Il primo sguardo sociologico del 2025 intende considerare il rapporto che intercorre tra territorio e cambiamento. Infatti, per venire incontro alle nuove esigenze sociali e perseguire la volontà di modificare un territorio statico e lasciato all’abbandono, non si può prescindere da un’azione progettuale che metta in gioco la capacità creativa ed auto-organizzativa delle comunità locali che devono fungere da laboratori di sperimentazione per innescare uno sviluppo sostenibile.
Per fare ciò è necessario agire attraverso programmi di infrastrutture di rete per la mobilità, azioni di riqualificazione urbana ed ambientale, per valorizzare i beni di interesse culturale, interventi per combattere il degrado, attraverso assistenza tecnica e marketing territoriale.
L’azione principale è la salvaguardia e valorizzazione delle risorse territoriali, beni culturali e prodotti agricoli e artigianali. È indispensabile la formazione di figure professionali e qualificazione e sostegno alle imprese attraverso la promozione di attività di informazione, concertazione e partecipazione.
I temi prioritari nel Cilento sono: la valorizzazione del patrimonio naturale, culturale e paesaggistico, la valorizzazione del settore agricolo attraverso la difesa dei prodotti tipici, la difesa del suolo, che necessita di interventi organici e preventivi, lo sviluppo del turismo in termini qualitativi restringendo il campo di una crescita attraverso il prolungamento della stagione turistica, l’integrazione mare/montagna, il recupero dei beni storici e culturali, il recupero ambientale degli spazi compatibili, ma soprattutto con interventi di cooperazione, coesione e partecipazione degli operatori locali, anche in funzione della formazione di servizi informativi e divulgativi e della costruzione dell’immagine del Parco.
Queste iniziative devono essere accompagnate dalla progettazione da parte delle istituzioni del territorio di iniziative finalizzate allo sviluppo autopropulsivo dei territori. Per esempio favorendo l’insediamento di cittadini anziani: sia il ritorno di quelli emigrati, sia l’afflusso da altre località, invertendo il fenomeno dell’esodo della popolazione in quiescenza verso Paesi esteri più favorevoli sul piano fiscale, del costo della vita, ecc …, attraverso la creazione di condizioni di attrattività.
L’approccio dovrebbe essere basato su misure diverse caratterizzate da rapporti di interconnessione: il ripopolamento, infatti, oltre a suscitare la domanda di beni di consumo, crea il fabbisogno di attività e servizi che possono essere realizzati da imprese giovanili.
Le attività devono riguardare iniziative culturali e del tempo libero, che riguardano la generalità dei cittadini e il loro sviluppo è in grado di promuovere l’afflusso turistico favorito dall’integrazione tra attività diverse (culturali, agricole, artigianali, agroalimentari). Altra condizione fondamentale consiste nel dotare i territori di servizi e infrastrutture adeguati. Ciò vale, in particolare, per le reti telematiche, dei trasporti e idriche e per i servizi di smaltimento dei rifiuti, la cui insufficienza costituisce un serio ostacolo sia per l’attrazione della popolazione anziana, sia per l’insediamento di attività imprenditoriali, sia per lo sviluppo del turismo. Da quest’ultimo punto di vista occorre collegarsi ai programmi della coesione, sia nazionali che regionali.
Una questione importante è il ruolo dei giovani in rapporto al territorio. La loro fuga non va vista dal punto di vista singolo di chi parte attratto dal modello globale, ma collocata in un ambito più complesso. Da una parte ci sono le famiglie decimate dalla denatalità, private di energie dinamiche, depresse di prospettive, abbandonate a una desolata anzianità; dall’altra ci sono i paesi del sud abbandonati a se stessi, svuotati dei giovani più intraprendenti. Non è un segno di emancipazione e sviluppo andare via, ma decretare la fine del sud e anche di una parte della provincia italiana, compresa quella settentrionale.
Senza un progetto straordinario, non si potrà mai invertire la tendenza, ripopolare il Sud (non solo di migranti) e risvegliare la vita e il lavoro in loco.
È finita l’era degli insediamenti industriali, delle grandi opere pubbliche. Oggi occorre rilanciare la natalità e far sì che il sud sia meta attrattiva per le popolazioni del nord Europa e Italia, anche degli oriundi meridionali. Qualcuno ipotizza di trasferire al Sud persone in età matura o in pensione, oppure di favorire iniziative di home working. Se ci fossero azioni tali da attivare questi processi, si potrebbero generare posti di lavoro per i giovani che vogliono restare: commercio e artigianato, opere e infrastrutture, assistenza agli anziani e agricoltura, turismo e cultura, perfino ricreazione.
Occorrono piani di incentivazione fiscale, garanzie di sicurezza, standard di efficienza, programmi di rilancio edilizio agevolato nei centri storici. Il sole, il clima, non bastano, l’ospitalità antica delle genti meridionali nemmeno, e neanche il costo della vita più basso.
Una analisi accurata e ben orientata verso i fattori di crescita ed bilanciamento delle antinomie di un territorio atavico ma ancora degno di una rivisitazione in chiave moderna per le potenzialità che attendono di essere disvelate in una lungimirante sigizia tra iuvenes e seniores
Complimenti
Grazie, interessante il riferimento sull’antinomia territorio/sviluppo da gestire per il cambiamento sociale.