A trent’anni dall’omicidio di
JERRY MASSLO
ancora non abbiamo compreso che …
“Ciascuno di noi è straniero di un altro”
(Francesca Mannocchi, scrittrice)
Trent’anni fa un uomo, fuggito dal suo Paese perché combatteva l’apartheid, fu ucciso da alcuni ladri che irruppero nella sua abitazione di fortuna per rapinare gli immigrati delle poche sostanze che avevano accumulato. Tutto ciò avveniva a Villa Literno, la terra dello sfruttamento degli stranieri nei campi di pomodori: il nome dell’uomo ucciso era Jerry Essan Masslo.
Apparentemente sembrò un delitto come tanti, ma rappresentò la presa di coscienza da parte della popolazione del problema dei rifugiati e dei lavoratori stranieri in Italia. Quella atroce morte diede il via alle grandi manifestazioni antirazziste, all’approvazione di leggi sulla protezione dei rifugiati extraeuropei, al riconoscimento e alla tutela dei diritti dei lavoratori stranieri.
Jerry Masslo fu l’esempio che fece comprendere il fenomeno dell’immigrazione e il difficile cammino verso l’integrazione in Italia. Aveva trent’anni ed era sudafricano, quella parte del mondo che diede i natali a Nelson Mandela. Studiò nelle scuole per “soli neri” e si impegnò nella lotta per i diritti della popolazione “coloured”. Fu costretto a fuggire. Si imbarcò clandestinamente per l’Europa e quando arrivò in Italia, il 21 marzo 1988, fece la domanda d’asilo politico, che fu respinta. Amnesty International lo mise in contatto con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Le autorità italiane, ritenendo che non esistevano “intenti persecutori diretti e personali nei confronti del richiedente”, disposero il rilascio di Jerry Masslo: poteva rimanere in Italia ma senza alcuno status giuridico definito. Fece allora domanda di espatrio per il Canada, per ricongiungersi con la moglie e i figli. Nell’attesa, incominciò ad imparare la lingua italiana e a svolgere piccoli lavori occasionali. L’estate successiva andò a Villa Literno, per raccogliere i pomodori. Si accorse che le condizioni di lavoro erano durissime. Il territorio viveva di agricoltura, ma il controllo di tutte le attività economiche era del clan dei casalesi. Gli italiani non erano disponibili a svolgere un lavoro scarsamente retribuito ed allora la manodopera era prevalentemente formata da immigrati irregolari. I caporali controllavano il lavoro, che durava anche quindici ore al giorno e veniva pagato a cassette (circa mille lire per una cassetta di venticinque chili). Gli alloggi erano ruderi di casolari di campagna, senza luce e servizi igienici.
Nell’estate del 1988, Jerry Masslo rimase due mesi a Villa Literno. Quando finì la stagione del pomodoro, ritornò a Roma presso la struttura di accoglienza: la “Tenda di Abramo”, in attesa del visto per il Canada. L’estate successiva fece ritornò a Villa Literno per lavorare di nuovo alla raccolta del pomodoro. La situazione che trovò era diversa e peggiorata: nelle baracche dove dormivano gli immigrati stava maturando una maggiore consapevolezza delle condizioni di sfruttamento che subivano. Si interpellarono i sindacati, ma era difficile ribellarsi a quello stato di cose. Cominciarono a moltiplicarsi episodi di intolleranza nei confronti degli stranieri, che non potevano muoversi liberamente per paura di imbattersi in alcuni gruppi organizzati. “E’ aperta la caccia al nero!”, fu trovato scritto su un volantino.
La situazione lavorativa a Villa Literno incominciò a destare l’attenzione dei media italiani, che intervistarono anche Jerry Masslo.
La notte tra il 24 e il 25 agosto 1989, un gruppo di persone con i volti coperti fece irruzione con armi e spranghe nella baracca in cui Jerry dormiva con altri ventotto immigrati, chiedendo che venissero consegnati tutti i soldi accumulati. Alcuni lo fecero, altri si rifiutarono. La situazione precipitò: uno dei rapinatori sparò tre colpi di pistola, Masslo, colpito, morì prima di essere soccorso; un altro suo connazionale, miracolosamente, si salvò.
La Cgil chiese i funerali di Stato, che si tennero il 28 agosto 1989 alla presenza delle istituzioni. Ai funerali accorsero le televisioni di tutta Italia per riprendere l’evento.
Il Tg2 trasmise l’intervista rilasciata da Jerry Masslo alcuni giorni prima:
“Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo”.
La morte di Jerry Masslo ebbe un grande risalto. Nei giorni successivi intervennero l’ONU, il papa Giovanni Paolo II, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il mondo politico e le associazioni produttive e sindacali italiane. Il 20 settembre 1989 a Villa Literno si tenne il primo sciopero degli immigrati contro il caporalato al servizio della camorra. Il 7 ottobre 1989 a Roma si svolse la prima grande manifestazione nazionale contro il razzismo, con alla testa uno striscione che ricordava il profugo politico sudafricano. Nel febbraio del 1990 entrò in vigore la legge Martelli, primo tentativo di affrontare i temi dell’immigrazione in un Paese che scopriva la presenza degli stranieri, che richiedevano la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita.
Nell’estate del 1990 venne realizzato a Villa Literno, il “Villaggio della Solidarietà”: si trattò di una grande tendopoli dotata di servizi per gli immigrati, intitolata a Jerry Masslo e allestita grazie al solo impegno volontario di giovani provenienti da tutta Italia.
Nonostante alcuni passi avanti, ancora oggi, come afferma Aboubakar Soumahoro, il dirigente sindacale italo-ivoriano che si batte per i diritti degli sfruttati, non è ancora del tutto chiara “una visione umana di società capace di incanalare le aspirazioni, i sogni e i desideri delle persone, soprattutto in questo contesto di smarrimento di valori culturali radicati nell’umanità”.
Sperando in un futuro cambiamento:
“Scioscie viento puortame ‘a forza pe’ guarda’ annanze
quanno cagnarrà
juorne venarrà chesto ‘o ssaccio già
sciosce viento puortame ‘a forza pe’ guarda’ annanze
quanno cagnarrà
si cagnarrà si cagnarrà”.
Sono alcuni versi degli Almamegretta, tratti dal brano: “Scioscia viento”, Album “Sanacore”, che uscì nel 1995, dedicato alla tragica vicenda di Jerry Masslo.
Pasquale Martucci
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