Giorgio Agamben è un filosofo molto discusso, soprattutto per aver estremizzato concetti, frutto di un duro e complesso lavoro di ricerca, a partire dagli anni ottanta del novecento, riguardanti le distorsioni della cosiddetta civiltà in cui siamo immersi. Una civiltà che è frutto di incongruenze, di difficoltà, di esasperazioni, in cui spesso il diritto è esercitato solo dal potere dominante.
Per occuparsi di Agamben è necessario considerare il corpus della sua opera, ovvero il riferimento ad alcuni termini importanti: limite, confine, limbo, soglia, indefinito, terzo escluso, stare nel mezzo, ovvero tutte quelle parti intermedie e indistinte, che non stanno né dall’una né dall’altra parte. In quello spazio, si trova immerso l’homo sacer, l’abitante della vita nuda, non vestita, che non ha un habitus, non è né il divino ma neanche l’umano, e comunque fa parte di una comunità. Ora sarebbe proprio da verificare quell’intermedio, quello che non è altro dal mediato sociale o dal nuovo, che non è ancora realizzato.
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