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Ringrazio la giornalista e scrittrice Bianca Fasano che ha realizzato una recensione del volume: “Identità Evolutive. Studi e ricerche sul Cilento”, pubblicata su diversi organi di informazione. Avendo riscontrato l’accuratezza nel trattare la tematica e la completezza argomentativa, oltre che gli spunti di riflessione offerti, intendo riproporre lo scritto. 


 

Questo volume si occupa dell’identità dell’area cilentana, fra tradizione e cambiamento e contiene i saggi di due autori, Luigi Leuzzi e Pasquale Martucci, che con differenti approcci e abilità hanno studiato la cultura del territorio cilentano.
Un libro che, dunque, racchiude due ottiche, pensato da “uomini di cultura” con connotazioni differenti, Cilentani entrambi, alla ricerca delle identità evolutive di quella che è stata chiamata dalla polizia borbonica “La terra dei tristi”.

Nel 1814, Vincenzo Gatti di Laureana, così scriveva: “Non si conoscono altri strumenti che la zampogna, la ciaramella, il fischietto, la chitarra battente, il mandolino, il violino e il tamburo. Gli abitanti sono molto dediti all’andare cantando di notte, per cui accadono dei continui concerti. La cantilena è nel suono della pastorale. La danza è la tarantella”. Togliendo un po’ di tristezza alla descrizione del popolo.

Luigi Leuzzi, psichiatra e psicoterapeuta, apre “il viaggio” con una Mitoarcheologia di un territorio, proponendoci l’ottica di una “archeologia minore” che può legittimamente contrapporsi a quella “maggiore”, che s’identifica con i resti evidenti e conosciuti di Poseidonia Paestum ed Elea – Velia.

L’assemblaggio di questi blocchi in pietra da parte dell’uomo, nel territorio cilentano, ci hanno lasciato simbolicamente rappresentazioni falliche o mammellari e uterine, presentandoci una cultura che si rifà ad espressioni religiose con i suoi riti di fecondità, fertilità, passaggio, ancora ben vive fino al secolo scorso.

Essendo a conoscenza di società che hanno permeato il territorio di famiglie patriarcali, in cui l’uomo si garantiva il potere attraverso la sottomissione della moglie e dei figli, con consuetudini patrilineari, sorprende che questi megaliti, analizzati e studiati, conducano ad ipotesi interpretative che riportano soprattutto all’elemento femmineo, costituito dalla Grande Madre, e ad un nume femminile, che propone un sistema matriarcale, riconducibile alla presenza della dea Cilens, che governava il passaggio giorno-notte e viceversa e potrebbe riguardare anche un’ipotesi etimologica sull’origine del termine Cilento. Con questa parte del lavoro, completato da foto, l’autore accompagna il lettore in un percorso mitopoietico che a partire dal megalitismo (Fig. 6 “A preta ru lu mulacchio, Monte Stella; Fig. 9 “Il solco della fecondità, Civitella di Moio; il suggestivo rilievo chiamato “L’Antece”etcc…), ci presenta anche il simbolismo delle “Tomba del tuffatore (Fig. 11), sotto forma eidetica più che estetica, riportandoci ad Jung, ci fa salire sul carro delle Eliadi assieme a Parmenide, fa rivivere l’Empatia, riportandoci “all’altro da sé”, alla scuola Eleatica, al “Cavaliere Nero” di Poseidonia, laddove l’eroe ha lasciato le redini del cavallo e non è più padrone di governare la propria vita. La ricerca di Leuzzi di un passato lontanissimo costituisce l’occasione per ritrovare l’identità cilentana nei simboli e nelle corrispondenze eidetiche più recondite di questa antica terra, ossia i simboli e i significati che costituiscono un’identità territoriale del Cilento e del suo Genius loci.

Cilento come isola? Eppure mai territorio fu tanto preda e passaggio di civiltà differenti, seppure apparentemente isolato orograficamente e geomorfologicamente. Molto particolare l’operazione letteraria svolta dal dottor Luigi Leuzzi che ci chiarisce – tra l’altro- come il megalitismo in questo territorio sia presente sotto una forma mitica, per cui, a proposito d’identità, potrebbe

rivelarci verità nascoste del territorio Cilentano anche in relazione alla vita degli indigeni italici, quindi Cilentani.

Leuzzi Luigi è psichiatra e psicoterapeuta di orientamento antropofenomenologico, teorico ed esponente dell’Empatismo, movimento letterario ed artistico fondato da Lerro Menotti nel 2020. Ha condotto studi ventennali approfondendo le corrispondenze mito-archeologiche dei culti mariani extraurbani nel Cilento e nella Lucania Occidentale, realizzando ricerche sul Megalitismo e le ridondanze etnoculturali salienti nel territorio. Tra le sue publlicazioni: “Un’anima un luogo” (2012); “La Terra dei Tristi” (2014); “Il Cilento un’Isola” (2017); “Architettura Sacra del Megalitismo nel Cilento e nella Lucania Occidentale” (2019); “Mitoarcheologia del Cilento e della Lucania occidentale” (2021); “Megalitismo del Cilento e della Lucania Occidentale” (2023); “Il Cilento che resta, tra identità e cambiamento” (2024). Infine, per quanto concerne l’empatismo e le corrispondenze antropologiche concettuali del territorio di indagine ha approfondito gli snodi teorici in “Empatìa ed empatismo nella relazione di Cura” (2024); “Dalla relazione di cura all’istituzione in chiave empatica” (2024). E altro.

Personalissima anche la seconda parte del lavoro (in ordine alfabetico), realizzata dal sociologo Pasquale Martucci che conosce intimamente il territorio Cilentano sia sotto il profilo geografico sia storico e sociale. Se avessimo avuto carenza di conoscenza rispetto al modo con cui è venuto a crearsi nel tempo “l’identità del popolo cilentano”, ma anche cosa vada inteso con il termine “identità”, il nostro autore ci illumina presentandoci il passaggio e la permanenza, la distanza e l’assimilazione di quanti, sin dall’età del ferro, hanno scelto il Cilento per la salubrità dei luoghi, lo spazio, la possibilità di giungere via mare o rifugiarsi negli anfratti delle grotte, sui ripidi pendii delle montagne, la presenza di acque sotto forma di fiumi e sorgenti. Dunque: Il Cilento come isola ed isolamento? Parrebbe di no. L’Italia antica, “fotografata” da D. Guasco, è variegata cromaticamente e con le sue coste (circa 7,500 km), ha permesso a tanti (troppi?), di trovare uno scalo o un punto d’arrivo. La costa Cilentana si estende per circa 97 km di cui il 45% caratterizzato da spiagge basse perlopiù sabbiose, dove fermarsi era facile. Arrestandosi a riflettere sul concetto d’identità sotto forma etimologica Martucci, per offrire anche l’idea identitaria di un popolo, quale quello cilentano, compie un’operazione complessa. Identità: “Come siamo – come non siamo.” Comporta stabilità, appartenenza, significati interiorizzati. Ma anche evoluzione, che deve avere un punto di partenza. Il Cilento è variegato: cittadine di mare a contatto con l’altro e centri dell’entroterra, chiusi, isolati anche sotto il profilo genetico. Per Martucci l’identità deve essere anche costruzione: “ (…) ovvero scambi di cultura, atteggiamenti, comportamenti”. Sono importanti i legami, le relazioni interpersonali, le forme di organizzazione della vita sociale. Questo implica uno sviluppo capace di associare gli elementi costitutivi delle comunità Cilentane con la vita vera, con le forme attuali di partecipazione attiva della società. Il passato storico (fatto di culture differenti e approcci religiosi che fondono la dottrina della Chiesa alle espressioni più intime della religiosità popolare), deve trovare il modo di coniugarsi ad uno sviluppo tutto da realizzarsi. Da sempre, come sociologo, ha insistito sulla necessità di consentire ai giovani di non rappresentare più “cervelli da emigrare”, quindi di associare il territorio del Parco Nazionale del Cilento (come natura splendida nell’entroterra e nel tratto di costa campana del Mar Tirreno meridionale, compreso tra il golfo di Salerno e il golfo di Policastro), con la storia antica dei centri dell’entroterra e della costiera. Partendo dunque da megalitismo di cui ci parla Leuzzi per giungere a quella che offre il Parco Archeologico di Velia, con le memorie lasciate dall’influenza dei monaci Italo Greci che hanno di molto condizionato la vita di alcuni centri Cilentani. Martucci parla di “Genius Loci”, alla ricerca dell’identità, che appartenga allo spirito, all’anima, all’atmosfera stessa che si respira nel territorio Cilentano. Varietà nei colori (molteplici e differenti tra la campagna, le montagne e il mare), negli odori (mutevoli anche nelle stagioni), nei suoni (naturali o che accompagnano le feste) e nel linguaggio stesso della popolazione che, sia pur simile, è differente tra paese e paese, specialmente per quelli che hanno atavici ricordi di presenze straniere. Occorre non dimenticare che Martucci ha svolto da più di trent’anni accurate ricerche sul suolo del Parco, utilizzando un approccio metodologico basato anche sullo studio tra le relazioni dell’individuo nella società Cilentana – che vanta una complessa dimensione storica – allo scopo di studiare le interazioni tra individuo e comunità con un’attenta osservazione di questa società eterogenea che è tuttora in rapido cambiamento. Se cerchiamo una identità Cilentana dobbiamo dunque ricercarla nel carattere di un luogo, per cui questa non può che inglobare sia le opere materiali (naturali o costruite dall’uomo) che la trasmissione dei ricordi, delle leggende, dei canti, delle musiche, delle tradizioni, che conducono al possesso di un legame storico -culturale capace di rendere unico e istantaneamente distinguibile un luogo. In questo lavoro sulle identità evolutive, l’autore non può non inserire lo studio epistemologico attuato dal sociologo, che gli ha permesso di partire dalla storia per collegarla a tutta una serie di scienze, raggiungendo una conoscenza complessa della società. Parliamo del rapporto che gli abitanti del luogo hanno raggiunto con la loro terra, inserendovi tutto quello che riguarda la vita quotidiana di chi la abita e della possibilità di una “identità evolutiva”, cogliendo il passaggio dalle forme tradizionali a quelle evolutive allo scopo di: “(…) cercare di dare un senso alle nuove identità, considerando le dinamiche di cambiamento che ormai fanno parte delle nostre attuali società”.

Infine: un libro complesso, da leggere con attenzione, riflettendo sulle terminologie che vi si incontrano, con l’intento di fare sì che la lettura lasci qualcosa di concreto nel lettore anche rispetto allo stesso concetto di “identità” che oggi si può -si deve – applicare alla nostra società italiana.

Pasquale Martucci è sociologo e ricercatore, con perfezionamento in metodologia della ricerca qualitativa. Svolge ricerche su: identità, comunità e vita quotidiana; feste, manifestazioni e forme rituali; tradizioni, religiosità e cultura popolare; epistemologia dei sistemi e della complessità. Tra le sue principali pubblicazioni sull’identità territoriale: Identità cilentana e cultura popolare (1997); Re frasche re Santu Liu (2000); Le feste ritrovate (2001); Le comunità cilentane del Novecento (2005); Cilentanità (2008);Memorie rituali (2011); Comunità in festa (2018); Del Cilento e del suo Genius Loci (2023); Identità, Territorio, Soggetti. Le creatività culturali come occasione di sviluppo (2023); Il volo rituale (2024). Da alcuni anni gestisce il sito: https://www.ricocrea.it – Ricerca, Costruzione, Creazione – in cui pubblica ricerche e analisi, studi e confronti e altro.

 

Bianca Fasano

One Response to “Una chiave di lettura di “Identità Evolutive””

  1. Bianca Fasano

    Avete fatto un bel lavoro, si vede che alle spalle c’è tutta una ricerca precedente e la conoscenza personale degli autori. Meritava, Grazie a te.

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