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La visione di Aldo Musacchio:
i fondamenti di una cultura per lo sviluppo del territorio

di Pasquale Martucci

 

Per affermare la scelta di Matera “Capitale Europea della Cultura 2019” è stata fondamentale l’idea di una cultura concepita attraverso un approccio moderno, quasi “visionario”, capace di attrarre un pubblico vasto e internazionale, puntando su un turismo fruibile con la digitalizzazione degli archivi dei beni culturali e la creazione di un canale tv online, per valorizzare una delle città ancora abitate più antiche al mondo.
Matera è soprattutto “la città dei Sassi”, gli storici quartieri riconosciuti nel 1993 come patrimonio dell’umanità UNESCO. I famosi Sassi sono due rioni che costituiscono la parte antica della città: il Sasso Barisano, fulcro della città vecchia, è il più ricco di portali scolpiti e fregi che ne nascondono il cuore sotterraneo; il Sasso Caveoso assume invece vagamente la forma di una cavea teatrale, da cui forse prende il nome. Al centro c’è la Civita, uno sperone roccioso che separa i due Sassi, sulla cui sommità si trovano la Cattedrale ed i palazzi nobiliari.
Il sociologo dello sviluppo Aldo Musacchio ha coordinato il gruppo di lavoro che ha prodotto nel 1971 un “Rapporto” socio-economico, fondamento del futuro destino della città. Di origini calabresi, ha per oltre trent’anni collaborato con il Formez, l’Ente che affiancava la Cassa del Mezzogiorno per gli aspetti di sostegno allo sviluppo sociale e formativo del Meridione.
Musacchio divenne esponente di spicco della cultura meridionalistica e fu particolarmente impegnato con il gruppo de “Il Politecnico”, svolgendo attività di ricerca socio-economica e di programmazione urbanistico-territoriale nelle regioni meridionali. Ha realizzato studi, progetti, programmi d’intervento nel campo della formazione. In Basilicata, redasse il piano regolatore di Tricarico, ed in seguito, commissionato dal Comune di Matera, è stato il coordinatore del “Rapporto socio-economico”, la prima indagine organica, servita da spunto per le successive iniziative legislative che hanno portato a Matera “Capitale Europea della Cultura 2019”.
Alla fine degli anni sessanta, si crearono in Italia dei gruppi di lavoro a carattere interdisciplinare con competenze nei campi delle scienze sociali e della progettazione. Il gruppo “Polis”, denominato più tardi “Politecnico”, operò in Basilicata dal 1967 a 1973. Cresci, che fece parte del gruppo di lavoro coordinato da Aldo Musacchio, sostiene che allora si crearono le premesse per mettere insieme le due culture, quella universitaria e quella del mondo contadino, legata ai gesti e ai rituali della vita materiale, conosciuta fino a quel momento attraverso i racconti di Levi e le ricerche di De Martino. (Cresci, 1980)
Matera è profondamente cambiata da allora: si è trattato di un vero e proprio riscatto per un luogo, definito negli anni cinquanta come paradigma dell’arretratezza del sud Italia. E’ una città dotata di un centro storico importantissimo che si può facilmente collocare dentro un concetto di modernità pur avendo un nucleo antico così preziosamente preservato. Vincenzo Viti è consapevole che i Sassi sono legati ad una doppia figura simbolica: “fascino millenario, futuro millenaristico”. (Viti, 2018)
Il “Rapporto del Politecnico”, redatto attraverso analisi, schede di lettura, numerosi e diversificati contributi interdisciplinari, si occupò di rilevare le condizioni economiche ed urbanistiche di una città che voleva misurarsi, dotandosi di un aggiornato strumento urbanistico, con le sfide del futuro. Il lavoro realizzato partiva dal presupposto che i Sassi fossero un bene economico e che per questo era necessario provvedere alla loro conservazione con l’utilizzo delle risorse finanziarie disponibili per il restauro conservativo degli stessi. Il sociologo Musacchio faceva osservare che sarebbe stato un grave errore operare in modo antistorico e antipopolare: in particolare, sosteneva che gli investimenti per i Sassi dovevano essere resi indipendenti ed in nessun modo subordinati o collegati ad altre realtà. I nuovi Piani Regolatori Generali avrebbero dovuto stabilire con chiarezza gli obiettivi progettuali che nel futuro avrebbero consentito ai Sassi lo svolgimento di un ruolo organicamente integrato con lo sviluppo della città e con quello del territorio circostante. (Viti, 2018)
Il “Rapporto” mise in discussione il dibattito che in precedenza aveva caratterizzato Matera, quello del “mito letterario e poetico di una città contadina, custode di un immenso patrimonio storico-antropologico”. Si considerarono sia le categorie storicistiche che i quadri interpretativi della realtà sociale ed economica, da un lato “le disuguaglianze” e dall’altro “le condizioni civili e culturali” che potevano far elevare la città. Per Musacchio, i Sassi erano “la testimonianza del dolore del mondo e della sua hegeliana coscienza infelice”. Era diffusa la prassi conservatrice, che impediva la loro immersione nel moderno e fondava le basi per la concezione di un “bene comune da istituzionalizzare”. (Viti, 2018)
Musacchio riteneva che occorresse una riflessione globale sul loro uso. Era convinto che “i Sassi costituissero una pesante ipoteca storica della città” e “un’unità nuova non realizzata”, in quanto così come sono rappresentano altro da sé, “un contenuto storico – la società contadina – che non ha ormai più alcuna ragione di essere perlomeno in quella forma”. I Sassi sono stati intesi o come “valore storico-politico” o come “problema artistico monumentale” estraniato dalla realtà fisica. Si dovrebbe ritrovare una civiltà contadina come “complesso globale e unitario di valori positivi”, per realizzare “l’unità della conoscenza e della coscienza del reale”, ovvero l’interdisciplinarità per studiare le forme di conservazione ed al tempo stesso di innovazione. L’unica soluzione sta nel ricambio delle classi sociali, ovvero che “ai ceti popolari subentrino in queste parti della città altre categorie, in possesso dei mezzi finanziari per restaurare e ristrutturare l’insediamento”. Si tratta di realizzare un processo con l’assunzione dei centri storici di funzioni di servizio, rappresentanza, direzionalità. La prospettiva è quella della “turisticizzazione dei beni culturali in quanto risorse produttive”, in cui nei Sassi si realizzino teatri all’aperto, mostre, festival, alberghi, residence. (Viti, 2018)
Le conclusioni del “Rapporto” sono legate ad un nuovo modo di concepire Matera, città dei Sassi, che guardi ad una diversa condizione di sviluppo, diventi “centro terziario direzionale”, con la funzione di polo di attrazione migratorio; infine, che gli investimenti non siano solo legati allo sviluppo urbano, ma soprattutto a quello produttivo, attraverso forme di sviluppo economico sia di derivazione pubblica che privata. Per il “Rapporto”, Matera è sospesa tra sviluppo e sottosviluppo: solo “adottando una linea politica globale all’interno di questa alternativa si può discutere concretamente della città e della sua evoluzione”. (Viti, 2018)
In seguito a quel lavoro, il Comune di Matera intese i Sassi come centro storico a tutti gli effetti della città: era necessario il loro restauro; erano da comprendere le regole morfologiche, architettoniche ed urbanistiche, quali chiavi di lettura della complessità dell’insediamento; era importante la salvaguardia del contesto ambientale dell’altopiano murgico, quale inscindibile complemento delle operazioni di rivitalizzazione.
Come viene riportato nella postfazione del libro di Viti da Giampaolo D’Andrea, il “Rapporto” ha finito col rappresentare “una sorta di porta d’ingresso di un percorso” che permette di individuare le opportunità nuove della città, una nuova idea di città oltre gli stereotipi della “città contadina consegnata alla storia”. (Viti, 2018)
Non mi sono occupato nei miei lavori di Matera e dei Sassi, pur avendo visitato la città in diverse circostanze: non avevo dunque approfondito le tematiche e le intuizioni contenute in quel “Rapporto”. Ho conosciuto Aldo Musacchio molti anni dopo, in occasione dell’ultimazione del volume: “Identità cilentana e cultura popolare”, alla metà degli anni novanta. Si trovava nel Cilento per realizzare alcuni interventi per il costituito Parco Nazionale e fu interessato a scrivere la prefazione del volume. Insieme ad Antonio Di Rienzo lo incontrammo varie volte ed avemmo diversi scambi epistolari.
Quale tributo alla sua memoria, mi preme riportare alcune concettualizzazioni che contribuiscono a delineare il suo pensiero, il suo approccio teorico-pratico e interdisciplinare.
Applicato ad ogni problema, sosteneva Musacchio, si può riproporre l’impiego di tre categorie teorico-pratiche: 1) definizione; 2) conoscenza; 3) gestione. La definizione non è altro che formulazione delle ipotesi di lavoro, da verificare e puntualizzare nel tempo. Il problema della conoscenza, al contrario, è quello da specificare e da cogliere nel quadro di riferimento storico. Capacità di lettura e d’interpretazione del passato sono i due elementi da considerare: nulla può essere trasformato, e addirittura trattato, se non vi è comprensione di ciò che sta dietro quella certa forma, quel determinato oggetto. Musacchio era convinto che occorresse coniugare “la memoria al divenire progettuale”. La memoria non è un astratto ricordare ma rappresenta il reinventare; non si danno attività di tutela o gestione scisse da valori progettuali, da una cognizione della realtà esterna che consenta di intervenire, risanare, eventualmente modificare, facendo leva su di una “memoria creativa”. Chi conosce il passato può intervenire su di esso sia per conservare il vecchio che per creare il nuovo. Rivalutare la categoria della storicità verso il sapere per agire, l’intendere per intervenire, l’aver coscienza del valore dell’ambiente – e, nella stessa maniera, del territorio, del paesaggio, dei beni culturali – per poterli effettivamente gestire e affermare.
Per giungere alla realizzazione della coniugazione di teoria e pratica (gestione) occorre agire secondo gli elementi dell’informare, formare, educare. In definitiva: comunicare e coinvolgere l’opinione pubblica; creare professionalità appropriate trasferendo saperi tecnico-scientifici; costruire e contribuire alla crescita della “cittadinanza attiva”.
Aldo Musacchio si definiva “sociologo dello sviluppo”, e volle subito precisare fin dal primo incontro: l’identità di cui trattate deve essere intesa come “memoria” fondata non solo sul passato, ma anche sulla “volontà di proiettare tale memoria nel futuro”. Sulla base di questi elementi, attraverso soprattutto l’approccio conoscitivo, Musacchio, nella sua concettualizzazione, vedeva l’identità come costruzione culturale e sociale: “la cilentanità è un valore collettivo che si è prodotto nel rapporto uomo-territorio e si è definito grazie ad un sistema comune di regole e di pratiche di vita”, scrisse nella prefazione del libro. Altro elemento è il senso comunitario, la coscienza del vivere comunitario che caratterizzava una comune appartenenza. Musacchio affermava che nel territorio si è realizzata “una specie di mitizzazione di un mondo che è riuscito a sublimare la miseria e le condizioni quasi bestiali di lavoro e di vita grazie alla creazione di uno straordinario patrimonio culturale”. (Martucci, Di Rienzo, 1997)

Ecco spiegata la persistenza del concetto di cultura materiale. E’ l’approccio conoscitivo che implica la spiegazione dei motivi più interessanti di un nuovo studio del territorio e della cultura ambientale.
Per compiere questa azione e realizzare gli obiettivi legati allo sviluppo del Mezzogiorno, non si potrà non tenere nella dovuta considerazione le intuizioni e le visioni di un intellettuale e maestro del pensiero che ha lasciato una grande e profonda eredità.

 

Riferimenti Bibliografici

1. M. Cresci, A. Musacchio, F. Orioli, & R. Panella (1967), Comune di Tricarico. Quaderno del Piano, Officine Grafiche Longo e Zoppelli.
2. M. Cresci, L. Fabris, A. Musacchio, S. Musacchio, F. Orioli, N. Piantini, P. Toscano (1971), (a cura di) Gruppo di Progettazione “Il Politecnico”, Una città meridionale fra sviluppo e sottosviluppo. Rapporto su Matera, Edizione curata dal Comune di Matera 1971.
3. M. Cresci (1980), L’immagine effimera, in: M. Cresci (a cura di), L’archivio della memoria: fotografia nell’area meridionale, 1967-1980 (s.p.), Arti Grafiche Roccia.
4. P. Martucci, A. Di Rienzo (1997), Identità cilentana e cultura popolare, CI.RI Cilento Ricerche.
5. V. Viti (2018), Matera “Capitale” Dal Rapporto socioeconomico (1970) al Dossier per la candidatura (2013), Rubbettino Editore.

4 Responses to “Matera Capitale Europea della Cultura 2019. La visione del sociologo Aldo Musacchio”

  1. Antonio Peduzzi

    Sono orgoglioso di essere stato amico di Aldo Musacchio.

    • Pasquale Martucci

      Ho cercato di proporre le sue idee, partendo da Matera e allargando le sue concettualizzazioni a tante questioni legate alla meridionalistica e alla sociologia. Ad una sociologia che partendo dal passato fosse attenta allo sviluppo ed al progresso del nostro territorio. Questo mi diceva sempre nei nostri incontri nel Cilento.
      Credo che un uomo di così profonda cultura e sensibilità dovrebbe essere più diffusamente ricordato.
      La ringrazio per la cortesia.
      Pasquale Martucci

  2. Gianfranco Pazienza

    Ricordare Aldo Musacchio, il professore e l’amico paterno, leggendo questo prezioso saggio della Matera diventata sito Unesco e capitale della cultura, anche grazie alla lungimirante analisi di Aldo nel 1971, è stata l’ennesima occasione di ritrovare gli stimoli e le emozioni a cui Aldo ci aveva educati. Grazie

  3. Domenico NICOLETTI

    Sono stato al fianco di Aldo in quegli anni cilentani e con lui scritto un testo visionario sul futuro del sud nello scenario mediterraneo e ritengo di essere stato ed essere oggi nella qualità di Direttore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia un suo allievo attuatore degli insegnamenti e della PODEROSA capacità di visione che mi ha infuso in quegli anni (quanto sono importanti i maestri per i cambiamenti) dopo essere stato Direttore del Parco del Cilento che grazie alla spinta di Aldo divenne allora patrimonio dell’umanità e riserva di biosfera dell’UNESCO trattando l’identità il paesaggio evolutivo del cilento come “memoria” fondata non solo sul passato, ma anche sulla “volontà di proiettare tale memoria nel futuro”. Oggi rifletto queste tensioni e prospettive a ridosso di Matera 2019 nella bellezza di Castel del Monte e la cultura federiciana e la modenità di RuralFirst#AltaMurgia2020………………GRAZIE e spero di aver occasione di confronto sul grande patrimonio dell’opera di Aldo

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