Contro l’odio, i fascismi e i populismi, propongo la lettura del volume di Antonio Peduzzi sulle controverse idee del grande filosofo tedesco.
Il problema dell’autentico e della cura in Martin Heidegger
di Pasquale Martucci
La fatica del pensiero è stata per Heidegger un continuo ritornare alle pagine di “Essere e Tempo” (Sein und Zeit), inteso come “atto di fondazione di uno scenario essenziale della filosofia contemporanea”. Così Peduzzi alla fine del suo lavoro intorno e nei dintorni di Martin Heidegger, ponendo la questione essenziale: “antisemitismo” e “sterminismo”, ed affermando come “l’analisi del suo modo di costruire concetti è un esercizio di fatica cui nessuno studioso deve sottrarsi”. (1)
Conoscendo Heidegger, Peduzzi ha potuto compiere la fatica di rilevare come all’interno dei concetti di autentico-esserci-cura si annida una speculazione teorica che propone una filosofia, fatta da filosofi, come affermazione di un dominio e di una società nuova ed antidemocratica. La critica è verso quegli intellettuali che hanno rispettato la speculazione heideggeriana, trascurandone i concetti che hanno poi riguardato il fondo oscuro del suo pensiero.
Ed allora vediamo le differenti ragioni.
Heidegger nazista è stato un tema sollevato con la pubblicazione negli ultimi anni de: “I Quaderni neri”, dove il filosofo ha raccolto i suoi pensieri dal 1931 al 1969. (2)
Anche in precedenza tanti avevano rimarcato la questione che andava anche oltre le evidenti simpatie ed adesione al nazismo. Gli intrecci tra lui e Schmitt e Jünger, pensatori di “destra”, hanno posto il problema di comprendere se la sua filosofia contenesse posizioni antisemite, con gli Ebrei al di fuori della storia dell’Essere. La posizione antigiudaica era propria di Kant, Fichte, Hegel e Schopenhauer, nonché di buona parte della cultura filosofica europea, ed allora molti hanno privilegiato l’Heidegger che ha inciso sulle idee del novecento, così come Hegel lo aveva fatto nell’ottocento.
Non tutti hanno dimenticato le sue idee naziste. Maurizio Ferraris ha ricordato che il pensiero heideggeriano nel suo insieme è iper-gerarchico, e che l’appello al nichilismo e alla volontà di potenza, l’insistenza sulla decisione, l’abbandono della nozione tradizionale di verità costituiscono una adesione profonda e non opportunistica all’ideologia nazista. Emmanuel Faye propone un ridimensionamento della figura di Heidegger e una relativizzazione del suo pensiero al periodo storico nel quale fu elaborato. Se per Derrida c’è una inadeguatezza a misurarsi criticamente con lo spirito dell’ideologia nazista, Jürgen Habermas considera “Essere e Tempo” lo sbocco di un processo di detrascendentalizzazione del soggetto kantiano: grazie agli strumenti della fenomenologia husserliana, Heidegger mette in evidenza un’eredità essenziale del pragmatismo americano, dello storicismo tedesco e della filosofia del linguaggio di Humboldt. Gli argomenti prodotti svolgono un ruolo importante nella storia della filosofia, anche se il suo pensiero fa trasparire lo spirito del fascismo e un mancato rimorso nell’adesione al nazismo.
Il dibattito è ancora aperto con posizioni sfumate ed altre molto più critiche, quali quelle francesi, da Levinas a Lacoue-Labarthe fino ad arrivare a Fédier; Karl Löwith, Hans Jonas e Herbert Marcuse al contrario rifiutano il suo antisemitismo, per l’influenza che ha esercitato la filosofia heideggeriana sulle idee del novecento. Hannah Arendt ha riconosciuto nella sua opera una nuova stagione del pensiero con la scoperta del mondo concreto della vita; del resto, senza i suoi concetti non è pensabile l’esistenzialismo né di Sartre né di Alexandre Kojève. (3)
Dunque, è soprattutto per l’eredità che ha lasciato che tanti hanno sorvolato sulle sue sbagliate adesioni e convinzioni. Per Gianni Vattimo, “Heidegger ci ricorda che noi siamo umani in quanto percepiamo il nostro essere gettati nel mondo, ci ricorda ancora che siamo esseri dentro una storia, e dunque siamo esseri finiti, sovrastati dalla morte come possibilità permanente, e ci dice da ultimo che non possiamo fare altro rispetto a questa condizione che affinare il linguaggio affinché l’essere trovi una via per rivelarsi”. Quanto poi al presunto lato nazista del suo pensiero, bisognerebbe rilevare che, sebbene con diverse intensità, tutte le principali correnti filosofiche e letterarie contemporanee sono debitrici a Heidegger, in particolare quelle legate alla sinistra. “Bisogna considerare i tempi: molti intellettuali dell’epoca, dallo storico Marc Bloch al critico letterario György Lukács erano dalla parte di Stalin. Ernst Cassirer era un illuminista, ma poteva permetterselo: era un ricco amburghese che fuggì e non fu costretto a prendere posizioni. In Germania erano tempi duri per tutti: Gadamer mi raccontava che lui e Heidegger si trovavano a casa sua a leggere “Guerra e Pace”, a lume di una sola candela. Non ne avevano altre”. (4)
Fatte queste necessarie premesse, è ora interessante confrontarsi con le tesi centrali del lavoro di Peduzzi, ovvero i concetti di autentico (Eigentlich) e di Cura (Sorge).
Terzi, in un commento su “Essere e Tempo”, ha rilevato che nell’autenticità l’esserci ha progettato la sua esistenza in base al proprio essere e alle proprie possibilità, in quanto l’esserci si trova nella inautenticità (Uneigentlich), è stato lì gettato ed ha lì assunto la forma del “si” (si fa, si dice), riguardante però un’esistenza massificata, anonima dove domina la chiacchiera e l’equivoco. Con la Cura, come incontro di “esistenzialità, effettività e deiezione”, va incontro ad una “articolazione di strutture”, ad una “unità profonda”, al suo senso che è la temporalità. E da lì, facendo un passo in avanti, si introducono i concetti di possibilità, progetto e comprensione nel rapporto con i singoli enti (con-esserci). (5)
Gianni Vattimo individua nel Dasein (Esserci) il progetto, il superamento dell’oggetto e la collocazione in un certo mondo, nella storia in cui vive. Per lui, le idee heideggeriane sono riconducibili ad un’esistenza non semplicemente presente ma legata alla possibilità: esistere, da ex-sistere, star fuori. Lo stesso Dasein sottintende dinamismo, progetto. Ora veniamo alla distinzione tra esistenza autentica ed esistenza inautentica. L’Esserci, l’essere gettato, il progetto, deve rapportarsi al mondo comprendendolo. Si tratta di quella che Vattimo chiama “la preliminare comprensione del mondo”, che “si attua come partecipazione irriflessa e acritica a un certo mondo storico-sociale, ai suoi pregiudizi e ai suoi rifiuti, al modo comune di vedere e giudicare le cose”, in quanto “l’esserci incontra il mondo già sempre alla luce di certe idee che ha respirato nell’ambiente sociale in cui si trova a vivere”. Da lì, c’è l’esserci che incontra “il mondo di cui si prende cura”. L’esistenza inautentica, sarebbe l’assenza di una vera comprensione della cose, quella che può essere definita una pre-comprensione. E’ infine necessaria la conoscenza vera, l’appropriazione della cosa, l’assunzione di responsabilità da parte dell’esserci. E qui si sviluppa l’esistenza autentica, l’assunzione di responsabilità come Cura (Sorge). (6)
Sul comprendere, “l’originario modo di attuarsi dell’esserci, che è essere nel mondo”, Gadamer rilevò il linguaggio come incontro di una ontologia ermeneutica, evidenziò il rapporto di Heidegger con la pre-comprensione e scoprì il carattere progettuale di ogni comprendere, che implica interpretazione, cogliere i nessi, trarre conseguenze: “ogni comprensione di questo tipo è autocomprensione”. (7)
Queste concettualizzazioni conducono ai rilievi di Peduzzi, che insiste molto sulla negazione del concetto di tempo, la temporalità, precisata da Heidegger nella conferenza del 1924, che “rende possibile l’autentico poter essere dell’esserci”. Sostiene Heidegger: “La possibilità di accedere alla storia si fonda sulla possibilità secondo la quale un presente sa essere di volta in volta futuro. Questo è il principio primo di ogni ermeneutica. Esso dice qualcosa dell’essere dell’esserci che è la storicità stessa”. (8)
Il tempo come temporalità, il tempo che è rimasto incompiuto in “Essere e tempo”, dove manca della seconda parte di carattere storico e della terza sezione della seconda parte: Tempo ed Essere, il tempo come esserci e possibilità, tutto ciò induce Peduzzi a parlare di un inevitabile presente. Entrando nello specifico delle idee nazionalsocialiste heideggeriane, Carl Schmitt e l’opposizione amico/nemico sembra far prevalere il concetto spaziale su quello temporale: ci sarebbe l’esserci spazio e non il tempo nella filosofia heideggeriana; non il prima ma solo il dato contestuale. Questa idea è motivata e continuamente rimandata in tutto lo scritto, anche in opposizione ai tanti che, pur rilevando il limite della trattazione del tempo in “Essere e tempo”, hanno comunque individuato nel progetto (Vattimo) alcuni elementi che inducono a non produrre essenzialmente staticità, e dove lo stesso concetto di Cura (essere dell’esserci) sarebbe temporalità, progetto, futuro, rapporto con gli enti nel mondo. (9)
Per Peduzzi, al contrario, il concetto di tempo è la presenzialità della presenza ed il Sein (essere) del Dasein (esserci), è “l’essere umano nell’uomo”. Ed allora non ci sono stati passi in avanti rispetto al pensiero cartesiano (soggettività in quanto pensante non può avere oggettività in quanto me, pensato). E’ in discussione l’identità di Ego e Me (soggetto e oggetto entro la soggettività umana). Il Peduzzi sostiene che tutto è condotto all’eterno presente che produce la contrapposizione interno/esterno, dunque l’hostilis, estraneo, che intacca la stessa identitas. Ed allora: aggressore/aggredito, confini rigidi, differenze, fanno pensare al rifiuto, per usare espressioni sociologico-antropologiche. Per Schmitt, l’interno scaccia l’invasore, perché lo straniero è altro. Ci potrebbe essere una mescolanza e ibridazione, ma in genere lo straniero è minaccia, negazione del proprio esistere. Se l’alterità, scrive Peduzzi, è pensata esistenzialmente, si realizza “la condizione fondante dell’eliminazione fisica e dello sterminio”, perché l’uniformità si ottiene attraverso l’annientamento dello straniero. (10)
Non accettando l’ideologia dell’autentico (nazionalsocialismo) l’estraneo che è nemico, Peduzzi introduce la coppia schmittiana di bene/male: all’interno del bene, i buoni sono compatibili e i malvagi sono incompatibili se si stanziano in esso; dunque uccidere i malvagi che portano il male è un bene. Il male va evitato e scacciato e l’hostis va eliminato a priori. Si tratta di legittimare la reazione di fronte al pericolo, e da lì l’emergenza e la ricerca di pieni poteri, ovvero l’ideologia heideggeriana all’interno di Sein und Zeit. Afferma: “Dietro il feticcio dell’ermeneutica della effettività, la linea definitoria scelta è quella di una modellizzazione concettuale ricalcata sul profilo esistenziale di una minoranza, quella dell’esistenza autentica”. (11)
Il modello di società è quello dei ceti dominanti, è il nucleo del pensiero antidemocratico: nelle pagine di Sein und Zeit, gli inautentici sono pensati come vite quantitative senza qualità, ed allora su di esse va esercitata la Cura, Sorge, da parte degli autentici. La Cura deve intervenire sulle masse (res extensa) e portarla al pensiero (res cogitans). Ma questo passaggio interviene dall’alto: occorre il passaggio dell’essere-uomo dell’uomo; coloro che non lo superano restano fuori dalla Cura autentica. (12)
A ben vedere, anche qui c’è dominio ed imposizione per l’affermazione dello stato etico, il nazionalsocialismo. Ad Heidegger è affidato il compito di ridurre la storia in datità, dominio del momento. Ed allora diviene per Peduzzi il Commissario dell’Essere che ha trattato la fine e un nuovo inizio, quello di nuovi soggetti politici, nati sulle ceneri di Weimar che approdano al Terzo Reich. Gli stessi concetti di Mitsein (essere-contro, che presuppone ineguali e dominio di dominante su dominato, in cui il mondo tedesco vive entro confini chiusi e conclusi) e di analitica esistenziale (la soggettività è scambiata per un dato fattuale), sono affidati all’idea di Cura che potrebbe far star bene gli inautentici. Heidegger punterebbe all’affermazione della prima philosophia (intellettuali che si prendono Cura degli inautentici) che si rivolge in senso imperativo alla seconda, che esegue. Ed il filosofo si erge a maestro dei maestri, titolare del pensiero della prima. (13)
Anche dopo: “Essere e Tempo”, Heidegger afferma l’importanza della funzione di predicatori che intendono svolgere attività sociale di formazione, per contenere la minaccia dell’inautentico e dar luogo a “un ambiente di vita su base di identità di sangue e suolo”. La coppia autentico/inautentico è pensata dall’alto da un ceto sociale superiore e dunque è “un concetto centrale endogamico da cui traduce l’odio antioperaio”. Qui è ben evidente non solo la differenza con Marx, ma anche con Hegel (considerato industrialista che si occupa di masse urbane ed ha una visione mondiale basata sul reciproco riconoscimento), rispetto ad Heidegger, provinciale attento al mondo rurale e contadino, che ha lo sguardo rivolto dall’alto al basso. (14)
Quando Peduzzi parla dei dintorni di Heidegger, si riferisce soprattutto alla res cogitans cartesiana, allo scenario planetario marxiano, ad Hegel e a Nietzsche per porre le basi di un nuovo inizio del filosofare. Anche se lo fa per dominare il destino e dirigere le vite degli altri, attraverso l’azione del Primo Essere, che “è esente da tutte le imperfezioni e la sua esistenza è la più perfetta e la più antica delle (forme di) esistenza (…) Egli occupa il più alto grado nell’eccellenza dell’esistere e il livello supremo della perfezione dell’esistere”. (15)
L’importanza di Heidegger è evidente: il filosofo, partendo dal mondo della vita e dall’Esserci ad ex-sistenza, cercando di disvelare la dimensione ontologica (la natura costitutiva degli oggetti del mondo a partire dal soggetto e dalla coscienza che li rende possibili) e di permettere all’Esserci di abbandonarsi e comprendere l’Essere, ha messo a disposizione di tutti stimoli interessanti per un nuovo modo di fare filosofia.
Resta la grande contrapposizione, per alcuni negazione di temi legati a quelli nazionalsocialisti, a proposito soprattutto di autentico e di cura, così come posti da Antonio Peduzzi e declinati nelle loro estreme conseguenze, che evocano la tragicità degli eventi che si sono verificati gettando ombre profonde su un pensatore che ha comunque segnato i destini del novecento.
Note:
- A. Peduzzi, “Esercizi di fatica del concetto. Martin Heidegger e dintorni”, Edizioni Solfanelli 2018, 120.
- Cfr.: D. Di Cesare, “Heidegger e gli ebrei. I quaderni neri”, Bollati Boringhieri, 2014.
- Sono stati consultati vari siti internet riguardanti l’Heidegger nazista.
- G. Vattimo, “Attaccato da tutti, ha ispirato la filosofia europea”, in Lettera43, 9 maggio 2012.
- R. Terzi, “Essere e Tempo”, Quaderni Filosofi & Classici, SWIF.
- G. Vattimo, “Introduzione a Heidegger”, Gius. Laterza & Figli 1971; cfr.: G. Vattimo, “Heidegger e la filosofia della crisi”, Gruppo Editoriale l’Espresso 2011. I concetti di Martin Heidegger sono stati ripresi da: “Essere e Tempo”, Edizione Longanesi 1976: oltre alla problematica dell’esistenza presente in tutta l’opera, da citare in particolare l’esserci come comprensione, 182; comprensione e interpretazione, 188, Cura, 227 e segg. e 365 e segg.
- H.G. Gadamer, “Verità e metodo”, Bompiani 1983: linguaggio e ermeneutica, 441 e segg.; ermeneutica e comprensione, 312 e segg.
- M. Heidegger, “Il concetto di tempo”, Adelphi 1998, 48-55.
- G. Vattimo, “Introduzione a Heidegger”, cit.
- A. Peduzzi, cit., 9.
- Ivi, 16.
- Ivi, 18-20.
- Ivi, 34-38.
- Ivi, 42-46.
- Ivi, 102.
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