Dieci anni fa si spegneva Natuzza Evolo, una donna che ha rappresentato, nella cultura popolare religiosa, un forte legame tra gli individui e le forme devozionali ed ha dato speranza e benessere, alleviando le sofferenze e permettendo il superamento di quelle che Ernesto de Martino definiva le “crisi della presenza”.
di Pasquale Martucci
(pubblicato il 31 ottobre 2019)
“Parlare del tema della morte non significa risolvere ogni cosa sul piano intimistico tralasciando di analizzare la dimensione sociale delle morti (…) L’attività di Natuzza è in nome della vita; della vita dei superstiti, cui ridà sguardo e parola; dei morti, cui assicura continuità; in sintesi, di una comunità rifondata nella quale vivi e morti possono continuare in relazione: la vita è nel rapporto, è il rapporto”. (M. Boggio, L.M. Lombardi Satriani, 2006, “Natuzza Evola. Il dolore e la parola”, Armando 2018, 205)
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