Sono sempre stato affascinato dalle idee di Michel Foucault. All’università studiammo il suo approccio al potere, attraverso due volumi: Sorvegliare e Punire (che riguardava un sistema per assoggettare i corpi, per dominare le molteplicità umane e manipolare le loro forze) e Nascita della Clinica (la separazione disumana tra corpo e persona, identità, del paziente). Ritenni giusto metterli insieme, quasi assemblandoli e dando una visione complessiva del suo pensiero.
Ho sempre cercato i suoi volumi, le sue lezioni, le sue interviste, le sue argomentazioni, proposte, soprattutto dopo la sua morte, utilizzando lo stesso metodo di anni addietro, cioè la visione d’insieme del corpus dei lavori realizzati.
Ciò che intendo fare in questo scritto è trattare di Michel Foucault l’idea di soggettivazione: il passaggio dal soggetto alla soggettività (una posizione, un punto fermo) e poi alla soggettivazione che sposta il discorso “dall’essere al fare”, nella dimensione della pratica: per soggettivazione si intende una serie di operazioni che servono a definire “un’identità, la nostra identità di soggetti”.
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