di Pasquale Martucci
Tra i tanti autori cilentani che hanno raccolto e pubblicato i cunti, cito Catello Nastro, Peppino Stifani, Pietro Carbone ed altri che si sono raggruppati intorno al CI.RI. Cilento Ricerche, al Centro di Promozione Culturale per il Cilento e all’ARCI Postiglione, impegnati a recuperare e scoprire un mondo perduto, attraverso documenti, testimonianze e percorsi di vita destinati altrimenti ad essere dimenticati.
Fernando La Greca afferma che le fiabe interrompono la monotonia della quotidianità, dando l’illusione che l’impossibile non esiste ed esorcizzando il terrore dell’ignoto. Sono esse le armi con cui si è creata la “coscienza” dell’esistenza di un mondo in cui il male può essere vinto, in cui si può superare il proprio status di subalternità, rifugiandosi nella fantasia, in ciò che può essere ritenuto illogico, irreale.
E queste fiabe e racconti costituiscono l’anima del Cilento, fatta di miti e saperi che hanno fondato una cultura dell’oralità parlante e narrante, trasmessa di generazione in generazione, in cui leggende e costruzioni mitiche hanno dato vita molti personaggi reali e immaginari, un mondo magico ma anche un mondo reale in cui emergono gli eventi delle società, la vita quotidiana e i suoi costumi.
Nella rappresentazione popolare, c’è la lotta “tra Bene e Male, il desiderio di liberarsi con qualche bella azione dalla miseria e dalla fatica, la Sciorta che perseguita e contro cui l’Uomo è condannato a lottare, la paura dell’Aldilà”. Sono fiabe e racconti con personaggi e situazioni fantastiche; novelle ambientate in situazioni sociali particolari con uno “svolgimento a intreccio”; favole con protagonisti gli animali che “rivestono vizi e difetti degli uomini”.
Lascia un commento