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È scomparso all’età di 98 anni Franco Ferrarotti, considerato da molti il padre della sociologia, certamente colui che ha contribuito a farla affermare, consolidare e diffondere in Italia.


 

Franco Ferrarotti è certamente stato uno dei massimi sociologi italiani.

Laureatosi in Filosofia nel 1949, si interessò prevalentemente della nascente disciplina, la sociologia: nel 1951 fondò i Quaderni di Sociologia con Nicola Abbagnano; nel 1967 continuò con la rivista di cui è stato sempre direttore: La critica sociologica. Fu tra i collaboratori di Adriano Olivetti dal 1948, per circa dodici anni. Dal 1957 al 1962 ha diretto la Divisione dei fattori sociali nell’O.E.C.E. (ora O.C.S.E.) a Parigi. Nel 1961 ottenne la prima cattedra di sociologia in Italia, all’Università “La Sapienza” di Roma, vincendo il primo concorso bandito in Italia per questa disciplina. Nel 1962 contribuì alla creazione della facoltà di Sociologia dell’Università di Trento. Fra gli anni Cinquanta e Sessanta Ferrarotti ha condotto una serie di ricerche pionieristiche sul sindacalismo, sui movimenti sociali, la trasformazione del lavoro, le comunità locali e la sociologia urbana. All’estero Ferrarotti ha insegnato nelle università di Chicago, Boston, New York, Toronto, Mosca, Varsavia, Colonia, Tokyo e Gerusalemme.

Devo molto a Ferrarotti, e per due motivi essenziali: la ricerca qualitativa, un approccio che si sottrae alla freddezza statistica e dalle indagini demografiche, come pure dall’aridità accademica degli studi specialistici rivolti agli addetti ai lavori, che è stata la ragione di fondo che mi ha condotto a studiare il territorio cilentano; in secondo luogo, la realizzazione di questo sito, http://ricocrea.it/, che ha trovato tra i motivi ispiratori proprio le concettualizzazioni sociologiche che provenivano dal suo pensiero.

Per una strana coincidenza mi stavo dedicando alle sue opere in questi giorni. In un prossimo scritto, mi occuperò più diffusamente di alcuni concetti che Franco Ferrarotti ha trattato nel suo lavoro di connessione tra teoria e ricerca applicata.

Per lui “il problema sociologico è che non può darsi sociologia senza società”. (F. Ferrarotti, Scritti teorici, vol.1, Marietti1820, 2019, p. 272). E ciò perché la sociologia chiama in causa la società nel suo complesso: potere, istituzioni, comportamenti quotidiani, storia, valori comuni e condivisi, costume. In tal senso, è una scienza ibrida: sia teorica che legata alla ricerca sul campo, “caratterizzata da un originario impulso filosofico e latamente speculativo, ma nello stesso tempo tenuta ad una validazione empirica delle ipotesi di lavoro”. (F. Ferrarotti, Scritti teorici, vol.1, Marietti1820, 2019, p. 5). Pur presentandosi come la “scienza dell’incertezza”, la sociologia è in grado di di produrre effettivi esiti conoscitivi. Franco Ferrarotti l’ha definita scienza, ma anche coscienza, nel senso di impresa conoscitiva e anche tecnica operativa: contemplazione distaccata, ma soprattutto impegno sociale e politico. (F. Ferrarotti, Lineamenti di storia del pensiero sociologico, Donzelli, 2002)

Egli ha osservato ed analizzato dalla metà del novecento i problemi sociali e le complesse dinamiche di un mondo in trasformazione. Il tutto attraverso l’osservazione della società, una analisi empirica che tuttavia non poteva fare a meno dei concetti, guidata da ipotesi di lavoro induttivamente verificabili e un’interpretazione critica, per rivolgersi ai gruppi umani e ai loro rapporti relazionali.

Ferrarotti si è interessato in particolare ai problemi del mondo del lavoro, della società industriale e postindustriale; ai temi del potere e alla sua gestione; alle tematiche dei giovani e delle generazioni che contribuiscono alle trasformazioni e ai cambiamenti sociali; ha poi realizzato importanti ricerche sulle forme di marginalità urbana e sociale, sulle credenze religiose, sui fenomeni delle migrazioni.

Il suo sguardo inizia quando la società diventa industriale, abbandonando le tendenze tradizionali che avevano caratterizzato i rapporti tra generazioni e nell’ambito della famiglia. Ferrarotti parte da ciò, ovvero dalle trasformazioni e dai mutamenti che vengono studiati attraverso una metodologia che osserva l’uomo e le sue dinamiche evolutive, attraverso un metodo qualitativo, che deve integrare quello dei dati quantitativi. Le sue ricerche seguono dunque una metodologia con il ricercatore soggetto attivo nella relazione che pone in essere.

Egli ritorna spesso sulle tecniche e gli strumenti di ricerca per una sociologia critica, ma attenta all’oggettività che si risolve nella attenta formulazione del problema e delle ipotesi di lavoro; poi si rivolge al metodo storico-comparato, con attenzione ai fatti storici e ai documenti; infine, si pone la questione del riconoscimento della difficoltà dell’impresa del ricercatore. Emerge l’osservazione: dati, verifica delle ipotesi, osservazione, comprensione, partecipazione. Tra le tecniche: l’intervista e l’inchiesta (con la definizione dei compiti da svolgere e della tipologia dello strumento utilizzato), partendo dal presupposto che la cultura/contesto è da intendere come modello descrittivo.

Per parlare di Ferrarotti ci si deve riferire ai suoi lavori, che sono stati cospicui e per niente facili da analizzare nella loro complessità. Ad ogni modo, qualche titolo è bene ricordarlo:

Sindacati e potere (1954); La protesta operaia (1955); La sociologia come partecipazione (1961); Max Weber e il destino della ragione (1965); Trattato di sociologia (1968); Roma da capitale a periferia (1970); La sociologia del potere (1972); Vite di baraccati (1974); Studenti, scuola, sistema (1976); Giovani e droga (1977); Alle radici della violenza (1979); La società come problema e come progetto (1979); Storia e storie di vita (1981); Il paradosso del sacro (1983); La qualità nella sociologia (1988); Sacro e religioso. Dalla religione dissacrante al sacro fatto in casa (1997).

La grande produzione di scritti teorici e di ricerche empiriche,  dall’inizio della sua attività ai primi venti anni del duemila, sono stati raccolti dall’editore Marietti1820, che tra il 2019 e il 2020 ha pubblicato le sue opere più significative. (F. Ferrarotti, Opere. Scritti teorici, voll. 1 e 2, Marietti1820, 2019; F. Ferrarotti, Opere. Ricerche, voll. 1 e 2, Marietti1820, 2020; F. Ferrarotti, Opere. Scritti autobiografici, voll. 1 e 2, Marietti1820, 2020)

I primi due volumi sono gli Scritti teorici. Nel primo volume ci sono: Trattato di sociologia; Una sociologia alternativa; Storia e storie di vita, che potremmo definire la summa del suo pensiero. Il secondo libro raggruppa molti lavori realizzati negli anni precedenti: L’ultima lezione. Critica della sociologia contemporanea; Lineamenti di storia del pensiero sociologico; L’identità dialogica; L’empatia creatrice. Potere, autorità e formazione umana; La conoscenza partecipata. Crisi e trasfigurazione della sociologia; Filosofia e ricerca sociale.

Poi ci sono altri due tomi che riportano le ricerche realizzate. Il primo volume propone i seguenti testi: Il rapporto sociale nell’impresa moderna; Roma da capitale a periferia; Dal documento alla testimonianza. La fotografia nelle scienze sociali; Vite di baraccati. Contributo alla sociologia della marginalità; Riflessioni introduttive sul destino della ragione e il paradosso del sacro; Rapporto sulla mafia. Da costume locale a problema dello sviluppo nazionale. Il secondo libro riprende i lavori: Alle radici della violenza; L’ipnosi della violenza; Riflessioni e dati su dodici anni di terrorismo in Italia (1969-1981); Giovani e droga; Il potere come relazione e come struttura; Autori-editori: l’intellettuale come prestatore d’opera e l’attività editoriale nella sua evoluzione da artigianato a industria; La tentazione dell’oblio.

Infine, altri due volumi propongono scritti autobiografici, che riguardano il racconto dei viaggi negli Stati Uniti e in Amazzonia, i ricordi delle esperienze nella diplomazia e nella politica e gli omaggi agli amici e maestri Cesare Pavese, Nicola Abbagnano, Felice Balbo e Adriano Olivetti.

Ha poi scritto poesie, racconti e confidenze di vita; ha realizzato conversazioni ed interviste; ha pubblicato lezioni, in cui ha posto in primo piano i temi principali della società e il ruolo che la sociologia occupa nello studio della stessa.

La sua opera vastissima non si è esaurita con la pubblicazione dei volumi pubblicati dalla Marietti1820 Edizione, perché Ferrarotti ha continuato a pubblicare ogni anno una infinità di libri che integrano i temi e osservano i cambiamenti, occupandosi dei possibili scenari futuri.

Sul ruolo della tecnologia e il suo rapporto con la società “umanistica” ha prodotto contributi per connettere lo sviluppo con le società. Per lui, la tecnologia che pur mette a disposizione risorse formidabili non rappresenta il futuro: si è fatto troppo affidamento alle macchine, fino a diventare dipendenti da esse, ma le macchine non hanno volontà, non esprimono un progetto, sono solo mezzi e strumenti e non possono diventare uno scopo. Per lui la macchina ha la capacità di controllare le proprie operazioni interne ma non può trascendersi (l’eterno ritorno dell’identico), perché “l’uomo pensa, esiste, dubita. La macchina la si può accendere, spegnere, riaccendere”. (F. Ferrarotti, Macchina e uomo, Arcadia Edizioni, 2024, or. 1962)

La soluzione non è negare il progresso, ma avere il senso del limite, resistendo all’eccesso di informazioni e di stimoli che impedisce soprattutto ai giovani di fissare il proprio progetto di vita. Ed allora, è importante ristabilire la rete delle relazioni personali e ritornare a una socialità autentica, ritrovando il senso della comunità.

Ferrarotti ha pubblicato negli ultimi anni libri che paiono significativi per la sociologia e la sua centralità nello studio dei fenomeni.

Sul mondo in movimento, cito: La convivenza indispensabile, Culture, tradizioni, pregiudizi, (EDB, 2019); Dallo straniero la salvezza (Gangemi, 2020); Confronti e interscambio fra le culture (Armando, 2021); La comunità. Nucleo vivo del sociale (Solfanelli, 2022); Il ghetto e gli immigrati (Armando, 2024).

Tra i lavori di Ferrarotti, sono presenti continue integrazioni sul ruolo della sociologia: Sociologia: La scienza mediatrice e demistificante (Solfanelli, 2020); Conoscenza Intuitiva comune scientifica partecipata (Solfanelli, 2020); La sociologia tra filosofia e storia (Solfanelli, 2021); Sociologia. L’organo di auto-ascolto della società (Armando, 2022); Io e l’altro (Solfanelli, 2023); Che cos’è la sociologia (Mimesis, 2024); La Trama della società (Solfanelli, 2024).

In: Dalla Società irretita al nuovo umanesimo (Armando, 2020), Ferrarotti rivolge molte critiche al web e in generale alla comunicazione elettronica. Ferrarotti indica le condizioni per un progresso tecnico non alienante, in cui l’equilibrio fra ragione ed emotività sia garantita in vista di un nuovo umanesimo. Pubblica poi: Il Lavoro nell’era digitale (Solfanelli, 2020); L’impersonale tirannide tecnologica (Gangemi, 2020); La socialità fredda (Solfanelli, 2020); La comunicazione come strumento di potere (Edizione Comunità, 2021); La bulimia dei media – Da protesi dell’uomo a macchine diaboliche (Armando, 2021); Il progresso. Rischio e responsabilità (Solfanelli, 2023); Mito e realtà della tecnocrazia (Solfanelli, 2024); Umano, port-umano, trans-umano (Solfanelli, 2024).

Con: Verso un mondo Post-Urbano e Policentrico (Armando, 2023), Ferrarotti tenta la previsione dell’ambiente in cui si dovrà vivere nel secolo ventunesimo. È caduta la contrapposizione centro/periferia, ma anche il dualismo città/campagna si va dissolvendo a favore della città. È il trionfo della tecnologia che rischia di considerare la presenza umana ad un mero dato residuale.

Nel febbraio 2024 ripubblica il volume: Fascismo di ritorno (Fiorenzo Albani), scritto nel 1974 in piena “strategia della tensione”. Franco Ferrarotti, ragiona su quanto di fascismo sia rimasto non solo nelle istituzioni ma nella società, nella psicologia di massa degli italiani e nella loro cultura. Il problema della modernità del fascismo è individuabile nella ricerca, in momenti di crisi, di una figura guida, di un “salvatore” delle sorti comuni.

È certamente un concetto di stretta attualità.

Ad ogni modo, credo che affidarsi al volume: Società civile e crisi democratica (Solfanelli editore, 2021), possa contribuire a portare qualche suggerimento interessante. Se centrale continua ad essere la democrazia, essa tuttavia va intesa come un’idea-limite e un ideale di giustizia e di eguaglianza sociale. Volere la democrazia non vuol dire contentarsene: la sovranità popolare si afferma premendo dal basso, richiede trasparenza e partecipazione, istituzioni efficienti, al servizio della società civile e non di se stesse. La democrazia come utopia pragmatica (Solfanelli, 2024) sembra essere un ultimo tributo alla democrazia: essa non può dimenticare i grandi valori di eguaglianza e giustizia sociale, da cui, fra lacrime e sangue, è storicamente nata.

Questa posizione mi pare essenziale. Agendo nel mondo globale e tecnologizzato non significa prospettare soluzioni autoritarie affidate all’uomo solo al comando, quanto piuttosto far affermare valori comuni che sono tipici delle democrazie inclusive: esse permettono di rapportarsi agli altri, e attraverso gli scambi relazionali e la condivisione consentono di costruire la conoscenza e il progresso per affrontare il futuro.

E Franco Ferrarotti è stato proprio il maestro che ci ha permesso di conoscere il passato, interrogando il presente e proiettandoci verso la società futura, che certamente dovrà ancora vedere centrale l’uomo e la dimensione “umana”.

 

2 Responses to “La sociologia di Franco Ferrarotti”

  1. Sergio Mantile

    Il tuo articolo rivela la conoscenza profonda, teorico-pratica, che hai della sociologia in generale e, in questo caso, dell’opera di Franco Ferrarotti. Ho commentato su un social , Sociologi in chat, come molti “colleghi”, sociologi approssimativi, si siano lanciati sulla notizia da ripetere all’infinito: “E’ morto a 98 anni il padre della sociologia italiana moderna”. Una modalità “social” da ignoranti adolescenti perpetui. Nel tuo articolo, naturalmente, fornisci un’articolata interpretazione del valore cognitivo e metodologico del sociologo piemontese. Per me è stato un vero faro, quando neanche all’università ci spiegavano come e perchè si realizza una ricerca sociologica. Mi iscrissi a Roma, proprio per l’ammirazione che avevo a priori per lui. Il suo, oggi introvabile, Storia e storie di vita fu una guida preziosa per una ricerca che svolsi nei Campi Flegrei. Proprio in quel periodo, ebbi l’opportunità di andare a casa sua, con un amico del Censis che doveva intervistarlo. Mi ricordo la sua semplicità, nel prendere i nostri soprabiti, per riporli in un armadio nell’ingresso. Alla fine dell’intervista, mentre ci congedava per un altro impegno, gli posi una domanda sul metodo delle storie di vita, e allora la parte appassionata prese il sopravvento e ci trattenne ancora per spiegarci delle cose in merito, anche se eravamo “fuori tempo”.

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