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‹‹Quante volte mi hanno chiesto ai dibattiti: “Ma insomma mi vuoi dire con chiarezza che cos’è il pensiero debole così lo comprendiamo? Allora puoi cominciare a girare intorno, rispetto all’idea che il “che cosa” è una domanda filosoficamente impegnativa, che la risposta non può essere del tipo sì o no, oppure che non può esserci una risposta di tipo affermativo, eccetera››.

Interessato al presente ed interprete attento degli ultimi cinquant’anni della vita culturale italiana, studiando il retroterra politico-sociale del nostro Paese Pier Aldo Rovatti continua a sostenere la necessità di una “etica minima”, uno stile di vita, un esercizio abbassando la filosofia al quotidiano. Ciò che accade è ancora improntato sulla riflessione intorno ad ermeneutica e fenomenologia, indirizzandosi ad un “potenziale etico”, un modo di essere quotidiano libero dagli imperativi, che deve contrastare la cultura individualistica.

Questi temi sono presenti nel libro intervista, sotto forma di autobiografia: “La filosofia è un esercizio”, un procedere “per cerchi che si allargano, rotture, cortocircuiti successivi”; è un mettere davanti una scala che ti invita a salire, a “raggiungere altezze decisamente vertiginose”, partendo da uno scalino messo all’altezza giusta. Rovatti in tal modo svolge l’esercizio del pensiero debole. Fu una sorta di rivoluzione rispetto alla visione della filosofia classica e della tradizione filosofica occidentale, una intuizione, insieme a Gianni Vattimo, per condurre la filosofia nell’ambito del postmodernismo europeo, che tracciava un importante mutamento di pensiero. Ispirandosi alla tradizione dell’ermeneutica moderna e occupandosi dell’indebolimento dell’essere (Vattimo), fedele al pensiero fenomenologico e dedicandosi all’indebolimento del soggetto (Rovatti), il centro del pensiero debole era di mettere in discussione un concetto di “Verità” univoco.

Il lavoro è pubblicato nella sua interezza in:

http://ricocrea.it/pubs/

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