Ciò che caratterizza oggi le nostre società è preservare il passato, la cultura, per far scoprire risorse e
ricchezze, materiali e immateriali, avendo però ben presente che l’identità di una terra non può essere
confinata alla conservazione dell’esistente ma proiettata verso il futuro.
Questo argomentare mi induce a valutare una identità che parte dai forti fondamenti e, attraverso
l’intelligenza di uomini che guardano lontano, si evolve come è giusto che sia per prendere dal
vecchio ciò che occorre per progredire. Anche perché la cultura popolare è una grande risorsa, ed
allora è necessario far sviluppare un atteggiamento di rispetto, da intendere non come consumo tout-court ma come meditazione, contemplazione, tentativo di riguadagnare il rapporto con la natura.
Lo spunto di queste mie riflessioni parte da tre saggi che ha scritto lo studioso cilentano Ernesto A.
Del Mercato: “I Cilentani”; “Lettere a mio nonno”; “Venere coi tacchi”, che rappresentano un
interessante approccio intorno al concetto di cilentanità e cultura popolare, quella che ha attraversato
tutto il novecento fino agli ultimi due decenni del secolo scorso.
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