Nei tempi che viviamo, anche il concetto di sovranità alimentare viene inteso come una sorta di identità chiusa, definita, statica, che serve per la salvaguardia di un nazionalismo enogastronomico. Al contrario, l’identità, concetto legato alla cultura, è diversità, evoluzione e sempre in movimento: si tratta di un’identità di soggetti che mettono in comune le differenze per costruire la “dimensione del fare, che non è solo un agire secondo principi o valori ma un inventare, letteralmente un inaugurare”, come affermava Foucault.
Credo che su queste basi si connetta il discorso di salvaguardia di una certa tipicità, come ha sempre sostenuto Carlin Petrini, per rimarcare il valore dell’agricoltura italiana, quella dei prodotti protetti, orgoglio di piccoli produttori e piccoli centri rurali, ponendo al centro il recupero della stagionalità e il rapporto tipicità identitaria/produzione globale. In tal senso, è anche il recupero dei saperi diversi che, partendo dalla terra, producono e inventano beni comuni, come ha chiarito Petrini su: “La Stampa” del 25 ottobre 2022, rilevando che la sovranità alimentare è da intendere come la libertà dei singoli territori di scegliere cosa e come coltivare e mangiare, ed è un diritto che rende tutti più forti, ancor di più nel delicato periodo storico che stiamo vivendo.
Il numero 5/2022 di MicroMega: “Il cibo e l’impegno”, un volume monografico dedicato al cibo e realizzato in collaborazione con Slow Food Italia e Università delle Scienze gastronomiche di Pollenzo, pare essere pensato contro le chiusure e gli intenti regressivi. I saggi si occupano di tutto ciò che ruota intorno ai prodotti: il meccanismo delle certificazioni Dop e Igp; il rapporto tra tradizione/identità; le produzioni biologiche e di nicchia; il cibo come relazione; le problematiche connesse alla ristorazione. È in gioco il ruolo della gastronomia e dell’alimentazione come impegno culturale, che sottolinea la necessità del cambiamento dei sistemi alimentari, in quanto con la transizione ecologica sarà necessario cambiare i sistemi di gestione della politica, della cultura e dell’economia.
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