimonio culturale rispondono a criteri formali, estetici e simbolici: è necessario pertanto conoscerli, censirli, catalogarli, attraverso un insieme di operazioni accompagnate da un’analisi storico-estetica. Queste classificazioni non seguono canoni o modelli fissi, ma devono essere continuamente aggiornate e sistematizzate.
La tutela nasce da una presa di coscienza da parte della comunità internazionale sulla necessità di proteggere e conservare certe rappresentazioni tangibili del retaggio culturale di un popolo o di una nazione, elevandola al rango di patrimonio comune. È stato introdotto pertanto il concetto di “Patrimonio Mondiale”, che include beni/siti appartenenti a tutti i popoli del mondo.
L’idea di creare uno strumento giuridico che identificasse gli esempi più significativi del patrimonio culturale era già emersa prima della Seconda Guerra Mondiale, all’interno della società delle Nazioni; ma solo con la nascita delle Nazioni Unite e con l’istituzione dell’UNESCO essa ha trovato concretezza.
Nel 1972, durante la Conferenza Generale Unesco, venne adottato il testo della Convenzione per la tutela del “Patrimonio Culturale e Naturale Mondiale”. Il documento rispetta i criteri di equilibrio tra elementi naturali e culturali, individuando precisi obblighi e responsabilità in capo agli Stati circa l’identificazione, la valorizzazione e l’effettiva tutela dei beni protetti dalla Convenzione.
La Convenzione è stata ratificata, durante il corso degli anni, da 194 Stati.
Quando uno Stato nomina un bene fornisce dettagli sulle caratteristiche e la gestione e per il suo mantenimento; si impegna a proteggere i valori e a riferire periodicamente sulle loro condizioni.
Tutti gli Stati che aderiscono alla Convenzione costituiscono l’Assemblea Generale, che si riunisce ogni due anni durante le sessioni della Conferenza Generale dell’Unesco. Ogni Paese ha un voto indipendentemente dalle dimensioni e/o dall’entità del suo contributo al Fondo per il Patrimonio Mondiale.
Per identificare il Valore Universale Eccezionale di un bene/sito, sono stati indicati i criteri da soddisfare. Essi riguardano: il frutto del genio creativo dell’uomo; l’interscambio di valori umani in un lungo arco temporale o all’interno di un’area culturale del mondo; la testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa; l’esempio di un insieme architettonico o tecnologico o di un paesaggio che illustri uno o più importanti fasi nella storia umana. È importante che il bene sia rappresentativo di una cultura (o più culture), oppure sia frutto dell’interazione dell’uomo con l’ambiente. Inoltre, è di rilievo che il tutto sia associato ad avvenimenti o tradizioni viventi, idee o credenze, opere artistiche o letterarie. Dal punto di vista naturale, il bene deve essere esempio di importanti processi ecologici e biologici in atto nell’evoluzione e nello sviluppo di ecosistemi e di ambienti vegetali e animali terrestri, di acqua dolce, di paesaggi costieri e marini.
L’Unesco ha adottato nel 2003 la Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, ratificata dall’Italia con la legge 167/2007. Il nostro Paese ha 17 patrimoni culturali immateriali iscritti dall’Unesco.
Si parte dall’assunto che il patrimonio culturale non è solo monumenti e collezioni di oggetti ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: il Patrimonio culturale immateriale è fondamentale per il mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione; la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza risiede soprattutto nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra.
Il passaggio dal bene materiale a quello immateriale è determinante: si tratta delle manifestazioni che riguardano i saperi umani (tecnica e ingegno), le celebrazioni ed espressioni (tradizioni, ritualità, linguaggi), cultura e luoghi conservati, ricreati e valorizzati. Sono dunque i processi di una cultura che viene trasmessa all’interno di una comunità e tramandata, una cultura intangibile, come: il canto, la musica, la danza, il teatro, l’abilità, la cucina, l’artigianato e le feste.
L’Italia detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista del “Patrimonio Mondiale Unesco”. Al 2023, sono 59 quelli riconosciuti come “patrimonio dell’umanità” (53 culturali, di cui 8 paesaggi culturali e 6 naturali): tante sono le candidature per le nuove iscrizioni, di conseguenza l’elenco è in continua evoluzione. In Italia ci sono poi 7 siti transnazionali.
Diventa particolarmente laborioso elencare tutti i beni culturali.
Tra quelli facenti parte del Patrimonio immateriale, ovvero i 16 siti italiani iscritti nella lista, anche questi in incremento, ci sono: Il teatro delle marionette siciliane e dell’Opera dei Pupi (2008); Il Canto a tenore sardo (2008); Il Saper fare liutario di Cremona (2012); Le celebrazioni delle grandi macchine a spalla (2013); La dieta mediterranea (elemento transnazionale, 2013); La pratica agricola tradizionale della coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria (2014); La falconeria (transnazionale, 2016); L’arte dei pizzaiuoli napoletani (2017); Arte dei Muretti a Secco (2018); Transumanza (2019); Festa della Perdonanza Celestiniana (2019); Alpinismo (transnazionale, 2019); Arte musicale dei suonatori di corno da caccia (2020); Arte delle perle di vetro (2020); Cerca e cavatura del tartufo in Italia (2021); Arte del canto lirico italiano (2023).
Tra beni materiali e immateriali, la Campania può vantare ben dodici elementi riconosciuti quali patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
I beni materiali Unesco campani, ammirati in tutto il mondo, sono sei: il Centro Storico di Napoli; il Palazzo Reale di Caserta con il Parco, l’Acquedotto vanvitelliano ed il Complesso di S. Leucio; la Costiera Amalfitana; il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula; il Complesso monumentale di Santa Sofia a Benevento; l’area archeologica di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata (l’antica Oplontis).
Per quanto riguarda il Patrimonio immateriale, sono iscritti nella World Heritage List Unesco: La Dieta Mediterranea, L’arte del pizzaiuolo napoletano; I Gigli di Nola, la Transumanza, L’arte dei muretti a secco, La Cerca e cavatura del tartufo.
La legge del 2007, che ha introdotto l’istituzione dei beni facenti parte del Patrimonio immateriale, prevede procedure per l’identificazione, la documentazione, la preservazione, la protezione, la promozione e la valorizzazione del bene. Esso per essere iscritto nella lista dei beni da tutelare deve avere le seguenti caratteristiche: a) essere trasmesso di generazione in generazione; b) essere costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in stretta correlazione con l’ambiente circostante e con la sua storia; c) permettere alle comunità, ai gruppi nonché alle singole persone di elaborare dinamicamente il senso di appartenenza sociale e culturale; d) promuovere il rispetto per le diversità culturali e per la creatività umana; e) diffondere l’osservanza del rispetto dei diritti umani e della sostenibilità dello sviluppo di ciascuna comunità.
La Regione Campania ha istituito l’IPIC per catalogare il patrimonio e le espressioni culturali immateriali connessi ai valori comunitari, alle tradizioni, alle conoscenze, alle pratiche, al saper fare, così come definiti dalla Convenzione Unesco per la salvaguardia.
Consultando il Catalogo divulgato alla fine del 2023, in Campania i beni culturali immateriali che fanno parte dell’IPIC, circa 100 pratiche tradizionali, sono individuati tra Celebrazioni, Cultura agro-alimentare, Espressioni, Saperi.
In provincia di Salerno, i beni inseriti nell’IPIC sono:
Celebrazioni – 1) Altavilla Silentina, “Festa di Sant’Antonio da Padova e della processione delle Cente”; 2) Contursi Terme, “Il rito della pesatura in onore del Patrono San Donato d’Arezzo”; 3) Laurino, “Il culto di Sant’Heliena di Laurino”; 4) Pagani, “Festa della Madonna delle Galline: riti, pratiche ed espressioni della pietà popolare mariana”; 5) Pertosa, “Culto Santa Messa officiata davanti all’altare di San Michele Arcangelo (Tabernacolo) nell’antro delle Grotte di Pertosa – Auletta, in particolare il lunedì in Albis”; 6) Praiano, “Luminaria di San Domenico”; 7) Roccagloriosa, “I carruzzuni e i riti del sabato santo”; 8) San Gregorio Magno/Ricigliano, “La turniata di San Vito”; 9) Sanza, “I marunnari”; 10) Scafati, “Festa della Madonna dei Bagni”; 11) Trentinara, “Carnevale”.
Espressioni – 12) Minori, “Battenti di Minori – Canti plurisecolari della Settimana Santa”; 13) Montesano sulla Marcellana, “I “suonë” zampogne e ciaramelle a Montesano sulla Marcellana”;
Saperi – 14) Cava de’ Tirreni, “La Ceramica Cavese”.
Di seguito, qualche notizia dei beni immateriali del territorio salernitano inseriti nel Catalogo IPIC 2023.
1) Altavilla Silentina, “Festa di Sant’Antonio da Padova e della processione delle Cente”
In occasione della festa religiosa, caratteristica è la processione delle cente, ex voto, composte da ceri montati su un telaio di legno e metallo. Sono in genere a forma di barca, ornate con fiori e luci, recanti il nome del quartiere e portate a spalla dai devoti. Si svolge annualmente il Palio delle cente (corse e giochi), che in occasione della festa di S. Antonio superano la ventina.
2) Contursi Terme, “Il rito della pesatura in onore del Patrono San Donato d’Arezzo”
La “pesatura” è un antico rito praticato a Contursi Terme (legata ai festeggiamenti in onore di San Donato, il 7 agosto), per scongiurare l’insorgere o il ripetersi di crisi epilettiche. Il fanciullo o il malato svestiti sono posti su un piatto di una grande bilancia di legno, mentre sull’altro viene depositato il grano necessario a controbilanciarne il peso. Si tratta di una celebrazione dalle origini antichissime che ripropone in chiave cristiana i rituali legati a divinità pagane. Infatti, c’è un legame tra Contursi e la figura del Fauno, emblema del paese, presente anche all’interno dello stemma comunale.
3) Laurino, “Il culto di Sant’Heliena di Laurino”
La Santa Heliena/Elena è nata a Laurino nel VI secolo d.C. Morì a soli 21 anni in una cavità rupestre del monte Pruno, a 8 chilometri dal paese. Il corpo fu tumulato nella grotta, poi traslato nella cattedrale di Paestum, infine restituita a Laurino nel 1882. Il culto consta di una processione religiosa, il 22 maggio e il 18 agosto. Nella manifestazione di maggio le reliquie della santa sono trasportate su un carro, trainato da una coppia di buoi, che rievoca l’evento dell’assegnazione delle reliquie al paese. Il 29 giugno c’è il pellegrinaggio alla grotta e il 10 ottobre si rievoca il ritorno della santa a Laurino.
4) Pagani, “Festa della Madonna delle Galline: riti, pratiche ed espressioni della pietà popolare mariana”
La popolazione durante la festa offre galline, colombe, papere, tacchini. Pare che alcune galline abbiano rinvenuto un quadro della Madonna del Carmine, che fu ribattezzata Madonna delle Galline. La festa religiosa si svolge la domenica dopo Pasqua, con la statua della Madonna che viene trasportata su un carro. Durante la processione i fedeli creano i toselli, edicole votive impreziosite da coperte di raso, merletti e stampi in terracotta. La festa ha momenti di aggregazione importanti, tra musiche, dolci e torte rustiche.
5) Pertosa, “Culto Santa Messa officiata davanti all’altare di San Michele Arcangelo (Tabernacolo) nell’antro delle Grotte di Pertosa – Auletta, in particolare il lunedì in Albis”
Nelle grotte si svolge l’antico culto dedicato a San Michele. Le grotte si sono plasmate grazie all’azione delle acque provenienti da un condotto del fiume Tanagro. Hanno visto la presenza dell’uomo intorno alla metà del II millennio a.C. Da allora si sono sovrapposti vari culti: da quelli preistorici, al culto di Apollo, a quelli dedicati all’Arcangelo Michele (XII secolo). Questo rito si svolge ogni lunedì in Albis con la celebrazione della messa da parte della comunità di Pertosa.
6) Praiano, “Luminaria di San Domenico”
La Luminaria di San Domenico si festeggia dall’1 al 4 agosto di ogni anno, presso il Convento di Santa Maria a Castro, dove si venera il Santo, a pochi metri dal “Sentiero degli Dei”. Questa tipica usanza coinvolge tutti i cittadini di Praiano che, nel triduo che precede il 4 agosto, adornano terrazze, finestre e giardini, stradine e cupole delle abitazioni con delle singolari illuminazioni a cera, a olio e grandi falò fatti con fascine. Particolare è poi il decoro del pavimento maiolicato di piazza San Gennaro, che ogni sera viene illuminato da circa tremila candele. La tradizione, che pare risalga agli inizi del seicento, vive ancora tra i fedeli che raccolgono strada raccogliendo dei rametti di “mortella” per portarli al santuario, benedirli e poi riportarli a casa e conservarli tutto l’anno.
7) Roccagloriosa, “I carruzzuni e i riti del sabato santo”
Alle prime luci dell’alba del Sabato Santo, a Roccagloriosa, si ripete ogni anno la tradizione secolare dei Carruzzuni. Si tratta di strumenti idiofoni, risalenti al XVI secolo, che con il loro sordo e fragoroso suono annunciano e precedono le processioni delle locali Confraternite. Dopo la celebrazione del Giovedì Santo, vengono recuperati i Carruzzuni, risposti l’anno precedente, e predisposti per la loro performance musicale. Alle sei del mattino del Sabato Santo escono i tre cortei guidati dalle tre Confraternite: uno con la statua di Gesù morto, l’altro con l’Addolorata e infine un corteo che porta in processione la Croce. Le tre processioni percorrono vie differenti e si incontrano, alla fine della processione, nel luogo detto “Calvario”, dove il sacerdote celebra il rito religioso.
8) San Gregorio Magno/Ricigliano, “La turniata di San Vito”
La Turniata è un’antica manifestazione secolare che ricorre ogni anno il 15 giugno a San Gregorio Magno e in altri comuni limitrofi, come Ricigliano. In onore di San Vito, protettore degli animali, è una manifestazione legata alla transumanza: ogni anno, i pastori del posto ornano il loro gregge con coccarde colorate e campane e lo accompagnano in paese, lasciando sfilare gli animali tra i vicoli del comune sotto gli occhi di entusiasti spettatori. Riunitisi in piazza San Vito, danno inizio alla Turniata: i pastori con il gregge al seguito compiono tre giri intorno alla cappella del santo, in senso antiorario; se durante la corsa qualche capo di bestiame entra in chiesa diventa di proprietà di quest’ultima. La giornata si conclude all’insegna di canti e balli al suon di organetti, ciaramelle e delle immancabili zampogne. L’origine di questo rituale è di difficile datazione, ma è probabile che risalga almeno al 1700.
9) Sanza, “I marunnari”
Il rituale dei Marunnari consiste nel trasporto a spalla, a opera di otto giovani, della Madonna della Neve durante il pellegrinaggio che ogni anno, il 26 luglio, parte da Sanza, posta a 450 metri slm, e raggiunge la vetta del Monte Cervati, a 1898 metri slm. La processione si ripete, la notte tra il 4 e il 5 agosto, quando i Marunnari, di corsa, riportano la Madonna della Neve in paese. Per gli adolescenti di Sanza essere riconosciuti quali Marunnari significa il loro debutto in società. È tradizione farsi cucire e ricamare un panno di lino con l’effigie sacra della Vergine. Spicca inoltre l’offerta delle Cente, barche votive realizzate con candele e decorate con fiori di grano, portate in omaggio alla Madonna prevalentemente da donne scalze.
10) Scafati, “Festa della Madonna dei Bagni”
La celebrazione della festa della Madonna dei Bagni vive la sua massima espressione nei giorni dell’Ascensione, 40 giorni dopo Pasqua. Il culto ha origini antichissime e la sua denominazione è dovuta alla presenza di una pozza d’acqua detta “Fosso della Scrofa”, dove la tradizione vuole che nel 1500 un maialino, nello scavare, fece affiorare una sorgente d’acqua nei pressi di una piccola edicola votiva dedicata alla Vergine Maria. Queste acque si rivelarono taumaturgiche, e così, in poco tempo, la fonte divenne famosissima tra i fedeli, che vi accorrevano in gran numero per immergersi nelle acque miracolose. La devozione era accompagnata dalle caratteristiche tammurriate, antico ballo ancestrale, vero inno alla vita. È tradizione portare bacinelle con acqua in cui vi sono numerosi petali di rose e di papaveri che, secondo le credenze popolari, vengono benedetti dall’Angelo che passa durante la notte dell’Ascensione.
11) Trentinara, “Carnevale”
Il Carnevale di Trentinara rievoca riti ancestrali legati al ciclo della natura. Culmina il Martedì Grasso in un corteo dissacrante e liberatorio, popolato da maschere dal sapore antico come gli sposi, la partoriente, i diavoli, la morte, Quaresima, l’orso, il domatore. Il Carnevale termina con il processo e la condanna al rogo di Vavo, simbolo dell’inverno e delle sventure umane. La manifestazione mantiene un aspetto tradizionale nel significato e nelle vesti, spesso semplici stracci o abiti di riuso. Il corteo, oggi, è animato dalle maschere tradizionali, che si rendono protagoniste di vere e proprie rappresentazioni teatrali, recitate rigorosamente in dialetto e coordinate da un “regista” che assegna i ruoli e lascia ampio spazio all’improvvisazione.
12) Minori, “Battenti di Minori – Canti plurisecolari della Settimana Santa”
È una tradizione che risale al XIV secolo, anche se le melodie sono state definite nel periodo barocco. I canti annunciano le ultime ore di Cristo, durante le solenni processioni della Settimana Santa. La processione conta 120 Battenti, vestiti di bianco, con il volto coperto da un cappuccio: ottanta sono coloro che cantano, il resto è costituito da bambini che portano il lampione (cero simbolo della passione di Cristo). La particolarità dei canti ha indotto molti studiosi ad interessarsi dei Battenti, che tramandano quel ricco patrimonio culturale custodito presso l’Arciconfraternita del SS. Sacramento.
13) Montesano sulla Marcellana, “I “suonë” zampogne e ciaramelle a Montesano sulla Marcellana”
Si tratta di strumenti che esprimono la musicalità delle comunità pastorali e contadine. La tradizione delle Zampogne è legata al periodo natalizio: a partire dall’Immacolata, e poi dal 15 dicembre alla novena alla vigilia del Natale. Ogni giorno e per nove giorni, gli zampognari in genere a coppia, si recano nelle case per riprodurre i suoni antichi di un repertorio costituito da tarantelle, pastorali ed accompagnamento al canto. Questi strumenti hanno suscitato l’interesse di gruppi ed associazioni, volti a recuperare quei suoni dai maestri viventi con la finalità di insegnare e trasmettere quest’arte ai giovani.
14) Cava de’ Tirreni, “La Ceramica Cavese”
L’origine di queste lavorazioni risale alla fondazione dell’Abbazia Benedettina della SS. Trinità dell’XI secolo. La produzione ceramica dall’Abbazia in seguito si spostò a Cava de’ Tirreni e a Vietri sul Mare. Con il passar del tempo, la lavorazione si è indirizzata verso la realizzazione di oggetti di uso comune, caratterizzati dalla luminosità data dallo smalto bianco, molto decorati e con colori vivi. Oggi la concorrenza industriale ha messo in grosse difficoltà il lavoro artigianale, anche se quest’ultimo è caratterizzato da una produzione raffinata e di pregio.
L’istituzione dell’Inventario potrebbe rivelarsi un’azione di salvaguardia e valorizzazione dei fondamenti culturali della Regione, che altrimenti rischiano di andare dimenticati e dispersi. Certamente sono molti i beni che attendono di far parte dell’IPIC. Infatti, tanti sono i paesi che vogliono affermare l’identità e la continuità di una comunità che a partire dal suo patrimonio tangibile, costituito da ruderi e castelli, chiese e monumenti, opere d’arte, intendono propore il loro patrimonio intangibile.
Essere inseriti nel Catalogo regionale permette di attivare processi per la conoscenza della tradizione, posseduta dai membri di una comunità, che vogliono condividerla e proporla in una dimensione attuale, attenta a realizzare lo sviluppo sostenibile del territorio.
Ottimo articolo, Caro Pasquale, di quelli da inserire nei libri di testo di studenti di Sociologia e Antropologia Culturale. Uno strumento di lavoro.