Per definire il tempo, occorre riferirsi a molteplici discipline umanistiche e scientifiche, che si sono succedute nel corso dei millenni e sono state influenzate dal contesto storico, scientifico, sociale e culturale.
Se l’uomo si è sempre interrogato su quale fosse il vero significato del tempo, se esistesse realmente o se fosse un’illusione fittizia, una certezza è che il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi, riconducendo alla distinzione tra passato, presente e futuro.
Su tali tematiche sono condotto a riflettere sullo spazio del tempo, un argomento che mi porta direttamente ad Heidegger, trattando la temporalità autentica dell’esserci, il precorrimento della sua fine (morte), la possibilità dell’autentico poter essere dell’esserci. È il concetto di tempo come temporalità e storicità dell’esserci. Se il tempo dell’essere è interpretato in base al tempo, occorre interpretare in modo nuovo il senso dell’essere come temporalità. (M. Heidegger, “Il concetto di tempo”, Adelphi, 2012, or. 1998)
Secondo Heidegger il tempo (Zeit) non è tempo oggettivo della scienza, né tempo soggettivo della conoscenza, ma è tempo dell’esistenza, cioè il tempo è il modo non soltanto attraverso cui l’esserci conosce il mondo, ma sceglie di esistere nel mondo. L’Essere progredisce e si manifesta all’uomo attraverso lo strumento-tempo. L’uomo e il tempo sono in teoria disconnessi, ma filosoficamente uniti da uno scopo esistenziale che si basa sulla continua conoscenza. L’esserci è il prendersi cura (Sorge) di ciò che è presente: si prende cura “nella quotidianità l’accadere del mondo se incontra nel tempo, nel presente”, e la quotidianità risponde all’avverbio ora. La quotidianità dell’esserci è quell’essere che si è; è “il tempo dell’essere-l’uno-con-l’altro-nel-mondo”. (M. Heidegger, “Il concetto di tempo”, p. 44)
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