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Il vasto territorio cilentano presenta una serie di contraddizioni che potrebbero essere così sintetizzate: da un lato c’è una terra che dispone di ricchezze culturali, che dovrebbero essere potenziali risorse da utilizzare per un significativo rilancio; dall’altro l’abbandono, la tendenza ad andare via, trovare altrove occasioni di vita e di lavoro.

Per gestire questa drammatica condizione, occorrerebbero “politiche di riequilibrio”, riducendo i difetti strutturali dell’intero Mezzogiorno, attraverso il controllo del territorio e il contrasto alla micro-illegalità, la digitalizzazione e l’innovazione del rapporto burocratico tra cittadini e controparte istituzionale, l’investimento nell’istruzione di ogni ordine e grado, con ampio intervento su formazione e trasformazione continua delle abilità e delle competenze, la riduzione dei gap infrastrutturali che non permettono un’adeguata connessione socio-produttiva del Sud col resto del Paese e con l’Europa.

Su tutto, un cambiamento di mentalità, anche politico-culturale, una volontà nuova di affrontare il futuro di questa terra.

Le politiche sociali e culturali del territorio necessitano di interventi progettuali, indirizzati allo studio delle realtà locali per osservare le possibilità di sviluppo, nel rispetto della storia, della tradizione, della memoria collettiva.

Occorre agire sui giovani e sul modo in cui si rapportano alle espressioni più autentiche della cultura territoriale, che va studiata e riproposta, proprio partendo da ciò di cui la nostra terra dispone, e cioè quelle bellezze paesaggistiche e naturali, ma anche artistiche ed architettoniche, saperi e sapori di una cultura tipica, oltre alle abitudini e ai costumi di una terra un tempo caratterizzata dalle rappresentazioni popolari e contadine più autentiche.

Osservando le aspirazioni di vita delle future generazioni, le loro conoscenze e la consapevolezza delle loro tradizioni, l’ipotesi proposta è di attuare un percorso che consenta di comprendere in quale modo riproporre il territorio partendo dalla sua storia.

Un Progetto educativo-formativo potrebbe riguardare una serie di iniziative mirate a rivalutare un approccio culturale indirizzato ai valori, atteggiamenti e comportamenti, legati alla memoria storica.

Qui è determinante il ruolo della scuola, quale istituzione che investe nella formazione della cultura, al fine di favorire un percorso progettuale alla scoperta delle radici e della tradizione, rivolgendosi ai giovani con la finalità coinvolgerli e motivarli allo studio delle radici che guardino al futuro, mantenendo però stretti legami con l’ambiente e le ricchezze territoriali.

Gli obiettivi dell’intero processo formativo potrebbero riguardare la verifica della conoscenza delle tradizioni culturali di riferimento da parte delle giovani generazioni, l’uso e il rispetto del territorio e l’identità specifica cilentana. Il giovane dovrebbe acquisire la consapevolezza di appartenere al territorio e di farne parte come cittadino; avere atteggiamenti mentali e culturali di rispetto del ricco patrimonio culturale e naturale; essere consapevole di avere un’identità tipica, che si manifesta con specifiche differenze rispetto ad altri contesti; essere consapevole di possedere un patrimonio di prodotti tipici locali, che hanno costituito la dieta mediterranea, che deve essere consolidato attraverso la ricerca, la scoperta e la valorizzazione; accettare modernità e tradizione, cercando di trarre dall’una e dall’altra gli elementi che possano contribuire alla crescita della persona e della comunità.

Per realizzare questo processo culturale ed educativo, indirizzato alle nuove generazioni, occorre che si agisca secondo gli elementi dell’informare, formare, educare. In definitiva: comunicare e coinvolgere tutta l’opinione pubblica; creare future professionalità trasferendo saperi umanistici e tecnico-scientifici; costruire e contribuire alla crescita della “cittadinanza attiva” e propositiva.

Sulla base di questi interventi, si deve realizzare una costruzione culturale e sociale, che permetta di far affermare quel valore collettivo che si è prodotto nel rapporto uomo-territorio e si è definito grazie ad un sistema comune di regole e di pratiche di vita. È proprio l’approccio conoscitivo che implica la spiegazione dei motivi più interessanti di un nuovo studio verso il territorio e la cultura ambientale.

Dunque la cultura territoriale può proporre una ricchezza di iniziative, interessanti per la valorizzazione del territorio, ma soprattutto per invertire la tendenza e affermare nuove modalità di approccio, che potrebbero trovare nei giovani il principale motore di traino e più interessanti prospettive di sviluppo.

Ed allora è opportuno ripensare il territorio attraverso un percorso più attuale, insistendo magari sul fatto che il Cilento è assurto alle cronache nazionali con l’istituzione del Parco e con il flusso di un turismo che deve essere anch’esso ripensato, in senso culturale. Ci sono giovani che ricercano le forme più antiche dei prodotti del territorio, ma sono ben consci di doverli riproporre in chiave moderna per farli fruire e per essere riconosciuti.

Occorre ripensare una nuova identità/cilentanità, lavorando sull’interdipendenza e sul noi soggettivo.

Questo è il motivo che mi fa compiere un passo avanti per valutare ipotesi di intervento che riguardano innovativi approcci da contestualizzare senza incorrere in intenti nostalgici del passato. Intraprendere e realizzare uno sviluppo sostenibile è possibile quando l’uomo non si abbandona al fatalismo e alla rassegnazione, ma crea ed opera non solo per se stesso ma soprattutto per l’affermazione della sua comunità.

La società cilentana va evidenziata attraverso la storia, le origini, lo sviluppo e il riscatto del territorio; la cultura, la religiosità, le tradizioni popolari, i miti e le credenze; l’identità, la cilentanità; lo sviluppo territoriale tra tradizione e modernità. Queste sono le azioni che dovrebbero fare i cilentani, evitando di attendere lo scorrere degli eventi: essi sono soggetti e non più individui gettati nella comunità senza meta e senza alcun futuro.

I cilentani/soggetti devono trovare idee e nuove consapevolezze, devono agire ed operare per poter affermare la loro vita in questa terra ricca di storia e bellezza, fascino e cultura.


 

QUESTO È L’ULTIMO CONTRIBUTO DEL 2024.

BUON ANNO 2025 A TUTTI I LETTORI.

 

 

2 Responses to “Sguardi sociologici 4 / Cilento e progettualità”

  1. Luigi Leuzzi

    Bisogna rifondare il senso di appartenenza ad una “communitas” con un sistema educativo circolare che preveda un approccio Empatico e Paritetico e che consenta di accogliere le istanze di individuazione degli adolescenti e trascenderle in identità evolutive come abbiamo già asserito nelle nostre comuni ricerche antropologiche e sociali.
    Complimenti ovviamente per il costante e dinamico impegno coesistentivo.

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  Categoria: ricerche territoriali

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