Ricevo e pubblico il lavoro di Nisia Orsola La Greca Romano, sulla tradizione culinaria dei marinai
AVE MARIS STELLA
La cucina dei marinai dall’antichità ad oggi e i piatti tipici della cucina marinara nel Cilento
In occasione dei festeggiamenti, che si tengono il 24 luglio ad Agropoli, in onore della Madonna di Costantinopoli, protettrice dei pescatori, vengono di seguito presentate molte curiosità ed un piccolo approfondimento circa l’alimentazione dei marinai, in particolare quelli che vivono lungo le coste cilentane.
La cucina marinara è caratterizzata da frugalità, sveltezza e da poca varietà di ingredienti, che di certo, però, non incidono sul gusto delle preparazioni risultanti. I pescatori, stando, spesso, più tempo fuori a pescare, erano costretti a cucinarsi a bordo, usando maggiormente pesci di scoglio ed alici e preferendo, invece, vendere i pesci più prelibati, che ovviamente, erano più redditizi.
Troviamo testimonianze e documenti che ci forniscono delle simpatiche informazioni anche sulla cucina marinara dell’antichità e delle civiltà più antiche. Il termine “rancio” indica proprio il momento di riunione, di convivio tra i marinai a bordo , per condividere il cibo. Se leggiamo una lista di “bordo” del 3000 a.C. la troviamo curiosamente gustosa elencando pesce, carne di montone, formaggio di capra, pane e focaccia, miele, verdure, datteri, fichi e melograni, olio di oliva, vino di datteri, e addirittura birra!
Spostandoci in Egitto, dal Papiro di Harris risultano come cibi preferiti carne secca e oltre trenta tipi diversi di pane e focacce; gli egiziani erano soliti anche salare i pesci prima della consegna a bordo, che come ben sappiamo , è tutt’oggi uno dei modi migliori della conservazione degli alimenti.
Anche nella storia greca vi sono riscontri interessanti: il poeta Archestrato di Gela, nell’“Hedypatheia” (Poema del buongustaio) racconta i suoi lunghi viaggi alla ricerca delle migliori prelibatezze e parla del pane, dei pesci, della selvaggina, della produzione e della conservazione del vino, fino a criticare i cuochi siracusani che “imbrattano” il pesce con “untumi e caci vari” e raccomanda di condirli solo con sale, olio e qualche erbetta odorosa. Indica, inoltre, le specie più rinomate di pesce, come le anguille dello Stretto, le orate di Selinunte, i tonni e il pescespada di Tindari. Un vero cultore del piacere!
I Romani, inoltre, avevano per lo più pesce sotto sale ed il famigerato garum, una salsa fatta di interiora di pesce lasciate macerare per mesi; contando, poi, formaggi, la “maza” (una zuppa di farina, acqua, olio o vino, sale, miele) e il “moretum” (farina, formaggio, aglio, ruta, aceto, olio e uova). Si trovava anche il vino, conservato con spezie e resine. Sui tappi delle anfore veniva addirittura impresso il marchio di spedizione, il tipo di merce e la provenienza.
Giunti al Medioevo si nota un leggero miglioramento della qualità dei pasti a bordo. Pur continuando a mangiare senza posate, sono presenti a bordo molti utensili che arricchiscono le potenzialità delle cucine: calderoni in rame, padelle, casseruole, spiedi, schiumarole, mortai, macine e forni in rame per panificare.
Tra il X e XIII sec si apre la grande fase delle Repubbliche Marinare e nasce anche la figura del ‘fornitore navale’ e dai documenti ritrovati risulta che il proprietario della nave deve garantire ad ogni singolo membro dell’equipaggio almeno 800g di biscotto al giorno.
Cosa mangiavano, invece, nel 1492, i marinai che erano a bordo delle tre caravelle di Colombo, oppure Magellano e i suoi? Dai documenti di viaggio sappiamo che il vino non mancava: 3 mestoli al mattino e 3 alla sera di vino rosso. Le gallette, poi, venivano concesse in razione doppia la domenica. Il martedì, giovedì e domenica si mangiava carne essiccata (cervo o vacca); il lunedì, mercoledì, venerdì e sabato zuppa calda di legumi. La domenica mangiavano anche uva passa, mandorle, fichi secchi e miele. Colombo era particolarmente pretenzioso, ordinando solo per sé cedri canditi, datteri, zucchero rosato e bianco, acqua di rose, zafferano, prosciutto, galline e galli vivi. Magellano, invece, non badava a spese, facendo caricare sulle sue navi circa 8.400 kg di gallette, 2.400 kg di carne fresca e 200 botti di vino.
Insomma, la cucina marinara rappresenta una tradizione che vive da secoli. Ritornando ,però,alla cucina dei pescatori del Cilento , di seguito, vengono presentate varie ricette tipiche narrate da abitanti del posto :
“Alici a maruzzedda” di Acciaroli: aglio ,prezzemolo, formaggio a pezzetti, un pò di sugna; “si liscano le alici, si aprono e si cospargono con aglio, formaggio e prezzemolo; poi si arrotolano a cominciare dalla testa; si pongono l’una a fianco dell’altra in un tegame di terracotta unto di sugna; devono cuocere a fuoco lento”.
“Broro re pisci” di Scario: pesci di scoglio (polpi, scorfani, etc…), cipolla, pomodoro, olio; ” si soffrigge il pesce con olio e cipolle tagliate a fettine; quando il pesce è cotto, toglierlo dal tegame ed aggiungere alcuni pomodori – pochi in modo che il sugo non perda il sapore- ; con questo si condiscono gli spaghetti”.
“Mollecata re cicinielli” di Scario: cicinielli, mollica di pane, pepe, formaggio, limone (o aceto), aglio e olio; ” si sistemano in un tegame i cicinielli, si coprono con tutti gli ingredienti e poi si cuociono al forno, precedentemente scaldato”.
“Pasta cu i purpi” di Acciaroli: 1/2 kg di polpi, olio, 1 lt di salsa; ” si puliscono i polpi e si battono con una canna per farli intenerire e si mettono a cuocere in un tiano (= tegame di terracotta) con tre cucchiai di olio, a fuoco lento, i polpi cacciano la loro acqua e devono bollire fino a quando l’acqua non evapora; allora si aggiunge la salsa; si fa cuocere fino a quando questa non diventa densa. La salsa si usa,poi, per condire gli spaghetti”.
“Alici ca menta e acito” di Acciaroli: 400 gr di alici, 2 spicchi d’aglio, 100 gr di olio, un pizzico di sale, menta , aceto,strutto e acqua; ” si dispongono in un tegame unto di strutto le alici scapate e allineate; si aggiungono gli ingredienti e il tutto si ricopre di aceto ed acqua in parti uguali; la cottura deve essere a fuoco lento e il tegame deve essere ben coperto. Un tempo si cuocevao sotto la cenere e un pò di brace”. (Per tutte le ricette, aa.vv. “Feste Pagane e Feste Cristiane nella tradizone culinaria del Cilento”, Centro di cultura storica cilentana e tradizioni popolari)
Nisia Orsola La Greca Romano
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