«Il mito non è, in se stesso, una garanzia di “bontà” e di moralità. La sua funzione consiste nel rivelare dei modelli e nel fornire così un significato al mondo e all’esistenza umana. Anche il suo ruolo nella costituzione dell’uomo è immenso. (…) In virtù del mito, il mondo si lascia cogliere come cosmo perfettamente articolato, intelligibile e significativo. Raccontando come le cose sono state fatte, il mito svela per chi e per che cosa sono state fatte e in quale circostanza. Tutte queste “rivelazioni” impegnano direttamente l’uomo, perché costituiscono una “storia sacra”».
Il mito è la struttura di pensiero che offre all’uomo il senso delle cose, di tutte le cose; si può anche dire che il pensiero mitico è una forma embrionale di pensiero filosofico, o, per dir meglio, una forma di pensiero parallela al pensiero filosofico. Infatti, la mitologia, come la filosofia, tende a spiegare l’origine delle cose e della vita, superando la dimensione del pensiero logico e calandosi nelle cose stesse, onde rivelarne il volto nascosto ed i significati profondi, che parlano all’uomo per mezzo di simboli.
Il termine mito è usato oggi sia nel senso di «finzione» o di «illusione», sia in quello di «tradizione sacra», rivelazione primordiale, modello esemplare. Opposto sia a logos, sia più tardi a historia, il mythos ha finito per indicare tutto ciò che non può esistere realmente, che fornisce modelli per la condotta umana e conferisce uno stesso significato e valore all’esistenza.
Per affrontare il concetto di mito, mi rivolgo al lavoro dello storico delle religioni ed antropologo, Mircea Eliade, che si è occupato delle origini del mondo nelle società primordiali.
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