Mi sono trovato a fare i conti spesso con la questione identitaria, a partire dalla metà degli anni novanta, quando nelle mie ricerche ho trattato il termine “cilentanità”, una parola/concetto con cui ci si riferisce a modi di essere, di comportamento, consolidati nell’evoluzione storica, nel rapporto tra passato e presente, nell’affermarsi delle tradizioni di un territorio. Con i sovranismi e le chiusure per salvaguardarsi dalla contaminazione con l’altro, lo straniero, ecco che la parola “identità” è diventata di grande attualità, spesso trattata in accezione negativa, come conservazione dello status quo, insensibile alle contaminazioni ed all’avvento del nuovo. Se l’evoluzione odierna del termine è intesa come tenaglia, salvaguardia della foresta, ecco che occorre continuare a confrontarsi e a riflettere, come ha fatto Maurizio Bettini in un recente volume, che ha un titolo veramente bello: “Hai sbagliato foresta”, riflettendo sul concetto di identità, variamente coniugato, avendo come riferimento essenziale il rapporto antitetico sovranismi/immigrazione, e ponendo in rilievo identitas contrapposta ad alteritas.
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